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«Per Cna Piemonte la grande occasione della ripartenza»

Il presidente regionale Bruno Scanferla: «Stavolta la ripresa dovrà essere duratura»

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Il momento è cruciale, perché si tratta di uscire dalle paludi della crisi avendo davanti un futuro ancora incerto.
Ma il senso pratico della Confe­de­ra­zione Nazionale del­l’Arti­gia­na­to e della Pic­co­la e Me­dia Impresa è proverbiale e il presidente regionale Bruno Scanferla sintetizza così la si­tuazione: «Da quando mi so­no insediato, nel luglio scorso, insieme a tutto il sistema Cna piemontese e all’intero mondo dell’artigianato e del­la piccola e media impresa, stiamo lavorando per una vera ripartenza. Dopo la pandemia e le soluzioni temporanee, ora abbiamo bisogno che sia vera e duratura, che superi i protocolli e fornisca nuove soluzioni e procedure consolidate».
Anche perché c’è da fare: «Sono molti i fronti aperti che vogliamo affrontare insieme a tutti coloro che hanno a cuore lo sviluppo della nostra regione. Credito, internazionalizzazione, innovazione e sicurezza per gli imprenditori, per i dipendenti e per i clienti restano e resteranno i punti fermi della nostra azione». Parole che spiegano la svolta necessaria.
Come afferma Delio Zan­zot­tera, «arriviamo da una situazione drammatica per la mi­croimpresa, con grande sot­tovalutazione da parte del­le politiche nazionali e, in parte, regionali».
Il segretario di Cna Piemonte sottolinea come le piccole e medie im­prese rappresentino il 93% del tessuto imprenditoriale italiano, ov­vero l’ossatura stes­sa del si­stema economico nazionale e regionale.
«Il concetto stesso di “made in Italy” è molto legato, in que­sto momento, ai rapporti che aziende tedesche o francesi tengono, ad esempio, con il settore metalmeccanico piemontese. Non è tanto per i bulloni, che esistono anche in Cina, e neanche per il prodotto, perché ormai i livelli qualitativi sono elevati anche in Oriente. Dall’estero, invece, continuano a cercare la qualità del lavoro italiano, le nor­me e le modalità che lo caratterizzano, per cui abbiamo un mercato internazionale molto vivace a nostro favore».
Zan­zottera segnala anche che nella prima stesura del cosiddetto Piano Nazionale di Ri­presa e Resilienza «era presente un errore concettuale che abbiamo corretto, quando si diceva che siccome il tessuto delle piccole e medie im­prese è molto, troppo frammentato, è necessario che le stesse agiscano insieme per un confronto all’altezza con le realtà dei grandi gruppi. Nulla di più sbagliato, il tema non è costruire una realtà più “grande”, ma piuttosto cooperare. Le piccole imprese devono lavorare in un sistema di reti senza snaturarsi. È solo così che il sistema del “made in Italy” può continuare a essere attrattivo».
Del resto, le piccole imprese hanno già saputo resistere in altre situazioni di difficoltà.
«Questo è il punto», spiega an­cora Zanzottera, «oggi c’è una crisi che ha messo in difficoltà le nostre imprese che comunque dimostrano di aver una forte resilienza. E scusate se uso un termine inflazionato. Hanno però resistito bene al Covid e all’impatto delle norme applicate, a cominciare dalle chiusure, con un gra­do di responsabilità molto alto da parte degli imprenditori che hanno eseguito pochi licenziamenti. E devo dire che questo non è avvenuto per il blocco, anche nel 2008 ci furono pochi licenziamenti a fronte della crisi economica, eppure non c’erano blocchi. Perché la fidelizzazione, specie nelle imprese piccole o familiari, è il valore più prezioso, permette di venire a capo di ogni problema e chi dirige preferisce ri­correre alle risorse personali piuttosto che licenziare».
Sullo sfondo rimane la questione delle vaccinazioni e del relativo green pass, esteso ormai a tutti i lavoratori come un obbligo implicito.
La posizione di Cna è chiara: «Anche qui c’è stata una dimostrazione di grande responsabilità da parte delle imprese, dal parrucchiere all’azienda metalmeccanica con trenta dipendenti. Il 70 per cento dei nostri assistiti ha espresso parere favorevole al green pass inteso come atto di tutela. Ma a questo punto, in una situazione che resta incerta, siamo convinti che sarebbe più giusto introdurre l’obbligo vaccinale».
Tornando alle questioni legate al modello di sviluppo, ri­mane quel dubbio sul perché le politiche in favore delle piccole e medie imprese risultino spesso ambigue se non addirittura ostili.
Il segretario di Cna Piemonte ribadisce: «Perché a farla da padrone sono le politiche confindustriali che non possono valorizzare le peculiarità che ci riguardano, vediamo che le grandi imprese appena au­mentano la mole di lavoro hanno l’esigenza di delocalizzare. In realtà si stanno facendo passi verso le microimprese, però molti progetti restano sconosciuti, così come la possibilità e le modalità per mettere a terra le risorse europee che vengono erogate, non so­lo in funzione delle grandi aziende. Capisco che non si debbano polverizzare le risorse, non sono per i finanziamenti a pioggia, ma serve attenzione per i progetti che prevedono ricadute sul territorio. Altrimenti poi succede come per la Tav, annunciata come un’opportunità per chi operava sul territorio e che di fatto ha premiato altri territori, disperdendo un potenziale enorme».
C’è comunque una buona ripresa del manifatturiero, pur con il grave problema del rincaro delle materie prime e delle difficoltà di approvvigionamento.
Una questione che riguarda da vicino soprattutto il To­rinese per l’automotive, ma non solo.
«Le imprese più strutturate faticano a rispettare i termini di consegna per mancanza di materiali. Questo è legato in parte alle chiusure, alla difficoltà di produrre e in parte alla speculazione».
L’ultima annotazione è per l’abusivismo favorito in ma­niera particolare dal lockdown legato all’emergenza sanitaria: «Serve un’azione continua delle istituzioni per intercettare il fenomeno. Per il resto la ripresa porterà più ricerca di personale e più richiesta di formazione».