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“Caposaldo Cavour”, il libro edito dalla Uniart – Rivista Idea, racconta il grande impegno dei nostri militari nel 2010 ad Herat

“Questo volume è dedicato alla memoria di tutti coloro i quali hanno perso la vita durante le missioni all’estero”

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L’attualità sull’Afghanistan di oggi, alle prese con un nuovo drammatico cambio di guida politica, riporta alla memoria l’Afghanistan di ieri. O almeno di una parte dell’Afghanistan, quella che la Uniart raccontò in un libro, “Caposaldo Cavour”, scritto dall’allora maggiore Matteo Mineo (foto a lato, a sinistra) e l’allora colonnello Massimo Biagini (foto a lato, a destra), in cui con parole e immagini si raccontano i sei mesi passati in Afghanistan nel 2010, nell’ambito della missione Isaf, dal 2° Reggimento Alpini della Brigata Taurinense.
Il volume (il caposaldo “Cavour” è un insieme di più postazioni, italiane e afghane, collegate da profonde trincee, intorno al villaggio di Quibcaq, uno dei villaggi del distretto di Bala Murghab liberati dagli Alpini durante l’operazione “Buon­giorno”), come scrivemmo nel saluto dell’editore e direttore «è stato concepito per rendere omaggio e onore a chi ha vissuto con abnegazione e spirito di dedizione un’esperienza per nulla facile, mettendo il dovere sempre e comunque al primo posto. Ma è nato anche, e forse soprattutto, per far conoscere meglio all’opinione pubblica ciò che significa prendere parte a una missione come quella in Afghanistan e quali importanti risultati ne scaturiscano. E, poi, abbiamo anche la non nascosta ambizione di lasciare una traccia concreta e duratura di uno dei più bei motivi di orgoglio per il nostro sentirci italiani e fratelli degli Alpini». Un ricordo che oggi, quando molto di quanto costruito anche grazie ai nostri militari rischia di andare distrutto, è importante più che mai tenere vivo.
Nella prefazione del libro l’on. Guido Crosetto, all’epoca Sottosegretario di Stato alla Difesa, scrisse: «La storia del 2° Reggimento della Brigata Alpina “Taurinense” è gloriosa. Questo libro intende portare un elemento in più all’archivio già ricchissimo degli annali delle “penne nere”, raccontando con le parole e, più ancora con le immagini, i sei mesi trascorsi in Afghanistan dagli uomini e dalle donne che ho visto partire da Cuneo. Si tratta di un omaggio ai protagonisti della missione, che hanno affrontato il loro difficile compito con un’abnegazione incredibile, ma anche di un modo per tramandare quanto di buono l’Italia fa all’estero, purtroppo quasi sempre senza che ciò abbia il meritato riscontro informativo presso l’opinione pubblica. Abbiamo il dovere di divulgare ciò che i nostri militari hanno fatto, fanno e faranno in Afghanistan e in tutte le missioni internazionali. Così facendo, anche a migliaia di chilometri di distanza dall’Italia, si contribuisce a proteggere il nostro Paese dal rischio del terrorismo internazionale, a volte, purtroppo, sacrificando la propria esistenza».