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«Dopo questi mesi abbiamo bisogno di belle partite»

Il Direttore del Corriere dello Sport: «È da tanto che non possiamo apprezzare del buon calcio, vediamo cosa succede a Euro2020. Gli azzurri non hanno più uno come Baggio, l’unico talento è Donnarumma. “Ballando con le stelle”? Ero scettico, è stata la mia salvezza»

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Tornano gli azzurri, tornano gli Europei con un anno di ritardo. La passione per il calcio era stata messa in lockdown, chissà come sarà riappropriarsene assieme a tutti gli altri riti della vita “normale”. In vista dell’esordio della Nazionale contro la Turchia, abbiamo contattato Ivan Zazzaroni.

Una premessa, Direttore: lei ha viaggiato molto, ma è mai stato nelle Langhe?
«Ci sono stato ma devo am­mettere di non averne una conoscenza sufficiente per poter dare un giudizio. Ogni volta ci sono rimasto non più di un giorno e, a parte le evidenti eccellenze del cibo e del vino, avrei poco da dire».

Allora veniamo al calcio, al­l’Europeo che per gli azzurri sta per cominciare: anche lei è ottimista per la squadra del ct Mancini?
«No, non sono affatto ottimista. Diciamo che mi limito a essere realista e al tempo stesso sono molto curioso di vedere che cosa sarà in grado di fare questa Nazionale. Il problema è che mancano i giocatori in grado di risolvere le situazioni di gioco, manca il grande talento. Una volta avevamo i Baggio, i Totti e i Del Piero. Adesso l’unico giocatore su quel livello è il portiere, Donnarumma».

C’è chi confida molto nella definitiva affermazione di Barella, centrocampista del­l’Inter. Che ne pensa?
«Lui ha fatto molto bene in campionato quest’anno, ma non altrettanto in campo internazionale quando si è dovuto confrontare contro avversarie più attrezzate. Vedremo se nell’Europeo, con questa Na­zionale, sarà in grado di dare qualcosa in più».

La stella che vorrebbe veder brillare?
«Spero che possa essere Raspadori. È il mio sogno, è bolognese, lo seguo con attenzione da un po’ di tempo e penso che possa portare qualcosa di nuovo nel gruppo degli azzurri».

Mancini ha fatto il massimo con questi giocatori, è d’accordo?

«Ma fa parte del suo ruolo, cambiare molto e sperimentare. Ha saputo e potuto lavorare molto. Lui è uno che sa esaltarsi in condizioni estreme, spesso anche con mosse inaspettate. Sorprende quando convoca Zaniolo infortunato, sceglie Kean poi ci ripensa e sceglie Raspadori. Fa scelte coraggiose».

Se l’Italia non può competere per il titolo, tra le altre chi vede favorita?

«A me piace l’Inghilterra per il suo stile di gioco, ma non credo che vincerà. Il titolo probabilmente se lo giocheranno la Germania o la Francia».

L’Europeo arriva in un mo­mento particolare: crede che possa portare qualche spunto di rinnovato interesse per il calcio?
«Me lo auguro, come tutti. Sono anni non vediamo più un grande spettacolo calcistico. C’è bisogno di vedere qualche bella partita. L’attesa c’è, finalmente si riapre, torniamo a vivere. Sarebbe fantastico se il calcio tornasse ad avere il suo ruolo e portasse qualche buona notizia».

Ricordo un suo servizio di tanti anni fa da Manchester: era un reportage dall’allenamento dello United e lei lo fece in tuta assieme ai “Red Devils”. Un mondo che non esiste più?
«Era il 1984, fu il servizio più divertente della mia carriera. Avevo realizzato il sogno di chiunque ami il calcio e abbia il desiderio di viverlo da dentro. E no, oggi non sarebbe più possibile».

Tutto un altro mondo e un altro calcio?

«Si viaggia molto meno e il lockdown in questo senso ha dato una botta non da poco. Un po’ tutti ci siamo abituati a lavorare in remoto e gli inviati non sono più previsti, si devono tagliare le spese. Un servizio come quello che feci a Manchester una volta era, non dico all’ordine del giorno, ma frequente. Al Guerin Sportivo quei viaggi erano una mia prerogativa, andavo spesso in avanscoperta a conoscere le avversarie delle italiane prima dei turni di coppa. Poi quel giornalismo è stato superato a destra… e a sinistra dalle televisioni».

Come si fa a ridare lustro al giornalismo sportivo?

«Se lo sapessi, sarei l’uomo più felice del mondo. Ma non ho soluzioni. Sono pronto a co­piarle, appena qualcuno le troverà… Siamo tutti preoccupati per il futuro di questa generazione, ma dalle tecnologie non possiamo certo prescindere. Vincono loro. Non c’è partita, come se il Real Madrid giocasse contro il San Lazzaro di Sa­vena. Prima o poi l’idea vincente arriverà. Ma dovrà essere qualcosa di straordinario, tipo la soluzione per la ricrescita dei capelli».

Il suo Corriere dello Sport su cosa punta per differenziarsi dalla concorrenza?
«La formula è sempre la stessa: opinioni e notizie in un mix bilanciato, un’informazione onesta e libera. Ma è difficile controbattere all’immediatezza del web».

Crede che il progetto della SuperLega sia davvero naufragato o tornerà d’attualità, anche alla luce degli ultimi sviluppi legali?
«Quella competizione non è morta, si arriverà inevitabilmente a riesumarla, perché il calcio ad alto livello non riesce più ad andare avanti così come è adesso. Non ci sono alternative: o si va verso una riduzione dei costi, ma la vedo una soluzione improbabile, oppure si accetta l’idea di un torneo d’élite per 16-18 club europei, quelli che contano».

Ci si arriverà con il dialogo?

«L’unica via percorribile è proprio quella, anche se non mi sembra che l’Uefa lo abbia ben compreso. Fin qui ha reagito muscolarmente, negando con cocciutaggine ogni contraddittorio, e non è la soluzione giusta per chi ricopre ruoli di direzione così importanti e delicati».

Calcio a parte, “Ballando con le stelle” fa parte ancora della sua vita?

«Certamente, anzi sono già pronto per partecipare alla nuova edizione. Non mollo. Resta per me un’esperienza straordinaria, che mi ha aperto le porte di un mondo che non conoscevo, molto diverso da quello a cui ero abituato. È diventato per me un divertimento aggiunto, qualcosa di irrinunciabile. E pensare che all’inizio ero scettico, ma in poco tempo si è rivelata una bellissima scoperta. Mai fermarsi alle apparenze».