Tre anni, il trasferimento a Verduno, la pandemia. Massimo Veglio, direttore generale all’Asl Cn2, traccia un bilancio e guarda al futuro.
Com’è stato l’ultimo periodo?
«È l’esperienza piu costruttiva e appassionante di direzione che abbia mai vissuto. Ho lavorato con una comunità che dimostra una partecipazione, una disponibilità e una generosità molto diverse da quanto avevo visto in precedenza. Il periodo è stato difficile, però ho trovato professionisti, sindaci e cittadini con cui ho potuto condividere difficoltà e successi».
Il trasloco a Verduno non si è svolto secondo le previsioni: com’è andata?
«Lo spostamento è stato inatteso rispetto ai timori e alla rassegnazione di molti che pensavano che non l’avrebbero mai visto realizzato. Invece noi lo abbiamo programmato con precisione: il “piano” era quello di partire entro giugno ed è stato aperto il 19 luglio 2020. Non è stato semplice, ma abbiamo perseguito tenacemente l’obiettivo e “forzato” anche un po’ la mano per partire seppure non fosse ancora tutto perfetto».
Qual è la situazione oggi?
«Il sistema Asl Cn2, che comprende nuovo presidio ospedaliero e territorio orfano dei due nosocomi di Alba e Bra, deve essere potenziato in modo adeguato per esprimere le proprie possibilità, a fronte di un costo superiore a prima: la nuova realtà è diversa e offre possibilità, sicurezza e rispetto delle normative maggiori, quindi costa di più. Adesso è tempo di farlo operare al meglio e, per questo, serve investire denaro per personale e materiali».
In che percentuale è operativo Verduno al momento?
«La situazione è condizionata dalla presenza della pandemia. Se non ci fosse potremmo usare risorse, spazi, uomini e donne per l’ospedale e il territorio, per i servizi sanitari “normali”. Abbiamo 432 strutture che potrebbero essere impiegate come letti e ne stiamo usando la metà: circa il 50% delle possibilità del nosocomio, con un’area medica sovraccarica e quella chirurgica del tutto sotto utilizzata. Anche il territorio presenta necessità con risposte insufficienti e possibilità inespresse».
Cosa serve per operare a regime?
«La nostra azienda sanitaria va finanziata con una cifra nella media delle altre Asl piemontesi per permetterci di acquisire personale e far funzionare l’ospedale e i presidi territoriali per quello a cui sono destinati: non attività fuori dal coro, non vogliamo diventare “hub” della zona, ma solo lavorare in base a quanto progettato. Personalmente, opero per quest’area che fa parte della Granda, in sinergia con il resto della provincia e in particolare con l’“hub” Santa Croce e Carle di Cuneo».
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede l’istituzione di Case della Comunità, che finora si chiamavano Case della Salute. Come si procede per l’attivazione di quelle di Alba e Bra?
«Aspettiamo che la Regione sblocchi la situazione dei due vecchi presidi ospedalieri che la legislazione vigente prevede che noi vendiamo. Ma sono già state fatte due aste per la vendita senza che nessuno abbia presentato offerte: non c’è richiesta di mercato per nosocomi appena chiusi o, almeno, non alle cifre stimate e previste come entrate nel Piano Economico Finanziario per Verduno».
Quali prospettive?
«È stato detto in più occasioni che i due ex ospedali dovrebbero rimanere in dotazione all’Asl per diventare appunto Case della Comunità, ma serve un atto uguale al precedente che prevedeva la vendita. Noi siamo in un’impasse: vogliamo e dobbiamo organizzare i servizi a livello territoriale secondo le attuali indicazioni organizzative e potremmo, in teoria, utilizzare i due ex ospedali. Tenere in piedi i presidi, anche se vuoti, è un costo e, in alternativa, dovremmo cercare altri spazi».
Qual è adesso la priorità per la sanità dell’area che fa riferimento ad Alba e Bra?
«Vaccinarsi, altrimenti non si parla di salute in nessun altro modo e chissà per quanto tempo gente che deve ricevere prestazioni o seguire percorsi di cura non lo potrà fare perché dobbiamo dedicare risorse al Covid. Se si vuole tornare alla vita di prima e farsi curare non bisogna interrogarsi troppo sul fatto che le case farmaceutiche ci guadagnino o che il vaccino sia sicuro o no: lo è, è stato testato a sufficienza, così come altri trattamenti medicamentosi a cui ricorriamo senza farci tanti problemi. È piu sicuro di ogni viaggio in automobile».
Articolo a cura di Adriana Riccomagno