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«Puntiamo ad essere un riferimento provinciale»

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L’emozione del ritorno nella Cuneo biancorossa. Sente il peso della responsabilità, ma anche l’orgoglio di chi crede in un progetto solido, Michele Magliano: l’allenatore dell’AC Cuneo 1905 Olmo è tornato dopo 23 anni (se si esclude una brevissima parentesi nel 2009 come vice di Vittorio Zaino) a vestire una maglia ricca di tradizione, storia, significato, a lungo cucita addosso da calciatore. Difensore esterno (e duttile), infatti, è calcisticamente nato e cresciuto proprio nel Cuneo, percorrendo tutte le tappe del settore giovanile e giocando, per ben 8 stagioni, a cavallo fra anni ’80 e ’90, in palcoscenici come Serie C e D. Prima di salutare il capoluogo e, successivamente, intraprendere la carriera in panchina.

Mister Magliano, dopo anni di peregrinare in Granda, finalmente riabbraccia i colori biancorossi. Nel frattempo, che allenatore è diventato?
«Le esperienze sulle panchine di squadre come Busca, Virtus Mondovì e Savigliano mi hanno fatto crescere a livello di formazione e, in alcuni casi, anche responsabilizzato: ho infatti dovuto gestire giocatori di grande esperienza, come En­rico Fantini per esempio, e che hanno calcato palcoscenici importanti, categorie superiori».

E poi le ultime 4 stagioni con l’Olmo…
«Anche per esigenze economiche e di visione della società, sono stati anni di costruzione sia a livello di singolo che di rosa: un percorso che mi ha permesso di far esordire in Prima Squadra, in un campionato come quello di Eccellenza, 27-28 giocatori del vivaio. Dovendo lavorare con tanti giovani e con gruppi non formati al 100% per motivi anagrafici, ho potuto insegnare calcio, cosa che nelle squadre passate non avevo avuto modo di fare».

Ora, l’AC Cuneo 1905 Olmo. Cosa l’ha spinta ad accettare questa avventura?

«Gli stimoli. È il quinto anno che alleno molti dei giocatori in rosa: se non fosse avvenuta la fusione fra le due società, forse sarebbe stato difficile trovarli. Avrei sì provato a portare qualche novità, ma con il rischio che a livello mentale sopraggiungesse un calo di motivazioni. Ma il chiamarci “Cuneo”, indossare questa maglia, giocare al “Paschiero”, ha caricato me e tutto il gruppo, ora che alcuni ragazzi hanno raggiunto una maturità calcistica vera: penso ad Andrea e Giacomo Dalmasso o, nonostante l’ancora giovane età, ai fratelli Marco e Davide Magnaldi. Insomma, il cambio di contesto ha creato entusiasmo, seppur mantenendo le giuste esigenze della società».

Entusiasmo ma con i piedi per terra, quindi…
«Esatto. Senza obiettivi fuori portata e senza smembrare il gruppo esistente, che ha bisogno di metabolizzare le novità ed avere consapevolezza dei propri mezzi. Ci sono le fondamenta per costruire un bel progetto e non nego un pizzico di orgoglio per essere stato scelto per questo ruolo: ho voglia di mettermi alla prova in questa piazza».

La società ha messo in chiaro che l’obiettivo primario sarà quello di far crescere i giovani del proprio vivaio. È questa la grande sfida che ha di fronte?
«In questi ultimi 4 anni ho allenato calciatori che, se non di Cuneo città, arrivavano comunque dalla provincia: i nostri spazi ce li siamo sempre ritagliati. Certo, Cuneo ha esigenze diverse, ma ci sono le possibilità di fare bene impiegando giocatori funzionali, su cui credere e investire. Costruire l’intelaiatura in casa e, quando sarà necessario, aggiungere le pedine mancanti per il salto di qualità definitivo. La politica è questa, senza dimenticare le ambizioni».

Ora che l’AC Cuneo 1905 Olmo è realtà, quale futuro sogna per il calcio a Cuneo?
«Il calcio a livello provinciale e regionale ha subito le conseguenze dei problemi sociali ed economici che ci sono nel mondo. L’obiettivo è ripartire dall’identità locale, tornare poco per volta a sentire l’attaccamento della maglia. Proveremo a tirare fuori il massimo, per essere nuovamente il riferimento a livello provinciale. Maglia, stadio, nome e un bel settore giovanile: le condizioni ci sono tutte».

Sperando nella piena spinta dei tifosi…
«Il tifoso ha voglia di vedere la sua squadra in categorie sempre più importanti, ma il vero sostenitore sa capire i momenti: se è vero che una parte dei fan si è avvicinata, un’altra, quello del tifo più caldo, non ha ancora vissuto in prima persona il campo con noi. E proprio noi saremo determinanti: se sapremo trasmettere voglia e ambizione, capendo cos’è il Cuneo, riusciremo a riportare la gente allo stadio».