Se seguite i canali Sky, in particolare quelli sportivi, avrete già conosciuto e apprezzato il garbo e l’eleganza (quasi estranea) del suo modo di condurre le trasmissioni sul calcio. Nessuna polemica o caduta di stile, solo competenza e sorprese estemporanee. Come le sigle autoprodotte e l’ironia sempre sottintesa.
Alessandro Bonan, che cosa prova nel vedere gli stadi riaperti e le partite che si giocano regolarmente?
«Una sensazione di pienezza: è la prima cosa che mi viene da pensare. Venivamo da mesi di vuoto, negli stadi e nei nostri stati d’animo. Ora proviamo una bella sensazione di entusiasmo, anche se i nostri stadi in realtà non sono ancora belli e animati come quelli inglesi».
Nel frattempo, post pandemia, è cambiato il modo di raccontare il calcio in tv?
«Diciamo che abbiamo rimodellato il racconto quando è scoppiata l’emergenza sanitaria, cercando toni più sobri, in sintonia con il dolore che dilagava, ma anche una generale leggerezza. In questa dicotomia abbiamo visto la difficoltà di raccontare lo sport. Oggi, però, stiamo andando a briglia sciolta, quel periodo lo abbiamo messo da parte anche se non lasciato».
La leggerezza, però, è sempre stata una costante nel suo modo di gestire le trasmissioni targate Sky: dalle sigle personalizzate agli ammiccamenti dotti.
«Non devo dirlo io, ma in effetti ho sempre cercato una mia via, anche nei rapporti di amicizia oltre che nella professione. Non per essere all’opposto della cosiddetta normalità, ma per avere un segno distintivo. Di questo ha certamente beneficiato “L’originale” dove in realtà costruiamo case in corso d’opera. Del resto, con le trasmissioni seriali è difficile sapere prima che cosa accadrà. In generale, allora, trovo che sia una buona regola cercare soprattutto un buon clima, una coralità. Oggi invece vanno di moda i soggetti “divisivi”, è l’atteggiamento che va per la maggiore».
Immagino che non le piaccia affatto.
«No. Perché significa seguire la filosofia di chi la spara più grossa. Certo, è facile mettere a confronto chi dice bianco e chi dice nero. Ma è una tivù vecchia, arcaica, specie per i talk show, che dovrebbero raccontare storie di calcio».
Con queste premesse, viene spontaneo rivolgerle una domanda: ha mai pensato a una sua trasmissione extra sport?
«Tutti me lo chiedono e ho già provato a rispondere. Sì, mi piacerebbe, ma se nessuno me lo propone… Credo che sarebbe una bella esperienza e potrei anche giocarmela, anche se sono molto contento di quello che faccio. Il calcio offre l’opportunità di toccare tante tematiche: è arte e cultura, c’è dentro un po’ tutto».
Allora spaziamo anche noi: come affrontare la realtà, fuori dallo sport, oggi così complessa tra green pass e diritti?
«In generale c’è da riflettere, ma qui ad essere divisivo è solo il virus. Morti e vivi. Chi crede ai complotti porti prove concrete. Non direi, in questo senso, che non ci siano certezze».
E quindi, in prospettiva, vede l’uscita dal tunnel più vicina?
«Domanda difficile. Dai primi dati, sembrerebbe già che questo mese di settembre rispetto a quello dell’anno scorso sia più tranquillizzante. Sono ottimista, credo che il vaccino sia il mezzo per superare le difficoltà. Non ho la sfera magica ma la prossima estate, forse, torneremo a viverla senza mascherine e senza tamponi».
Torniamo alla scorsa estate, ma in chiave calciomercato: come è andata?
«In tre fasi: la prima dedicata ai clamorosi cambi di panchine. L’arrivo di José Mourinho alla Roma e poi il ritorno dei toscani: Allegri, Sarri, Spalletti e anche Mazzarri (al posto di Semplici). Nella seconda fase invece non è successo niente, perché c’erano gli Europei e tutti dovevano seguire gli azzurri. Nella terza fase è arrivato il colpo di scena dell’addio di Ronaldo che per me è stato qualcosa di inaspettato in quello che doveva essere il suo ultimo anno di contratto. Evidentemente aveva capito di non essere più così gradito nell’ambiente Juve».
Il calciomercato è ancora il baraccone variopinto di un tempo, divertente da raccontare?
«L’ultimo giorno, ad esempio, ci siamo divertiti proprio a raccontare una trattativa minore nelle ultime fasi concitate del mercato. Si trattava del trasferimento di Marrone al Monza. Il contratto è stato depositato quando erano trascorsi 12 secondi dopo le 20, ovvero l’orario di chiusura. Ci siamo domandati se l’operazione fosse regolare. Il ritardo era dovuto a problemi tecnici, non si riusciva a scannerizzare il contratto. Poi, in diretta, è arrivata la telefonata di Adriano Galliani che ha annunciato: “Si può fare”. E a quel punto le luci si sono spente. Sono quelle classiche situazioni che solo il calciomercato ci può regalare».
Ha altre passioni oltre al calcio? Sa che ad Alba si mangia bene?
«Sì, certo. E mi fa venire in mente che avevo organizzato una “spedizione” con alcuni amici per venire proprio in un ristorante… Ma tutto fu annullato a causa del lockdown. Devo assolutamente riorganizzare».
E la musica?
«Ho un gruppo, suoniamo a Milano e cominciamo a farlo anche fuori. Non solo le sigle del programma. Abbiamo anche musicato uno spettacolo teatrale al Menotti in Sormani. Per il resto, ho scritto anche due libri e spero che ne pubblicherò ancora».