Sino al 5 settembre Bossolasco, paese delle rose e perla delle Langhe, ospiterà negli spazi dell’ex Chiesa dei Battuti un’esposizione internazionale curata da Paola Travaglio e Gina Taddei per l’Associazione “Amici di Bossolasco per l’Arte” dal titolo “L’Abbraccio-L’eccezione di un gesto”. Il dialogo tra culture, ancora più urgente e necessario per esorcizzare l’isolamento imposto dalla tragedia della pandemia, trova la propria espressione nelle opere di più di quaranta artisti provenienti da diversi Paesi, simbolicamente uniti da pittura, illustrazione, scultura, fotografia, installazione e videoperformance in un unico grande abbraccio. Al folto numero di presenze italiane si aggiungono infatti artisti provenienti da Spagna, Regno Unito, Repubblica Ceca, Mozambico, Cuba e Stati Uniti. Si intende così ribadire il peso culturale e l’internazionalità di Bossolasco, che nel secolo scorso ha rappresentato un punto d’incontro per pittori, letterati e intellettuali aperti al mondo ed è ora sempre più meta di visitatori stranieri. “Ci si abbraccia per ritrovarsi interi”, scriveva Alda Merini, ed è questo l’intento, l’auspicio e la sintesi dell’esposizione. Nella storia dell’arte il tema dell’abbraccio, seppur non così consueto, è stato indagato nelle sue diverse sfaccettature: dall’abbraccio materno, tenero e intimo, a quello passionale, quasi carnale, a quello simbolico e mitologico. Oggi, però, tutto è cambiato. Nel particolare periodo storico che stiamo vivendo, un gesto così consueto e familiare è infatti divenuto l’eccezione: nella “nuova normalità” non ci è permesso, non è consentito. Dobbiamo mantenerci distanti, non avvicinarci, non toccarci, e questa distanza ormai non è più soltanto fisica. L’incontro, oggi, è virtuale e la vicinanza concessa dalle tecnologie della comunicazione non è altro che un’illusione: potenzialmente tutto è possibile, ma in realtà tutto ci è negato, tutto è lontano. Nell’epoca digitale, già molto prima della pandemia, stavamo diventando osservatori distanti e frettolosi dell’altro: ora forse faremo un passo indietro in una direzione più “umanistica” e saremo più attenti all’affettività, all’incontro, alle disposizioni dell’animo?