In tanti li chiamano specchi del cielo. In effetti ne diffondono la lucentezza tra le viscere del terreno e in esso, dopotutto, si riflettono. Ma dal cielo traggono anche la loro linfa vitale. Raggiungere un laghetto alpino, allora, non consente soltanto di ammirare un paesaggio selvaggio ed eterogeneo. Significa anche confrontarsi con sé stessi, scavare nella propria intimità e provare a scorgere le proprie emozioni tra le rughe dell’acqua pettinata dal vento. Ogni lago un’esperienza sempre diversa e sempre arricchente. Perché ogni lago si distingue per storia, identità e personalità.
Esuberanti o timidi, profondi o superficiali, naturali o artificiali. Le vallate delle Alpi di Cuneo sono impregnate di laghi alpini più o meno conosciuti che meritano di essere visitati per i caleidoscopici scorci che sanno regalare. Come il Lago del Lao in alta Valle Tanaro, imprevisto e inatteso sul versante meridionale del Pizzo d’Ormea. O ancora come nelle vallate monregalesi, dove il reticolo idrografico superficiale si cela tra le increspature del carsismo e gli specchi d’acqua affascinano per la loro imprevedibilità (Laghi della Brignola) o temporaneità (Lago Biecai, visibile solo in primavera).
I giochi d’acqua, invece, della Valle Pesio (con lo straordinario Pis, le Cascate del Saut e i Laghetti del Marguareis) predispongono la mente al respiro delle Alpi Marittime, dove la densità dei laghi è viceversa tra le più alte dell’intero arco alpino occidentale. Dai Laghi del Frisson in Valle Vermenagna ai tesori idrici della Valle Gesso (tra cui i Laghi di Fremamorta, il nascosto Lago di Valcuca, il bacino artificiale del Chiotas, l’affascinante Lago del Vej del Bouc passando per il Lago delle Portette e i Laghi di Valscura solo per citarne alcuni) e della Valle Stura, con i Laghi Aver, Malinvern, della Paur, di Sant’Anna, di San Bernolfo e di Roburent, con questi ultimi tra i più fotografati e apprezzati dagli escursionisti italiani e stranieri. Quando si parla di specchi d’acqua, però, anche le Alpi Cozie non vogliono essere da meno, regalando angoli reconditi di assoluta bellezza. Dal nascosto Lago Tempesta in Valle Grana, quindi, agli straordinari Laghi Visaisa, Apsoi, Nero, Resile e Niera in Valle Maira, senza dimenticare l’incantevole tuffo nel vuoto delle Cascate di Stroppia. In Valle Varaita, ancora, alla scoperta dei Laghi Bleu, Nero, Bes e Longet o arrampicandosi ad oltre 3.000 metri di altitudine per raggiungere il meraviglioso Lago Mongioia. In Valle Po, infine, il Monviso protegge i riflessi dei Laghi Fiorenza, Chiaretto, Lausetto e Superiore o del Lago Grande di Viso in prossimità del Quintino Sella. Emozioni d’acqua che entrano nel profondo, insomma, per esperienze indimenticabili adatte a tutta la famiglia.
In montagna, in particolare nelle Alpi di Cuneo, ogni passo è una scoperta, ogni sguardo un’emozione.
L’ambiente boschivo affascina da sempre per quel suo fresco respiro che addolcisce le giornate più assolate, per quei disegni di luci e di ombre che conquistano e disorientano, per quei profumi e quei colori che si fermano nella memoria visiva e olfattiva. Ma muoversi tra piante secolari che odorano di storia e di leggenda, significa anche immergersi in un mondo segreto fatto di simbiosi e di delicati equilibri tra piante e animali, dove si impara a conoscere un ecosistema complesso che amalgama cadute e rinascite. Tutto si muove pur rimanendo fermo, tutto si modella pur apparendo similare. Le Alpi di Cuneo sono ricche di boschi che si aggrappano ai versanti fino a graffiare il cielo. Oasi verdi più o meno estese che si aprono tra strade, sentieri e mulattiere alle quote più differenti. Come in Valle Tanaro, ad esempio, con i faggi del Bosco di Bagnasco (inserito tra i Siti di Importanza Comunitaria) o gli straordinari larici del Bosco delle Navette. Un migliaio di ettari per il lariceto più meridionale dell’arco alpino, il cui toponimo parrebbe rifarsi all’utilizzo che nei cantieri navali della vicina costa ligure un tempo si faceva proprio del legno di larice. Nelle Vallate Monregalesi, poi, sotto la guida della Comunità Slow Food dei Custodi dei Castagneti della Valle Mongia (con la castanicoltura che abbraccia in realtà quasi tutte le basse vallate della provincia), nelle Faggete di Pamparato (ennesimo Sito di Importanza Comunitaria) o in Valle Pesio, cuore dell’ex Parco Naturale del Marguareis, dove gli abeti rossi e bianchi incontrano i faggi e si snodano lungo i sentieri che risalgono verso le Cascate del Saut o il Pis del Pesio. Sui monti di Vernante, ancora, per immergersi con l’apposito sentiero naturalistico promosso dalle Aree Protette delle Alpi Marittime, nel Bosco Bandito di Palanfré, dove imponenti faggi secolari vegliano indisturbati sull’incolumità del piccolo abitato proteggendolo dalle valanghe (il toponimo “bandito”, appunto, in virtù del divieto di disboscamento per motivi di pubblica sicurezza attuato fin dal 1741). Castagni, faggi, frassini, aceri, pini o abeti. Una tavolozza cromatica che dipinge ogni vallata, disegnando angoli di pregio che stuzzicano la fantasia di grandi e piccoli. Lo scenario emotivo più scenografico? Forse in Valle Varaita, nel Parco Naturale del Monviso, tra i sentieri del Bosco dell’Alevé, Sito di Importanza Comunitaria citato addirittura da Virgilio nell’Eneide, dallo storico Strabone e da Plinio il Vecchio nella sua celebre Naturalis Historia. Più di ottocento ettari per la più vasta estensione di pino cembro d’Italia. Un gioiello di biodiversità che illumina lo sguardo e ritempra corpo e anima.