La notizia che volevamo ascoltare ce la riferisce il professor Giovanni Di Perri, direttore della struttura Malattie Infettive all’ospedale torinese “Amedeo di Savoia”, dove è stato sperimentato il Molnupiravir: «Tutto ciò che serve sarà acquistare una scatola di pillole anti Covid per tenersele a casa. Se si è a rischio, se si ha più di sessant’anni, basterà farsele prescrivere dal medico e averle a disposizione. Se poi un venerdì sera insorgono i sintomi del Covid, posso scongiurare il peggio o, comunque, ridurre drasticamente il rischio grazie a questa cura restando a casa».
Professore, siamo finalmente alla svolta?
«La sperimentazione di questo antivirale, che inibisce la replicazione del virus, è stata promettente fin dall’inizio. E mantiene le promesse. Ha un limite che non è legato alle sue caratteristiche ma a quelle della malattia stessa: il Covid è virale nei primi otto giorni, poi evolve e diventa infiammatorio, questo vuol dire che, se faccio una cura di monoclonali o se uso questa compressa il prima possibile, posso guarire. Se quindi sono un soggetto a rischio, per età o per patologie, appena so di essermi infettato mi devo sottoporre alla cura, altrimenti è inutile. Non devo perdere tempo con il medico di base, ma agire subito. Anche in soggetti asintomatici ma che riteniamo a rischio, conviene agire immediatamente».
Ma è un pericolo utilizzare il farmaco fuori tempo?
«Nessun rischio, non fa male. Può risultare semplicemente inutile se passa troppo tempo. La sperimentazione va ancora avanti ma vedrete che verrà interrotta davanti all’evidenza della sua efficacia, saltando ulteriori procedure e procedendo subito con la sua commercializzazione».
La malattia da Covid si potrà quindi curare efficacemente anche da casa…
«Il farmaco permetterà di saltare l’attuale ostacolo burocratico del medico di base e quindi sì, potremo iniziare la nostra cura a casa».
Con queste pillole anti Covid il vaccino diventa meno essenziale?
«Non proprio, la pillola fa parte di una strategia che comprenderà comunque il vaccino per proteggere le persone ma al tempo stesso toglie l’angoscia a chi si ammala così come già verificato con le monoclonali: si affianca alle stesse».
Quando e come vi siete accorti che la sperimentazione poteva portare a un risultato concreto?
«Abbiamo effettuato inizialmente le sperimentazioni in vitro e visto un’efficacia a basse dosi, poi con la sperimentazione animale i risultati sono stati straordinari: il furetto ha i nostri stessi recettori. Questo ci ha incoraggiato a proseguire. Dopo lo studio di fase uno, siamo passati alla fase due pilota, in fase tre avevamo una percentuale d’efficacia a metà contro i placebo, poi la differenza è diventata palese e a quel punto abbiamo scelto di interrompere la sperimentazione».
Perché, prima del vaccino, quella “vigile attesa” e quei consigli sbagliati?
«I consigli sbagliati sono venuti dal becerume di chi ha parlato troppo di clorossina, di chi all’inizio voleva somministrare a tutti l’idrossiclorochina, prima che lavori clinici evidenziassero una discutibile efficacia e note di tossicità. Il tutto si è trasformato in uno strumento politico, però ora fortunatamente l’asfissia da competenze mediche si sta esaurendo. Diciamo allora che questo farmaco offre una risposta tecnica specifica e affidabile alla malattia in forma più grave. Prima avevamo solo gli antinfiammatori e non è che ci si mettesse in salvo con altre misure. Da marzo sono arrivate le cure con anticorpi monoclonali, non prescritte però dai medici di base. Ben vengano nuovi strumenti come queste compresse, più agili da assumere, con i cittadini che possono restarsene a casa evitando code e tutto il resto».
Al netto di altre considerazioni, possiamo affermare che in questa emergenza la scienza ha dimostrato di saper dare risposte efficaci in tempi brevi?
«La scienza, come sempre nei momenti di crisi, diventa un’opportunità per le industrie farmaceutiche che in questo caso, hanno operato al meglio per realizzare i vaccini e le terapie. Bisogna però adeguare il sistema alle accelerazioni della ricerca. Non conviene, in caso di sintomi di Covid, aspettare il tamponcino. Ora la pillola ci permette di avere una soluzione, a patto di non perdere tempo. Altrimenti riduciamo l’efficacia del trattamento».