«Bisogna fare presto e attuare nuovi paradigmi mentali»

Alessia bertolotto: «Energia verde, biometano, e bioTecnologie sono la soluzione del futuro»

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Alessia Bertolotto, im­prenditrice green sempre in prima linea in difesa dell’ambiente e dell’uomo.

Più volte ha raccontato a IDEA il vostro impegno, che è professionalità, nell’ambito della bioeconomia circolare. A livello globale come siamo messi?
«Rispondo in modo chiaro: sia­mo messi male. Il riscaldamento globale mette a rischio la vita di più di 4 milioni di persone ogni anno. Senza un taglio netto e immediato delle emissioni di gas serra l’aumento delle temperature provocherà un centinaio di milioni di morti entro la fine del secolo. Non sono catastrofica, semplicemente realista: coste allagate dall’innalzamento delle acque, ondate di calore, siccità, incendi, valanghe, slavine, inondazioni, carestie, migrazioni, guer­re. Cono­sciamo bene cosa ci attende nel prossimo secolo a causa dei cambiamenti climatici, ma non sempre è facile immaginare le conseguenze concrete di una catastrofe che spesso sembra ancora lontana. I migliori scienziati al mondo sono concordi nel constatare che il risultato, prevedibilmente, è agghiacciante: nel­lo scenario peggiore, per la fine del secolo ogni anno moriranno circa 4,6 milioni di persone in più a causa delle emissioni di gas serra, e del conseguente aumento delle temperature globali. Ma non bisogna essere degli scienziati, la situazione ed i cambiamenti sono davanti ai nostri occhi e noi tutti dobbiamo cambiare alcuni costumi fon­damentali, iniziando dal sostituire i combustibili fossili con i biocombustibili prodotti dalla frazione umida dei rifiuti urbani agroindustriali e zootecnici e da speciali colture agricole. Questa scelta, atta a invertire la tendenza del gas serra da fossili, riporterà il pianeta in bolla, nonché attivando nuove attività vegetali energetiche che riossigeneranno il pianeta, in­ver­tendo l’attuale tendenza e anche portando un nuovo Pil e posti di lavoro».

Occorre quindi valutare questo impatto in termini di vite umane?
«Certo e questo atteggiamento genera diversi vantaggi. Non ultimo, quello di mostrare chiaramente le conseguenze più im­mediate delle scelte che facciamo oggi. Questo approccio ci dice quante vite saranno perse o salvate in base alle decisioni prese dagli individui, dalle aziende e dai Governi. Quantifica l’impatto che hanno le decisioni sulla mortalità, portando la questione su un livello più personale, e più facile da comprendere. Quando consapevolizziamo che l’ambiente ci riguarda da vicino, che l’ambiente siamo noi stessi, forse capiremo realmente l’importanza di tutto questo, ma manca ancora troppa consapevolezza. Quello che preoccupa ancora di più sono le previsioni per il futuro: tra il 2021 e il 2050 si stima una perdita di massa glaciale pari a 13mila miliardi di tonnellate, ossia scompariranno 5 piscine olimpioniche di ghiaccio ogni se­con­do, e questo accadrà senza sosta per i prossimi trent’anni».

Numericamente…

«Passando agli effetti dei trasporti e delle attività produttive, per ogni milione di tonnellate in più di CO2 di origine fossile, equivalenti a 216mila automobili, 35 aerei civili, 0,24 centrali elettriche a carbone, moriranno prematuramente 226 persone. Tenendo conto di questi risultati, anche le politiche ambientali necessarie per contenere gli effetti sociali del riscaldamento globale an­drebbero riviste. Il modello più utilizzato attualmente, chiamato Dice (acronimo di “Dynamic Integrated Climate-Economy”), fissa il costo sociale del carbonio a 37 dollari per tonnellata. Aggiungendo i decessi calcolati, la stima schizza di colpo a 259 dollari per tonnellata. Per bilanciare i costi sociali del riscaldamento sociale con quelli della decarbonizzazione, non sarà sufficiente diminuire progressivamente le emissioni a partire dal 2050, come previsto in precedenza, ma bisognerà piuttosto ridurre immediatamente le emissioni, e smettere definitivamente di utilizzare combustibili fossili entro il 2050. In questo modo, oltre a trovarci con un pianeta meno inquinato e con danni economici e sociali ridotti al minimo, si salverebbero anche circa 74 milioni di vite umane, con solo circa 9 milioni di morti extra entro la fine del secolo causati dal riscaldamento globale, contro gli 83 milioni circa previsti in assenza di interventi radicali nei prossimi anni».

Quali sono i Paesi più a rischio oggi?
«Le ondate di calore alle quali ci stiamo abituando soprattutto nel periodo estivo sono state oggetto di analisi in numerosi studi e ricerche. Da questi sono emersi dati piuttosto preoccupanti soprattutto in alcune zone della terra come, per esempio, il Golfo Persico. Tra le zone di maggior interesse e dove appare impossibile vivere ci sono l’India, il Paki­stan, alcune zone dell’Africa, Australia, Stati Uniti e il Mes­sico dove è da tempo stata superata la preoccupante so­glia dei 35° notturni. Anche altre zone rischiano di scomparire per via del riscaldamento globale. Tra queste ci sono il Mar Morto, la Barriera Corallina del Belize e la Grande Barriera Corallina australiana. Il Mar Morto è molto legato alle sorti del lago Ciad, già scomparso, perché il livello delle acque si è abbassato di ben 27 metri negli ultimi decenni per via dell’evaporazione causata dal gran calore. Oltre ai problemi del caldo c’è anche l’inquinamento oceanico che rischia di far sparire la Barriera Corallina del Belize e della Grande Barriera Corallina Australiana dove la temperatura è nettamente su­periore al normale. I dati sul riscaldamento globale sono sempre più allarmanti: la calotta glaciale si sta sciogliendo con una velocità molto maggiore del previsto. In termini numerici, dal 2000 al 2019 si sono sciolte 267 miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno, e in questi vent’anni la velocità di scioglimento è praticamente raddoppiata. Tutto questo ha effetti devastanti su parecchi aspetti: anzitutto danneggia moltissimi ecosistemi viventi, sia marini sia terrestri, poi determina il ben noto aumento dei livelli dei mari e degli oceani, che potrebbe causare la scomparsa di diverse città in tutto il mondo. Da italiani citiamo spesso Venezia, che come sappiamo sorge proprio a livello del mare e basterebbe un innalzamento di 1 metro per provocare danni irreparabili. Da non sottovalutare il crescere di mi­grazioni da queste aree, obbligate a venir via per l’inasprirsi della siccità e calore, questo capitale umano dell’umanità intera che riusciva a vivere in quelle terre già difficili da sempre, teneva vive quelle terre aiutando noi tutti, ora dimenticati e non supportati scappano pensando di trovare miglior vita nei paesi industrializzati, finendo sovente ad essere schiavizzati. Là vanno aiutati, aiutando così anche noi, è là che dobbiamo invertire, portando ferrovie, strade, agricoltura al popolo comprandogli i prodotti e lavoro, soltanto così si compirà il recupero dei viventi e del Pianeta. Idem da non sottovalutare la continua scomparsa delle foreste tropicali, dove ogni anno si riducono con un’estensione di circa 12 milioni di ettari in Amazzonia, 27mila nel bacino del Congo, 8 milioni nell’Artico, 328mila in Indonesia. Per cui come si riducono i ghiacciai, aumentano i deserti e si riducono le foreste e au­mentano le migrazioni uma­ne, per cui è chiarissimo che dobbiamo fare da subito».

Siamo ad un punto di non ritorno, oppure vi è ancora speranza?
«Vi è ancora speranza, ma dobbiamo partire oggi, domani è tardi. Come testimoniano i dati, non erano mai state registrate temperature così miti in molte aree, e di conseguenza nessuno era pronto a dovere affrontare così in fretta una situazione nuova e dalle tante difficoltà. In tante aree del pianeta, ulteriori rialzi di temperatura potrebbero avere effetti devastanti sulla flora, sulla fauna e anche sulle persone. Occorre dunque predisporre misure rapide per contrastare l’inquinamento e il riscaldamento globale, andando ad operare da subito sull’uso globale dei biocombustibili, bloccare la deforestazione e aiutare sul posto le popolazioni più a rischio siccità».

Voi in questo siete per dna antesignani…
«Assolutamente sì, con il nostro mestiere mitighiamo questo grande problema, lo facciamo da molti decenni ma solo oggi percepiamo che qualcosa stia cambiando nella mentalità delle persone e che quindi si sta creando quella consapevolezza di cui parlavo prima. Dobbiamo variare paradigma mentale, dobbiamo capire che esistono soluzioni tecnologicamente avanzate per trattare gli scarti ed i rifiuti e queste devono avere dai Legiferatori un canale preferenziale per velocità perché la catastrofe può ancora essere evitata, ma dobbiamo essere celeri e pragmatici. Gestione dei rifiuti, dell’energia verde, del biometano, dei prodotti e tecnologie ecosostenibili con foreste e migrazione sono l’unico trend che possiamo seguire per vivere a braccetto con il nostro ambiente».