«38 anni in un bosco alla ricerca della libertà»

Con “Grazie al cielo” riparte la rassegna cinematrografica itinerante di Remo Schellino

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Sarà il caso che prima o poi qualcuno faccia un documentario su di lui, perché la sua è una razza in via d’estinzione e che, comunque, ha sempre contato su pochi esemplari. Remo Schel­lino, belvederese trapiantato a Naviante di Fa­rigliano, è un regista e proiezionista che da anni porta il documentario d’autore nei piccoli paesini delle Langhe, del Roero, del­l’Astigiano e delle valli cuneesi. Ispirato dalla tradizione del cinema ambulante, utilizza una vecchia auto storica, una Renault 4, utile a trasportare tutta l’attrezzatura cinematografica per realizzare proiezioni all’aperto in luoghi periferici, nei paesini dove il cinema non è mai arrivato, trattando temi legati al sociale, ad avvenimenti storici provando a far co­noscere il passato e comprendere il presente.

Il nome della sua rassegna cinematografica itinerante è “Terra cielo ed altre storie”, un progetto “in fieri” che si protrarrà per tutta l’estate e aggiungerà date in corso d’o­pera, in base alle richieste dei committenti, pubblici o privati che siano, i quali possono scegliere la pellicola da proiettare da un nutrito catalogo.

L’ultimo lavoro di Remo Schellino in ordine di tempo è “Grazie al cielo” , per il quale sono previste alcune proiezioni nei prossimi giorni. Giovedì 8 luglio alle 21 lo si potrà vedere a Belvedere Lan­ghe, venerdì 9, alle 21, a Mar­garita presso il ca­sello ferroviario e sabato 17 luglio, alle 21,  a Roddino.

Il documentario racconta di Franco Dalmasso detto “Po­litica” e della sua scelta di vivere dal 1978 al 2019 nei boschi di Cerati a Boves, dove si è sistemato utilizzando solo l’esterno, il cortile, il portico e il balcone di un rudere preesistente, senza corrente elettrica, ma con due piccoli pannelli solari per alimentare un telefono cellulare. Pa­cifista, uomo di montagna, militante politico negli anni ’70 e ’80, Dalmasso viveva in primo luogo di quanto prodotto dal suo orto ben coltivato. Leggeva e si informava dei fatti del mondo tramite una radio alimentata a batterie sempre sintonizzata su Radio Popolare di Milano. Le poche volte che scendeva a Boves si recava in biblioteca per il prestito di libri.
Il diretto interessato spiega nel documentario: «Non sono un guru, per nulla, non mi atteggio a maestro e come diceva Socrate: “so di non sapere”, ho ancora molte cose da imparare».

Su di lui il regista aggiunge: «Ho conosciuto Franco nel giugno 2012 e da allora siamo diventati grandi amici e i nostri incontri sono diventate lunghe chiacchierate che ho registrato e filmato sino al 2019 quando si è trasferito in un’abitazione di amici in una frazione di Boves. Si parlava di politica, del senso della vita, della morte e di come lottare per un mondo a dimensione di uomo».
La prima proiezione al pubblico di “Grazie al cielo” è avvenuta giovedì 24 giugno presso il Cinema Multilanghe di Dogliani e non ha lasciato indifferenti: «Ho notato che il film genera una vera e propria spaccatura in chi lo vede», commenta a riguardo Schellino. «Non è facile interpretare un personaggio complesso come Franco Dal­mas­so; bisogna saperlo leggere. Se si partecipa alla proiezione per la curiosità morbosa di vedere uno che ha vissuto per 38 anni in un bosco e scoprire cosa man­giava o non mangiava o come dormiva, non si riuscirà a cogliere il senso di questo lavoro. Fran­co Dalmasso non è un eremita, ma un asceta. Non è uno che ha voluto stare fuori dal mondo; ci è rimasto cercando il proprio modo per essere più libero e di conseguenza più sereno».