Per ottenere i “ 5 grammi di felicità” corrispondenti al peso di ognuno dei suoi Tourinot, Guido Gobino ha bisogno di oltre un chilo e mezzo, più 21 grammi. Parliamo di materiale umano, non di materie prime. Perché, prima di cacao di qualità e nocciole Piemonte Igp, per arrivare a realizzare uno dei gianduiotti più noti e apprezzati al mondo è indispensabile cuore (1,3 chili, su per giù), cervello (siamo sui 3 etti) e anima (che pare avere una consistenza materiale pari a 21 grammi). Averli a disposizione è il primo passo; poi, però, è necessario saperli aggregare nelle giuste proporzioni. Cosa che il padre dei Tourinot dimostra di saper fare da quando ha preso le redini dell’azienda del padre, innovandola e andando alla conquista dei mercati di alta gamma nazionale e internazionale.
Tutto ciò fa di Guido Gobino un perfetto candidato per la sezione local/global del Premio Ancalau. Infatti Silvio Saffirio e Ettore Secco hanno deciso di premiarlo nell’edizione 2021, in programma a Bosia domenica 20 giugno.
Guido, quest’anno tornerà a Bosia da protagonista…
«E lo faccio volentieri, perché il Premio Ancalau è un’idea fantastica, che mette insieme le nostre radici, la cultura del territorio e la passione di chi lo organizza, unita a una visione del futuro. Sono valori in cui mi riconosco anche io, che conosco bene queste terra, avendo avuto un nonno e un padre langhetti veraci e frequentandola assiduamente».
Lei è l’emblema del local/global, anche perché la nocciola di queste zone e le fave di cacao provenienti dall’altra parte del mondo sono alla base di buona parte dei suoi prodotti di pasticceria…
«Sono global in quanto sento di far parte di una sterminata comunità con la quale mi confronto ogni giorno, mentre l’aspetto “local” emerge dalla consapevolezza dell’altissima qualità di quanto viene prodotto in Italia, in particolare in Piemonte e ancor di più in Langa. Nel mondo ho scoperto mille tipi di ingredienti diversi e fantastici che mi hanno permesso di far evolvere sempre più il mio mestiere. Bisogna avere curiosità; quando ce l’hai, vai in giro per il mondo e trovi spunti per essere sorprendente ed eccellente in quel che fai».
In “5 grammi di felicità” (il libro scritto da Giuseppe Culicchia in occasione dei 25 anni del suo Tourinot, ndr), oltre alla curiosità, emerge una certa qual intransigenza…
«Penso sia fondamentale nel mio lavoro. I più antichi produttori di cioccolato in Italia sono stati i valdesi, in America i quaccheri e non penso sia un caso. Bisogna rendersi conto che il rigore serve e porta anche a non sentirsi mai arrivato».
Per questo i tipi di Tourinot sono aumentati negli anni?
«E a settembre ne uscirà uno nuovo, un po’ figlio del periodo particolare che abbiamo vissuto nei mesi passati. Ad aprile dell’anno scorso, con i miei collaboratori abbiamo iniziato a studiare un gianduiotto in cui, cacao a parte, tutte le materie prime sono siciliane. Trasformiamo il Tourinot, che è l’emblema della nocciola, in qualcosa in cui la nocciola non c’è».
Trasformazione è una parola che si presta bene anche al suo percorso, niente affatto lineare. Le è stato utile?
«Da tutto ciò che fai nella vita impari qualcosa. Per cinque anni sono stato impiegato come ragioniere in Italgas, benché intuissi non fosse la vita adatta a me. Però le competenze che ho acquisito in quella fase della mia vita mi servono ora. Capire la contabilità aziendale, per esempio, mi permette di osservare un paio di numeri all’interno di un bilancio e capire l’aria che tira. Se uno è curioso e accoglie i cambiamenti che la vita gli propone, di sicuro ne trarrà giovamento».
Accogliere i cambiamenti significa anche accettare, un giorno, di farsi da parte?
«Mi rendo conto che la mia azienda al momento va bene ed è in salute. Io l’ho impostata pensando a quello che era il mio tempo, in cui il mercato premiava la qualità e lo sviluppo di nuove ricette; magari a breve chiederà altro e mio figlio Pietro sarà più preparato a intercettarlo. Per continuare a crescere le aziende hanno bisogno di una spinta d’energia nuova che può venire solo da un giovane che abbia passione, curiosità e voglia di crescere. Se mio figlio prendesse quello che ho fatto io e andasse avanti per la sua strada innovando, come ho fatto io con mio padre, vivrei questo ennesimo cambiamento dell’azienda come una vittoria di cui andare fiero».