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Il pane perduto

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di Edith Bruck

Edith Bruck si mette a nudo ne “Il pane perduto” edito dalla “Nave di Teseo”, guadagnandosi una candidatura al premi Strega. Opera reale e struggente che vuole realizzare il più grande desiderio della scrittrice: tramandare ai posteri una fetta della storia oscura del’900, quell’evento terribile che non dovrebbe mai essere dimenticato: l’Olocausto. Edith, bambina ungherese, proviene da una numerosa famiglia ebrea. La sua vita viene prima sconvolta dalle prese in giro, poi dalla segregazione nel ghetti e, infine, dalla deportazione nei lager: Auschwitz, Dachau e Bergen-Belsen. Separata dalla sua famiglia, martoriata dai lavori forzati e terrorizzata dagli esperimenti i Mengele, riesce miracolamente a sopravvivere insieme alla sorella. Le due, trovatesi sole in mezzo alle macerie delle case e dell’anima, entrano in contatto con i parenti dai quali non ricevono il calore e la comprensione che si aspettavano. Edith tenta di andare in Israele e tra il tentativo di un nuova vita, le fughe, una compagnia di ballo itinerante arriva in Italia dove intraprende la carriera da estetista per le donne della “Roma bene” degli anni ’50. Infine l’incontro con Nelo Risi, poeta e regista con il quale starà per più di sessant’anni. Oggi Edith si è resa conto di trovarsi nuovamente in un società malata, piena di odio, discriminatoria e xenofoba e ha ritenuto opportuno lasciare una testimonianza che si conclude con un lettera a Dio, perché, a quanto pare, di testimonianze non ce ne sono mai abbastanza.