In questa circostanza i convenevoli («Come sta?») con cui si inizia una conversazione sono meno scontati del solito.
L’assessore regionale alla sanità, Luigi Genesio Icardi, infatti, ha alle spalle un paio di settimane più che intense, alle prese con la gestione del coronavirus e da qualche ora ha conosciuto l’esito del “test” sull’eventuale positività al covid-19. La risposta conforta: «Abbastanza bene; sono risultato negativo al “test”, quindi posso continuare a operare normalmente».
Come ha trascorso il tempo tra l’effettuazione del tampone e l’esito dell’esame?
«In questo periodo dormo poco, quindi ne ho approfittato per riposarmi, in vista degli impegni che avrei avuto dopo».
Come giudica i provvedimenti del Governo, con l’intera Italia inserita nella zona protetta?
«I provvedimenti sono importantissimi. Io ritengo andassero assunti fin dal primo giorno, perché sono tanto più efficaci quanto le misure di contenimento sono tempestive. Ma, tenendo conto della natura di noi italiani, bravissimi a dribblare ogni norma, la cosa che più conta adesso è che tutti capiscano come dai nostri comportamenti dipenda la vita di tante persone, e non mi riferisco solo agli anziani. Quando le categorie più fragili colpite da covid-19 occuperanno tutti i letti di terapia intensiva, noi continueremo a dover affrontare comunque ancora infarti, ictus, incidenti stradali, interventi chirurgici agli oncologici, per i quali occorre la rianimazione. Se non conteniamo i numeri, allora ci sarà bisogno di operare scelte e qualcuno non potrà accedere o dovrà uscire dalla terapia intensiva. Per evitare di far crescere in maniera esponenziale i casi, l’unica soluzione è rispettare rigorosamente le misure preventive: mantenere le distanze, lavarsi le mani, ma anche pulire le maniglie delle porte».
Molti giovani si sentono “esentati” dal virus, perché colpirebbe in particolar modo gli anziani, però il numero di “under 40” in terapia intensiva non è risibile…
«In questi casi subentra anche una reazione personale, che differisce da caso a caso, per alcuni il decorso è asintomatico o quasi, per altri ci sono problematiche più serie. È chiaro che la categoria degli anziani pluripatologici rappresenta quella che più avrà bisogno di terapia intensiva, ma i giovani non sono esonerati e anche loro dovranno fare i conti con il sovraffollamento dei letti».
In queste settimane abbiamo capito qualcosa in più del virus, per esempio quanto è davvero contagioso?
«La capacità di contagio è di 2,5: ovvero ogni individuo infetto in media contagia 2,5 persone. Per quanto riguarda il Piemonte c’è un dato particolare, perché la popolazione degli infetti non è distribuita tra le diverse fasce d’età come altrove. C’è una distorsione della selezione perché il campione non rappresenta fedelmente la popolazione e la parte anziana contagiata è più alta, il che si traduce in un maggior tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva. In una situazione normale a ogni occupante di letto di terapia intensiva corrispondono cinque pazienti in ventilazione e venti in ricovero ordinario».
Quale progressione dei contagiati dobbiamo aspettarci?
«Stando alle proiezioni attuali, ogni tre giorni i numeri raddoppiano. Se non interverranno misure importanti di contenimento, che in parte sono già state attivate, ma sopratutto, se noi ci comporteremo in modo coerente, arriveremo a quei numeri. Se ci sarà una risposta importante da parte dei cittadini piemontesi potremmo, invece, rimanere sotto la soglia della capacità di risposta del servizio sanitario e, quindi, curare tutti in modo adeguato».
Se ogni tre giorni raddoppiano i casi, tra quanto potremmo superare il limite?
«Si parla di giorni, non di settimane. Per regolarci, noi siamo otto giorni più indietro della Lombardia. La progressione è geometrica, una curva che si impenna. L’unica misura efficace è legata al fatto che la gente capisca che deve stare a casa, evitando interazioni sociali fisiche. La carta vincente per sconfiggere il virus è la consapevolezza che i nostri comportamenti sono determinanti, anche se non ce ne rendiamo conto. C’è tutto un sistema che deve essere fermato per qualche settimana: la determinante è questa “erre con zero”, ovvero la capacità di contagio: se da 2,5 arriviamo intorno a 1, abbiamo buone possibilità di bloccare la diffusione del virus».
Ritiene possibile ulteriori misure restrittive?
«Se pensiamo alla Cina, sono riusciti a contenere il virus, utilizzando misure che da noi non si arriverà mai a usare, per cui bisogna puntare a far capire alle persone che la cosa può toccare tutti e che ognuno di noi o dei nostri cari potrebbe aver bisogno di un letto, per cui dobbiamo essere responsabili, perché comportamenti sbagliati possono costare la vita a tante persone. Il Governo può attivare mille misure sempre più restrittive, ma senza la collaborazione di tutti non si ottiene nulla».
Chiudiamo il colloquio con qualche elemento che induca a un po’ di ottimismo?
«Una buona parte dei contagiati può affrontare il virus stando sotto controllo a casa, altri superano la crisi assistiti con una terapia “ad hoc” e iniziamo anche ad avere delle persone guarite. Non dobbiamo dimenticarci che si guarisce da questo virus. Vorremo fare in modo che il sistema sanitario sia messo nella possibilità di fare guarire tutti i contagiati e ciò dipende sopratutto dalla dilatazione del tempo del picco epidemico».