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Operazione vintage tocca alla Vanoni sul filo dell’ironia

Dimartino e Colapesce coinvolgono la cantante in “Toy Boy”, crossover tra musica leggera di ieri e oggi

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Ci risiamo. Dopo Fedez e Achille Lauro affiancati a Orietta Berti, arriva il turno di Colapesce e Dimartino con Ornella Vanoni.
L’operazione vintage della nuova musica italiana stavolta coinvolge una delle più grandi interpreti di sempre e il risultato è un’altra piccola spallata allo scontro tra generazioni, con i giovani artisti che rinunciano consapevolmente al presunto ruolo di ribelli e recitano la parte dei bravi nipoti, rispettosi e gentili. So­prattutto ironici, certo, e que­sto rende il quadro immediatamente meno in­comprensibile.
Il titolo dell’ultima produzione di questa nuova categoria musicale è infatti “Toy Boy”, bossanova delicata e al tempo stesso ro­mantica, eseguita dal duo rivelazione di Sanremo con quel “Musica leggerissima” che aveva immediatamente conquistato tutti. E che ancora si propone come brano dell’estate.
Il richiamo è forte, la matrice è la stessa. Non era facile dare un seguito a quel de­butto, il duo ci è riuscito confezionando un seguito non banale, ancora orec­chia­bile, tecnicamente ec­cel­lente.
La sensazione è che l’esempio di Battiato, in qualche modo, sia stato seguito. Anche “il Maestro” recuperava capolavori della tradizione leggera rimettendoli in grande spolvero.
Il nuovo lavoro di Cola­pesce e Dimartino racconta un viaggio d’amore in cui i due giovani cantautori duet­tano con la venerabile Ornella in un corteggiamento serratissimo quanto im­probabile.
L’ironia è costante e caratterizza anche uno degli ultimi passaggi: «Fa­remo il bagno tutti nudi», osano i due. E la regina risponde in rima: «…a Filicudi e Alicudi».
Si tratta comunque di un progetto meditato e per questo raffinato, firmato nel video dalla regia di Luca Guadagnino.
Il brano riecheggia una vecchia canzone della Vanoni, “La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria” pubblicato nel 1976 e nato dalla collaborazione con il poeta brasiliano Vinicius de Moraes e con il chitarrista Toquinho. Le atmosfere ritornano, si lasciano ricordare. L’effetto straniante è garantito.
Qui la stessa Ornella si mette in gioco, al centro delle immagini e della canzone, giocando abilmente sul filo della stessa ironia proposta dai due partner. Con parole fuori onda, con atteggiamenti ammiccanti. Con la sua voce inconfondibile. E il risultato è godibile, la melodia prende quasi quanto la famigerata “musica leggerissima”.
Lei canta «Il mio fuoco si è spento, non è più un argomento», mentre i “toy boy” insistono con le loro bizzarre avance. Insomma, il risultato si fa apprezzare. Un mix di voci, di generi e identità musicali. Un già sentito che cattura.
Merito della qualità della musica italiana che, nel solco del mainstream e del mercato, ha alzato il livello qualitativo delle produzioni attorno a personaggi emergenti che trovano il volano giusto accanto ai totem della canzone, quelli che catturano anche lo sguardo dei meno giovani e aprono platee sconfinate.
Insomma, tutto all’insegna della solita leggerezza, quella di cui c’è tanto bisogno in tempi di sventure.
Che male c’è? Nessuno. Questo brano forse non otterrà lo stesso successo che Orietta Berti sta registrando con il “Mille” elaborato assieme a Fedez e Lauro, ma si tratta di un’altra conferma in questo senso. Perché il pubblico ormai è sofisticato, abituato a quasi tutto, fuorché forse all’ironia. Quella funziona sempre, colpisce, non passa inosservata. E se succede, peggio per chi non la coglie. Del resto, si tratta di un’ancora di salvezza anche per gli interpreti.
Il campo di gara è diventato affollato, sono entrati in partita fenomeni come Gianni Morandi, oppure Loredana Bertè.
Ma l’età si vede e impone, di conseguenza, uno sguardo meno diretto, sopra le righe, come solo i grandi sanno fare.