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Dario Corradino: «è un’antologia di cammini»

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Dopo una lunga carriera nel giornalismo che lo ha portato a diventare caporedattore centrale della Stam­pa, una volta in pensione Dario Corradino si è dedicato alle camminate. Migliaia i chilometri macinati in mezzo mondo e, ora, anche una nuova via da Torino a Savona tracciata insieme a Gianni Amerio.

Un percorso, da fare a piedi o in bici, che conduca da Torino al ma­re. Ora che ci avete pensato sembra il classico “uovo di Co­lombo”…
«Sì, è un percorso nella testa di tutti, eppure non esisteva. La guida è concepita come un’antologia di cam­mini perché effettivamente ne intersechiamo molti già esistenti, intercettiamo diverse passeggiate ad anello che zona per zona i vari comuni già propongono. Mancava però la strutturazione in una forma organica e unitaria; di frequente in Italia le cose avvengono in sistemi chiusi, che non comunicano tra loro. Inoltre troppo spesso le cose nascono dall’alto: qualche politico o amministratore promuove un progetto e ottiene dei finanziamenti, il progetto parte e per un po’ funziona, ma quando i finanziamenti vengono meno il progetto muore, perché non poggia su basi solide. Le cose che na­scono dal basso, invece, ma­gari decollano lentamente, ma di solito sono più durature».

Quale è stata, per ora, la reazione degli enti pubblici interessati?
«Il percorso che abbiamo delineato attraversa due Regioni e cinquanta Comuni, non è facile mettere insieme tante realtà e sperare che tutte collaborino pienamente fin da subito. Si creerà un vero sistema nel momento in cui amministrazioni e strutture ricettive vedranno viaggiatori con gli zaini in spalla lungo il percorso, si attiveranno per fornire qualche servizio e si troveranno a far squadra. Ci vuole tempo, ma siamo fiduciosi. Pensiamo a quando si potrà tornare ad attraversare liberamente le frontiere: turisti del centro e nord Europa potranno arrivare comodamente in aereo all’aeroporto di Caselle, affittare una bici e raggiungere il mare, dopo giorni in cui avranno esplorato paesaggi diversissimi tra loro. Perché ciò sia possibile è necessario un sistema ricettivo più maturo e vario, paesi e strutture del territorio devono essere adatti ad accogliere diverse tiptologie di viaggiatori, dal turista che ha più pretese e maggiori disponibilità economiche, ai ragazzi che vogliono dormire in tenda.

Quale passaggio o paesaggio l’ha sorpresa di più in questi 206 chilometri?
«Dal punto di vista paesaggistico ogni tappa è diversa dall’altra. Prima di partire uno pensa che attraverserà territori relativamente omogenei, invece è come se ogni giornata avesse un suo racconto e all’interno di ognuno di questi racconti si potessero scegliere filoni diversi: quello naturalistico, quello storico-culturale, quello enogastronomico, ecc. Uno dei passaggi che più mi ha colpito è quello dalle colline basse che arrivano fino ad Alba e che un tempo ospitavano l’oceano, al mondo più selvaggio in cui si entra poco dopo. Un territorio meno abitato, più boschivo, che conduce fino alla Liguria, ma non a quella a cui siamo abituati noi piemontesi: noi pensiamo a una sottile striscia di terra a contatto con il mare, ma la Liguria è principalmente tutt’altro, è la regione italiana che in percentuale ha più superficie ricoperta da boschi, è essenzialmente mon­tagna! Di qui, arrivando in cresta, si avvista il mare. Ogni cammino deve avere una meta e noi ne abbiamo scelta una di suggestione per tutti, che è il mare; arrivarci alla fine di un cammino, dopo aver attraversato il fondo di un antico oceano, è qualcosa di molto suggestivo».

Quando avete deciso di passare dall’esperienza personale a un progetto così strutturato e impegnativo?

«Quando abbiamo terminato l’intero percorso per la prima volta. Tappa dopo tappa ci siamo detti che era una cosa talmente bella che sarebbe stato un peccato tenerla per noi. Volevamo consegnarla ad altri e al territorio, volevamo che diventasse vera. Credo ci abbia spinti innanzitutto la gioia di condividere».

Quali saranno i prossimi passi?
«Innanzitutto attendiamo il ri­scontro dei viaggiatori e le interazioni di chi può offrire servizi lungo il percorso. Vor­remmo implementare la parte dedicata alla bicicletta e sappiamo che qualche Sinda­co, pensando alla possibilità di sfruttare le bici elettriche, sta già lavorando a zone di ricarica. Al di là di singole migliorie o arricchimenti, la nostra massima ambizione è che questo progetto prenda a marciare in autonomia, mentre noi ci go­diamo la gioia di vedere i Co­muni che si danno da fare, le attività economiche che lavorano e gente che si diverte percorrendo queste strade».