Il “modello Cuneo”, in genere, viene declinato usando termini come comunità, voglia di fare, dedizione al lavoro, attitudine all’imprenditorialità, capacità di creare reti.
Adesso è il momento di prenderne coscienza e di farlo conoscere, perché, come ha scritto lo storico Valerio Castronovo a Sergio Soave, «se non racconti chi sei, è come se non ci fossi». Inaugurando il nuovo corso che sovverte la proverbiale ritrosia cuneese, l’editore Nino Aragno ha pubblicato quattro volumi, sostenuti dalle Fondazioni Crc e Crt, che sono stati presentati per la prima volta venerdì 2 luglio, al Pala Alba Capitale, “casa” di Alba Capitale della Cultura d’Impresa. «Nessuno mette in dubbio che il “modello Cuneo” esista, perché è un paradigma imprenditoriale ma anche antropologico: noi siamo così», ha spiegato Aragno, «Bruno Ceretto è il “modello Cuneo”; qui c’è gente incredibile. Possiamo discutere, ma è evidente nei fatti e nei dati, e se non lo vogliamo riconoscere è un fatto ideologico».
Denominatore comune, sostiene Aragno, è il saper mettere i doveri prima dei diritti, in un tempo in cui i secondi la fanno da padrone a discapito dei primi. Valorizzare e diffondere questa eccellenza come mai è stato fatto prima d’ora, sottolinea, è «un atto politico».
Il risultato: «L’opera è organizzata così: all’inizio c’è una sintesi di valori, poi ci sono le biografie di alcuni imprenditori, quindi due volumi tecnici. Non è un “come eravamo”, ma un “come siamo”».
La parte dei valori è affidata ad Adriana Castagnoli, storica e saggista autrice de “Il Sistema imprenditoriale cuneese”, con prefazione del presidente della Fondazione Crt Giovanni Quaglia. Dalla sua ricerca, focalizzata sull’ultimo decennio, emerge che il primo segreto del “fenomeno Cuneo” è nella forza delle medie imprese a conduzione familiare che si affiancano alle multinazionali. «Durante la pandemia, ad esempio, l’azienda Merlo ha stretto un accordo con Intesa Sanpaolo per sostenere finanziariamente i suoi fornitori», ha affermato Castagnoli, «Questo significa pensare al territorio non in un’ottica di sfruttamento, ma di conservazione e valorizzazione. Si percepisce il valore familiare al di là dell’impresa, che è gestita proprio come una famiglia: non si tratta di paternalismo, ma di un segnale di attenzione al tessuto sociale».
Gli altri due cardini del “fenomeno Cuneo” sono, secondo Castagnoli, la varietà di settori in cui le imprese sono attive, aspetto che ha consentito di reggere molto meglio rispetto ad altre zone anche all’impatto dell’emergenza Covid, e il traino dell’export.
Il volume “Storie di Imprenditori cuneesi” è a cura di Sergio Soave: da Teo Musso del Baladin al patron di Telecupole PierMaria Toselli, passando per Agrimontana, Balocco, Sant’Anna e Satispay: «Abbiamo raccolto 21 testimonianze degli imprenditori che hanno fatto passare la Granda da provincia della “malora” a quello che Castronovo definisce una sorta di Eldorado», è il commento del docente e saggista, «Avventure incredibili, tenuto conto che quasi tutte partono da zero: da Amilcare Merlo che limava le chiavi a mano, alla famiglia Monge che vendeva i polli fuori zona, allo stesso Ceretto. La scelta è stata difficile: avremmo potuto presentarne 121».
Infine, ben due libri trattano, e come potrebbe essere altrimenti, dell’industria dei prodotti della tavola: “Il ruolo determinante del settore agroalimentare nel processo di sviluppo del Cuneese”, a cura di Gabriele Santoro e Alberto Ferraris, e “Agrifood e innovazione: un binomio vincente”, a cura di Giuseppe Tardivo e Francesca Serravalle, da cui si scopre che in letteratura la zona è chiamata “Food Valley”, una specie di “Silicon Valley” dell’enogastronomia.
Nasce così una nuova collana che racconta uno tra i primi distretti economici europei, un ulteriore fiore all’occhiello per Nino Aragno, vero mecenate cuneese, che nel 2013 ha ricevuto la medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte dal presidente Giorgio Napolitano «per l’originale e meritoria opera editoriale volta al recupero di testi fondamentali, spesso accessibili con difficoltà, della cultura umanistica italiana ed europea, oltre che per la valorizzazione della cultura contemporanea italiana».
Articolo a cura Adriana Riccomagno