«Questi monumenti silenziosi continuano a offrire grandi opportunità»

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«Il castagno è una pianta miracolosa, che dà delle emo­zioni». Così Bruno Musizzano (al centro, nella foto a lato), uno dei “Cu­stodi dei castagneti”, elettricista di mestiere, ca­sta­ni­coltore per hobby. Parla con adorazione dei suoi bo­schi di Tor­re Mondovì, del valore aggiunto che una coltura an­tica come quella del castagno regala. «Non dobbiamo di­menticare la storia, la ci­viltà che ci ha preceduto, le di­namiche che portarono le popolazioni a sopravvivere in questi territori nei secoli scorsi. La storia della castanicoltura va di pari passo con quella della nostra gente: non c’è territorio dove non ci fossero castagni. Quello che facciamo noi “custodi” è riscoprire un ambiente e un modo di vivere, curandoci della biodiversità; ma non in modo passivo, noi stessi facciamo parte di questa biodiversità e dell’ambiente intero. Guardando al­l’esperienza dei nostri avi». Del passato qualcosa è andato perso? «Pur­trop­po sì. Se torniamo indietro a inizio secolo scorso, c’era una legislazione precisa, sui tagli, sugli innesti. I Comizi Agrari facevano in­for­mazione sul territorio, per non disperdere il sapere. Oggi l’unico sopravvissuto su 352 italiani è quello di Mondovì». Guardare al passato per progettare il domani: è possibile? «Alcuni ci definiscono no­stalgici, ma non è così: il nostro è un contributo a un possibile futuro sostenibile». In tutto ciò sta credendo an­che Simone Rossi (il primo da sinistra, nell’immagine a lato), classe ’85, ac­com­pagnatore na­turalistico, castanicolture, un altro dei “cu­­stodi”: ha la­sciato la città per tornare a vivere a Viola, paese di cui è originario: «È molto importante arginare l’inselvatichimento dei boschi. Il recupero dei castagneti rappresenta una fu­sione tra uomo e natura che è produttiva da secoli: ha sfamato prima, oggi può dare lavoro e creare reddito». Concludiamo la nostra esperienza tra i castagni conoscendo anche Ettore Bozzolo (foto so­pra), pa­pà di Marco, al lavoro per il re­cupero di un castagneto con Isidor (foto nell’altra pagina), arrivato dal Ca­merun come rifugiato, oggi dopo un percorso di formazione tra i più abili potatori del territorio. Attorno ad antiche e si­­lenziose piante di castagno che osserviamo da bas­so come fossero veri monumenti alla tradizione che fu, troviamo attenzione all’ambiente, in­clusione, nuo­ve opportunità per i giovani: se non è modernità questa…