Radio, telegiornali, giornali, siti Internet… Tutti i mezzi di comunicazione e informazione parlano dello stesso attualissimo argomento: il “Green Pass”. Ma cos’è, in realtà, questo “permesso verde” che tutti citano, ma che nessuno ha ancora visto? E quali sono le sue funzionalità?
Innanzitutto bisogna distinguere la “Carta Verde Covid” dal “Digital Green Certificate” (Dgc). La prima è un documento fornito dalle singole regioni, valido solo in Italia, che può essere sia cartaceo che digitale. Viene considerato “Carta Verde Covid” qualsiasi certificato rilasciato da un ente sanitario (pubblico o privato) che dichiari che la persona ha fatto il vaccino, il tampone (e ha ottenuto un esito negativo) oppure che è guarita dal Covid. Il problema di questo “lasciapassare” sta nel fatto che è facilmente falsificabile: per ovviare a questo problema, entro il primo di luglio, verrà introdotto il “Green Pass” europeo o Dgc (“Digital Green Certificate”).
Il Dgc, che può essere sia cartaceo (per chi non ha uno smartphone) che digitale, è stato approvato dall’Unione Europea ed è valido in tutti i suoi 27 Paesi. Questo grazie ad un codice Qr univoco che racchiude i dati sanitari personali inerenti al Covid-19. Il certificato è stato studiato in modo da non violare la privacy dei cittadini: infatti, in caso di viaggio all’estero (sempre in territorio europeo), gli incaricati dei controlli potranno visualizzare solo i dati relativi alla condizione vaccinale della persona in questione, nome e cognome e la data di nascita. Gli altri dati vengono attentamente custoditi sulle piattaforme sanitarie del paese di origine.
Il “Digital Green Certificate”, come la “Carta Verde Covid”, viene rilasciato solo in tre casi: dopo aver ricevuto il vaccino, dopo essere guariti dal Covid o dopo aver fatto il tampone con esito negativo.
Nei prossimi giorni, in Italia, saranno disponibili due app per il caricamento del pass: Io e Immuni. Alla prima si potrà accedere tramite Spid, l’identità digitale che avevamo presentato nei mesi scorsi attraverso questa rubrica, oppure con la carta di identità elettronica; per la seconda occorrerà una password generata con il sistema Otp (“one time password”), ovvero una password usa e getta creata dal sistema che cambierà a ogni singolo utilizzo.
In mezzo a questo trambusto burocratico sorgono molte domande; la più gettonata è: limitare in questo modo la libertà personale è corretto o è anticostituzionale? Il caso Ryanair ha fatto discutere proprio per questo motivo. Il colosso dei viaggi lowcost ha spiegato che, per non violare la libertà personale dei propri passeggeri, non richiederà alcun certificato: sarà sufficiente indossare la mascherina durante il volo. In fase di sbarco, però, servirà mostrare il pass, se il Paese lo richiede. Chissà che altre aziende non seguano ora l’esempio di Ryanair per evitare di subire danni economici ancora più grandi di quelli già patiti a causa della pandemia.
Pubblichiamo di seguito una nota fornitaci dall’ufficio stampa di Ryanair in seguito alla pubblicazione del nostro articolo:
“Ryanair rispetta tutte le normative UE e governative e supporta il Certificato COVID digitale dell’UE, che sarà assolutamente essenziale per la ripresa anticipata dei viaggi intra-UE, agevolando la libera circolazione sicura dei cittadini vaccinati quest’estate. Il Certificato COVID digitale dell’UE contribuirà alla ripresa di centinaia di migliaia di posti di lavoro in tutto il settore in Europa quest’estate. Ryanair non vede l’ora di accogliere i clienti a bordo dei suoi voli dal 1° luglio con meno restrizioni”