Non può esserci azione pastorale della Chiesa senza la cura delle relazioni e, nel tempo della pandemia ne abbiamo scoperto l’essenzialità.
La cura della relazione è esigenza primaria da salvaguardare e da riproporre con tutti e soprattutto tra gli operatori pastorali, i ragazzi e le loro famiglie, le persone sole.
Anche se l’attività pastorale è ancora condizionata dalle giuste e dovute attenzioni per contenere il rischio di contagio con il virus del Covid 19, la campagna vaccinale in atto apre spiragli di speranza.
La cura della relazione
Gesù annuncia la vicinanza di Dio all’uomo con la sua prossimità; nelle sue relazioni adotta uno stile di cura che fa appello alla Chiesa ad alimentare relazioni di solidarietà, di comunione e di attenzione verso tutti, soprattutto i più deboli.
Nel tempo buio, non ancora totalmente alle spalle, abbiamo sperimentato quanto la pandemia abbia inciso sulla rete di relazioni ecclesiali, quanto la distanza e il confinamento abbiano messo a rischio la tenuta del tessuto comunitario. Le relazioni mediate dal digitale – provvidenziali nell’emergenza – non sono connotate né da spessore umano né da quell’intensità corporea ed emotiva necessaria a costruire rapporti fraterni ed evangelici.
La ripresa dell’attività pastorale invita dunque, pur nella necessaria prudenza e nel rispetto delle normative vigenti, ad avere un surplus di cura delle relazioni perché il ritorno agli incontri “in presenza” diventi preziosa occasione per mettere al centro, ancor più rispetto al passato, l’incontro tra persone. Esso, l’incontro tra persone, è luogo teologico per antonomasia, in cui si realizza l’incontro tra Dio e l’umanità, tra il Signore Risorto e la sua Chiesa, nei segni “umanissimi” dell’annuncio della Parola, della celebrazione dell’Eucarestia e degli altri Sacramenti, della convivialità fraterna.
Attenzione alle persone
Le relazioni che si intessono nell’azione pastorale devono modellarsi sullo stile “umanissimo” di Gesù. Ogni operatore pastorale, quindi, è interpellato a rivestirsi dei sentimenti propri di Gesù; in nessuno di loro dovrebbe difettare l’attenzione alle persone che si incontrano e che si intendono servire. La scelta di vaccinarsi rientra nella logica dell’attenzione alla persona, della cura del proprio e dell’altrui benessere. Il vaccino rappresenta attualmente lo strumento più efficace di cui si dispone per difendersi e tutelare se stessi e i più deboli. Vaccinarsi, con vaccini efficaci e autorizzati dalle competenti autorità, è quindi un “atto d’amore”,
come ebbe a dire Papa Francesco.
Appello alle coscienze
Benché l’obbligo vaccinale riguardi per ora soltanto alcune categorie circoscritte di lavoratori, è responsabilità di tutti la scelta di mitigare tutti i rischi di trasmissione del virus. Pertanto è bene continuare a osservare le misure di protezione ancora previste.
La tematica, in merito, è complessa e tuttora aperta, pur tuttavia dobbiamo sentirci interpellati – tutti, ma principalmente gli operatori pastorali – a rispondere per primi nel compiere “un atto d’amore”: per sé e per le comunità per le quali operiamo.
Facciamo tutto ciò che possiamo perché l’attività pastorale riprenda nella vicendevole cura; facciamolo come atto di risposta al mandato del Signore!