«La reazione, la svolta green e le buone idee»

Questi gli indredienti per la ripartenza secondo Teo Musso, da 25 anni patron di Birra Baladin

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«Ripartenza in che senso? Qua noi non ci siamo mai fermati» Così risponde alla nostra domanda Teo Musso, anima di quello che venticinque anni fa per tutti era “il pub di Piozzo” e oggi imprenditore ipervisionario, che non ha perso l’entusiasmo di quando creò un sistema per far scorrere la birra sotto le strade del suo paese, Piozzo. «Sono inquieto, questa è la mia fortuna, sempre alla ricerca di nuove sfide. Quando è iniziata la pandemia e il nostro fatturato nel settore della ristorazione si è ridotto, ho pensato che fosse il momento per investire e dare una svolta “green” ai nostri imballaggi. Era intuibile che questa crisi avrebbe acceso la nostra coscienza ecologica e così ci siamo subito messi al lavoro in questo senso. Più che ripartire ora raccogliamo i frutti del non aver mai ceduto alla tentazione di stare fermi».

Ci racconti allora il vostro lockdown in movimento…
«La nostra filiera è completa, va dal progetto agricolo fino alla produzione e alla commercializzazione, per questo mentre i lavori legati all’agricoltura hanno proseguito la loro corsa, le vendite invece hanno subìto un brusco arresto. Baladin in venticinque anni ha creato una vera rivoluzione nel mondo della birra, da sempre siamo legati alla ristorazione, con un fatturato che interessa, oltre all’Italia, altri cinquantotto Paesi. Alla partenza del lockdown mondiale abbiamo capito che bisognava correre ai ripari in fretta».

Quali sono stati gli step del contrattacco?
«La prima reazione è stato incrementare l’e-commerce per stare vicino ai nostri consumatori, per questo è nato il “Baladin TeKu Club”, una comunità i cui membri ricevevano a casa, oltre ai nostri prodotti anche gadget, sconti e promozioni. Intuendo la portata a lungo termine della crisi, abbiamo poi indirizzato i nostri investimenti su una linea avanzata per il riempimento delle lattine e sulla creazione di una lattina in alluminio leggera dal profilo altamente “green”. Parallela­mente ci siamo assicurati, per due anni, l’esclusiva europea di un brevetto americano che trasforma le nostre lattine in bicchieri totalmente aperti, offrendo una esperienza totalmente diversa ai clienti».

Queste lattine sono state utilizzate per prodotti particolari?
«Sì, per la serie di cocktail nata proprio in quel periodo difficile. Durante la pandemia abbiamo realizzato presto che la nostra birra contenuta nei fusti e pronta per essere servita alla spina nei locali, che ha una vita di scaffale media di circa sei mesi, rischiava seriamente di essere buttata. E così abbiamo pensato alla soluzione più logica: riutilizzarla. In questo modo quella che chiamiamo affettuosamente la “birra Covid” da un problema si è trasformata in una risorsa ovvero nella base che ha portato alla nascita della nostra nuova gamma di cocktail, tutti in lattina “easy to drink” ovvero dotata dell’apertura a 360o che la trasforma in bicchiere riutilizzabile ed eco-friendly (nella foto sopra, mostrate dallo stesso Musso, ndr). Qualche esempio? Moscow Beer, Sidro Spritz, Beer Hugo, Beer Ameri­cano…».

Tecnicamente come è avvenuta questa trasformazione virtuosa?
«Insieme alla distilleria Sacchetto abbiamo creato con la birra invenduta una base alcolica per riproporre dei grandi classici della miscelazione reinterpretati. Si tratta di un prodotto che ci rende orgogliosi, frutto di esperimenti durati diversi mesi e soprattutto del desiderio di volgere in positivo una situazione drammatica come la crisi economica del settore della ristorazione che, durante il lockdown e nei mesi successivi, ci ha fatto perdere il 40% del nostro fatturato».

Il Covid ha davvero messo in ginocchio un intero settore, come avete reagito al fermo prolungato dei molti locali?
«È stata una grande sofferenza, inutile girarci intorno. Nonostante questo, reagiamo con l’apertura all’interno del­l’aeroporto di Torino di un lo­cale chiamato “Terre Bala­din”, un locale che servirà ta­glieri di prodotti eccellenti del territorio (dai formaggi di Bep­pino Occelli ai prodotti del Salumificio Chiappella, per capirci) serviti sopra la no­stra focaccia nazionale, pro­­dotta all’interno delle carceri di Cuneo. Non molliamo, con­trattacchiamo, nonostante le difficoltà, questo è il se­gnale che vorremmo lanciare».

Che cosa è rimasto di Teo che serviva le birre sotto il ten­done dell’originario Bala­din?
«Molto. Sono irrequieto nell’animo, non è che mi debba sforzare. Mi piace muovermi, provocare, creare rotture, anche nel mondo del mercato. In questo non sono mica cambiato».

Lei a questo punto deve svelarci la ricetta. Come si passa dall’idea all’impresa?
«Io ho cominciato a fare la birra con delle casseruole fino ad arrivare, oggi, a produrla con quanto di più tecnologico c’è sul mercato, senza però mai cambiare la mia filosofia. Se c’è una cosa che ho capito e che consiglierei ai giovani che sentono di avere un’idea che ritengono vincente è quella di addentrarsi nella materia che vogliono sviluppare. Mettere mano in prima persona al progetto, fisicamente intendo, non dedicarsi solo al marketing o alle pagine social. Anche quello serve, ma conoscere la materia prima da cui si parte è fondamentale. “Per fare cose che rimangono nel tempo, ci vuole tanto tempo” questa è una massima in cui credo fermamente. So che si tratta di un concetto in antitesi con la velocità attuale, ma ho buone ragioni di credere che non sarei dove sono oggi se non avessi iniziato, e a volte sbagliato, con quelle pentole in cui creavo le mie prime birre».