Home Articoli Rivista Idea «Racconto il dolore che ci fa amare chi ha successo»

«Racconto il dolore che ci fa amare chi ha successo»

Candida Morvillo: «Le sofferenze rendono i vip uguali a noi» «Marco Giallini mi ha raccontato con disincanto la perdita di sua moglie. Se n’è andata a 40 anni mentre si stavano preparando per andare in vacanza. Quante persone puoi amare in una vita? “Solo una”, mi ha detto. E quel terribile segreto rivelato da Heather Parisi deve far riflettere»

0
503

Non è una dote da poco quella di saper scrivere ri­tratti approfonditi di grandi personaggi che vanno oltre l’immagine collettiva e offrono su di sé uno sguardo inedito e soprattutto autentico.

Candida Morvillo, qual è il segreto delle sue interviste?
«Generalmente quello che riscontro è che quando un personaggio si sente toccato nelle sue emozioni più vere, tende ad aprirsi, senza più filtri. A fare la differenza sono sempre le vicissitudini che ognuno di noi sperimenta nel corso di una vita. In queste cose ci riconosciamo tutti. Quando il racconto di certe questioni arriva da un personaggio famoso, lo sentiamo immediatamente vicino a noi».

Ma quando scatta questo meccanismo?
«Capita che dicano: anch’io ho sofferto. Mi viene in men­te Giovanni Minoli. Mi ha raccontato che da bambino, essendo l’ultimo di molti fratelli, si sentiva dolorosamente ignorato da sua madre che era totalmente presa dall’amore per il marito. Sui social, ma anche dai messaggi che mi arrivano, verifico sempre come queste storie siano in assoluto le più efficaci».

Quindi le sofferenze personali. E poi?
«Un altro aspetto è la speranza che resiste, un sentimento che può sfociare nell’amore eterno. Ho recentemente in­tervistato Nando Dalla Chie­sa, quando aveva da poco perso sua moglie Emilia dopo una gravissima malattia. Mi ha raccontato di essere stato sempre accanto a lei. Sua moglie era incinta quando il generale Dalla Chiesa, il pa­dre di Nando, fu ucciso. Lei lavò l’anello sfilato dalla ma­no del generale prima di darlo a Nando perché non sentisse sciogliere il sangue del papà. Ed era incinta quando la mamma di lui ebbe un infarto, nel periodo buio del terrorismo. Dettagli di amore vero, raccontati con una grande pacatezza. Parlo di personaggi che sono stati protagonisti della storia con la “s” maiuscola e che però hanno vissuto una vita comune a tanti altri. Caratterizzata da 50 anni di amore».

Ricorda un po’ l’intervista che lei ha fatto all’attore Marco Giallini.
«Sì, anche lui ha saputo raccontarmi con disincanto la perdita di sua moglie. Se n’è andata a 40 anni, mentre si stavano preparando insieme per andare in vacanza. Un infarto. Mi ha detto che non potrà più innamorarsi. Quan­te persone puoi amare in una vita? “Solo una”, mi ha detto. Anche in questi pensieri tanti lettori si sono immedesimati».

Che cosa cercano i lettori, secondo lei?

«La verità, qualcosa che di solito non resta in superficie. Viviamo in un contesto di comunicazione veloce, quando le parole rallentano ci si avvicina di più alla vera essenza di tutto».

Spesso però i personaggi pubblici hanno diffidenza verso chi cerca di conoscerli più approfonditamente…
«Dipende dai modi. I personaggi hanno bisogno di capire che non saranno fraintesi».

Ci faccia un altro esempio.
«Heather Parisi è stata una protagonista degli anni ’80, un personaggio che per noi incarna ancora quell’euforia. Ce la ricordiamo tutti sempre sorridente, cantava “Cicale” che io stessa ballavo davanti alla tv… Ebbe un successo straordinario, era su tutte le copertine, le sue apparizioni in prima serata erano seguite da 25 milioni di telespettatori. Paz­ze­sco. Oggi non sa­rebbe possibile. Ebbene, dietro a quell’immagine c’era un dramma. Un uomo (lei non ha mai detto chi fosse) che le fece una continua violenza psicologica. Le diceva “sei stupida, sei un’oca, non vali niente”. La picchiava. Lei divenne bu­limica, si autopuniva. Nono­stante questa mortificazione, non riusciva a lasciare quell’uomo. Ora è tornata al centro delle critiche, perché a 50 anni ha avuto due gemelli con fecondazione assistita. Ma aveva congelato gli ovuli a 20 anni, quando non avrebbe potuto dedicarsi ai figli. Ora ha trovato l’uomo giusto con cui condividere questa bellissima storia. Ed è felice. Eppure, in tanti l’hanno giudicata».

Mai giudicare senza conoscere. È così?

«Mai fermarsi a ciò che è in superficie, come le chiacchiere social: bisogna sempre cambiare prospettiva».

Il giornalismo oggi è superficiale?
«Non lo è quando fa ciò che deve fare, cioè un’opera di mediazione, trasferire i dettagli di una personalità o di una situazione senza tradirne l’essenza».

Oggi però il contesto (social) è di totale disintermediazione dei personaggi.
«Ecco perché ci vuole un giornalismo di qualità. Perché poi il personaggio può raccontare ciò che vuole, sta a noi farne un ritratto credibile».

Che cosa è successo con la pandemia?
«Ci ha presi di sorpresa e abbiamo tutti pagato un prezzo. Nessuno era pronto, i media hanno dato credito a nuove star, i virologi, che pri­ma lavoravano nel chiuso dei loro laboratori e che si sono adeguati al nuovo standard di personaggi pubblici».

Lei qualche anno fa aveva scritto un libro sul fenomeno delle “veline”. La nostra società nel frattempo è davvero cambiata?

«Le “veline” sono ora “in­fluencer”. Come facevano quelle “veline”, sanno cantare e ballare o hanno altri talenti. Tanto di cappello a chi mette insieme 20 milioni di follower come Chiara Ferragni che riesce anche a finanziare la costruzione di un nuovo reparto ospedaliero a Milano. Però i balletti di Heather non ci sono più, non fanno audience, semmai funzionano a basso costo su TikTok e non richiedono nove ore di esercitazioni ma pochi minuti. Ora c’è una nuova industria».

Chiudiamo con uno sguardo sulle Langhe: ci è mai stata?

«No, ma siccome ho in mente di vivere un’estate italiana, dopo le chiusure, ho intenzione di passare anche dalle Langhe. Da italiana del Sud, per me si tratta di una destinazione di cui ho sentito tanto parlare ma che ancora non conosco. Una deviazione al mio itinerario sarà d’obbligo».