L’era digitale rivoluziona anche le cassette postali

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Trovato il francobollo, occorre cercare la cassetta e verificare gli orari di raccolta. La prima “buca” di cui si ha notizia risale al 1632 ed è di quelle inserite a parete, in quel caso nella facciata del Palazzo Priorale di Montesanto di Spoleto. Sono 40.000 in Italia, 4.000 in Piemonte le cassette postali disseminate nei vari comuni. Hanno una loro storia, vivono la crisi legata al calo della corrispondenza cartacea, ma sanno reinventarsi e diventare “smart”. Per ora, per quelle digitali, si parte con un centinaio sul territorio nazionale, destinate a quattro città campione: Torino ne avrà una quindicina. Queste le ultime notizie dalle “buche rosse”, a volte con due feritoie per suddividere da subito la posta destinata alla città. Dotate di schermo frontale, forniranno temperatura e informazioni ambientali quali la qualità dell’aria, ma soprattutto saranno utili alle Poste per rilevare la quantità di lettere giacenti in modo da ottimizzarne la raccolta. Una buca normale può arrivare a contenere anche mille cartoline, ma il servizio di ritiro in molti casi è piuttosto limitato nei passaggi. Passati i tempi in cui era possibile vederle circolare appese ai mezzi pubblici o trovarle a bordo strada per poter imbucare senza dover scendere dalla propria auto in stile “drive-in”, e quelli in cui assicuravano un servizio di posta pneumatica, distinguevano la corrispondenza aerea o fungevano da supporto pubblicitario, le cassette sono sempre più a rischio pensionamento. In balìa di fredde analisi di mercato che ne sorvegliano l’impiego e controllano la densità demografica della zona, sono persino diventate oggetto di apposite app da scaricare sullo smartphone per facilitarne la localizzazione. Ben altra storia rispetto alle vecchie onnipresenti “buche” in ghisa che riportavano anche dieci “levate” nell’arco della giornata.

Articolo a cura di Ada Corneri