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«Il teatro mi dà un entusiasmo del tutto nuovo»

Per anni Paola Barale ha legato la propria notorietà alla tv, ma ora ha altre priorità

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È un fiume in piena che esonda gratitudine. Paola per Paola, che chiama Paolina. Paola Barale non parla di sé, ma di Paola Quattrini. E così grande parte dell’intervista concordata con lei la passiamo a chiacchierare di Paolina Quattrini. La donna, l’attrice, l’amica e sodale che le ha aperto le porte del teatro ufficiale e l’ha accolta in compagnia. Senza la spocchia della primadonna, ma con la grazia di un’anima bella.
È lei che ha chiesto a Luca De Bei, autore e regista di “Slot”, lo spettacolo che debutterà mercoledì 14 luglio a Borgio Verezzi (replica il 15) di aggiungere un personaggio per Paola e quindi di rivedere nella sostanza un copione quasi compiuto.

Un vero e proprio atto di stima…
«Una grandissima scuola. Ringrazio l’universo tutte le mattine per i suggerimenti che ricevo: come muovermi, come modulare la voce. Ma tutto con la massima discrezione. Non ti fa mai percepire che lei è una grande. Non ti fa mai pesare la sua cultura, il suo background. Ed è molto rispettosa anche del regista. Una scuola anche in questo senso».

Vi assomigliate persino fisicamente.

«A parte le affinità di colori, il nostro è stato un incontro ma­gico fin dall’inizio. Abbiamo una vena di follia che ci accomuna e quando siamo insieme la differenza di età si annulla. Le ho persino fatto fare l’autostop».

Immagino che non abbiate dovuto attendere a lungo.

«No, ci hanno caricate subito. Un percorso breve, ma abbiamo proprio messo il dito a bordo strada».

Adesso ci racconti un aneddoto serio.

«Una volta durante una replica di “Bugia” mi guardava dalla quinta e quando sono uscita di scena mi disse: “Mi dai un sacco di soddisfazioni”. Ca­piva il mio impegno, la mia voglia di farcela».

“Bugia” è “Se devi dire una bugia dilla grossa”, una commedia “cult” di Ray Cooney già diretta da Pietro Garinei nell’86 con Paola Quattrini e Johnny Dorelli. Una ripresa, la vostra, interrotta dal lockdown, per ora sospesa a causa del cast troppo numeroso. Com’è andata?
«Benissimo, direi. In compagnia ero la sola a non saper recitare».

Non sia modesta…

«La verità è che mi piace lavorare con chi può insegnarmi cose che non so, mi piace apprendere».

Credo di capire che il teatro sia diventato un grande a­more.
«Una gratificazione enorme nonostante i compensi siano molto inferiori. Del teatro mi piace la disciplina e contemporaneamente lo spirito un po’ gypsy, l’atmosfera da grande famiglia. Io non ho figli e il teatro mi permette di guardare alla vita con gli occhi di un bambino».

Quando è cominciato?
«Con “Dignità autonome di prostituzione”, un format di Betta Cianchini e Luciano Melchionna. Un caro amico, il coreografo Luca Tomassini, mi presentò a Melchionna che mi affidò il ruolo della stregona, interprete del mo­no­logo che si intitolava “Prendete l’armi”. Un testo di ribellione molto forte dove dicevo cose pesantissime e spesso qualcuno se ne usciva piangendo. Era il 2008- 2010».

Quindi dall’ultimo spettacolo a “Bugia” è trascorsa una decina di anni. E nel frattempo?
«Ho fatto altro. Ho viaggiato molto, anche per lavoro».

Già, “Pechino express”.
«Un’esperienza fantastica, faticosissima ma indimenticabile».

Le è mancato viaggiare?
«Molto. Ma non la vacanza: mi è mancata la possibilità di salire in macchina e partire senza meta. Appena potrò partirò in camper per il sud del Portogallo».

Da sola o in compagnia?
«Non ho ancora il coraggio di viaggiare da sola, ma prima o poi lo troverò. Ho sempre viaggiato circondata da persone che lavorano con me: assistenti, parrucchieri».

Che rapporto ha con la solitudine?
«Adesso mi piace molto stare da sola. Avere i miei tempi e i miei spazi è diventata un’esigenza. Ma ci sono arrivata abituandomi alla mancanza, alle assenze».

È vero che è single?
«Felicemente. Sono single ma non sono sola. Non ho più voglia di impegnarmi in rapporti faticosi, sbilanciati. Sono diventata più impulsiva di un tempo e più impaziente. Se fiuto che qualcosa non va, cambio aria. Sono più diffidente, più rigida».

Le fa paura il tempo che passa?
«Non mi fa piacere, ma ci convivo cercando di cogliere il meglio che mi arriva. Il tempo che passa ti toglie tanto ma ti regala consapevolezza ed esperienza. Una mia amica ama dire “ho un’età certa e non una certa età”. Ecco, io condivido».

Mi spieghi
«La certa età è quella che tutti denigrano, l’età certa è quella della consapevolezza».

In questo senso l’ha aiutata l’amicizia con una donna più grande come Paola Quattrini?
«Paolina è la seconda donna che mi ha aperto gli occhi e mi ha dimostrato che si può diventare grandi in modo diverso da come ci vogliono far credere. La prima è stata Simona, un’amica che purtroppo non c’è più. Dai Parioli si era trasferita a Bali dove curava la produzione di abiti. Le accomuna l’entusiasmo per la vita e la voglia di rimettersi in gioco, senza subire gli anni che passano».

Cosa la infastidisce di più nel prossimo?
«La tendenza a giudicare a tutti i costi. Il non accettare che siamo tutti diversi».

È favorevole al ddl Zan?
«Penso che se abbiamo bisogno di una legge per tutelare quello che è di per sé un diritto perché ci riguarda come es­seri umani, siamo molto in­dietro. Ma siccome siamo in­dietro, ben venga il ddl Zan».

Che rapporto ha con i social?

«Dipende: viva la libertà di parola ma attenzione alla ma­nipolazione. Co­mun­que cre­do che l’esempio dovrebbe arrivare dai mezzi di comunicazione ufficiali, giornali e tv. Che invece spesso sono la fiera della falsità».

Che cosa pensa della tv dei reality?

«Il primo Grande Fratello ha segnato un cambiamento epocale e io, che stavo facendo Buona Domenica, mi divertivo a spiarlo dal buco della serratura. Ma poi il cambiamento si è riversato sulle scelte aziendali e invece di Phil Collins si finiva per ospitare il concorrente del reality. Fa­cevano più ascolti e costavano meno».

Se facevano più ascolti è perché certo pubblico ha quel che si merita. Un motivo in più per passare al teatro. Par­liamo di “Slot”.

«È una commedia in cui ci si diverte affrontando argomenti reali, forti. L’antagonismo tra due donne, il rapporto madre-figlio, la depressione, la ludopatia. Io mi sono fidata e affidata alla compagnia e al regista e vedo miglioramenti di giorno in giorno».

È sempre così loquace nelle interviste?

«Mi dicono tutti che ho un entusiasmo nuov

Il teatro la distrae?
«Mi riempie».

Articolo a cura di Alessandra Bernocco

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