Per le sue posizioni nette, ha pagato con procedimenti giudiziari, polemiche di varia natura (ma spesso a sfondo razzista) e anche con le dimissioni dall’Ordine dei Giornalisti. Personaggio estremo, senza mezze misure, fa comunque parte di quella scena “mainstream” di cui tanto si è discusso negli ultimi tempi. E sull’emergenza sanitaria, al di là dei giudizi trancianti, esprime in sostanza piena condivisione con le scelte governative.
Vittorio Feltri, ha seguito il dibattito politico che si è sviluppato dopo gli incidenti di Roma e Milano?
«Io sono molto vecchio, ho vissuto il ’68 e tutti gli anni successivi, posso dire di aver visto molto di peggio. Ricordo per esempio, a Milano, l’omicidio di Sergio Ramelli, un ragazzo di 17 anni che fu ucciso perché era di destra, era iscritto al Fronte della Gioventù. D’altra parte, all’epoca molti episodi di violenza videro protagonista un movimento come Lotta Continua che faceva capo ad Adriano Sofri e di cui nessuno si è mai sognato di chiedere lo scioglimento. Oggi il contesto mi sembra molto diverso».
Quindi non condivide gli allarmismi legati alle azioni violente che sono state portate avanti da alcuni elementi di estrema destra?
«Giusto far scattare l’allarme, però quanto accaduto a Roma e Milano poteva essere tranquillamente evitato con una più attenta azione di prevenzione e una opportuna mobilitazione delle Forze dell’Ordine. Invece c’erano pochi agenti, non preparati a quanto si è verificato. Però non bisogna esagerare: non c’è stata nessuna conseguenza grave».
Che cosa non ha però funzionato?
«È vero che le democrazie sono sistemi fondamentalmente deboli, ma davanti alle manifestazioni pubbliche che vanno oltre i limiti, appunto, democratici possono reagire anche con forza. Basta guardare a quello che è successo in Francia nell’ultimo periodo. Non fasciamoci la testa, insomma. Magari riorganizziamo al meglio la gestione delle Forze dell’Ordine. Certo, per farlo ci vorrebbe un buon Ministro dell’Interno. Lasciamo perdere…».
C’è un altro aspetto da valutare: il rischio che gli estremisti possano oscurare la vasta partecipazione agli eventi “no green pass” da parte di chi manifesta pacificamente. Che cosa ne pensa?
«Che lo sapevano benissimo, quindi avrebbero dovuto evitare di scendere in piazza. Ma poi basta con queste polemiche sul vaccino e sulla presunta privazione della libertà. Vaccinatevi e non rompete!».
In ogni caso, i numeri dei vaccinati sono in aumento: a questo punto, si deve pensare che sia vicina una via d’uscita dall’emergenza sanitaria?
«Sì, stiamo andando avanti. Poi, però, chi non si vaccina resta sempre convinto di non volerlo fare. Non saprei proprio cosa dire».
Dal punto di vista economico, il Covid ha lasciato un segno. Come si esce da questa crisi?
«Ma secondo me non c’è una crisi reale in Italia. Lo dicono i dati: restiamo sempre una delle più forti industrie manifatturiere nel mondo, i secondi in Europa. E il Pil sta registrando un incremento del 6%. Quindi non mi sembra davvero il caso di stracciarsi le vesti, i numeri restano incoraggianti. È vero che ci sono anche settori, come il Terziario, in sofferenza, però questo non cambia lo scenario. L’occupazione? Ma se continuiamo e leggere che ci sono aziende continuamente in cerca di lavoratori e non se ne trovano. Solo a Bergamo, per dire, ho saputo che c’è una richiesta di 610 camionisti, ma non si presenta nessuno. C’è ricerca di elettricisti, idraulici. Lavori che in pochi vogliono fare».
Lei sa, però, che esiste anche un problema di lavoro sottopagato?
«Ma i lavori sottopagati sono sempre esistiti! Certo, questo crea difficoltà alle famiglie, gli stipendi sono bassi. L’Italia però, come ripeto, in Europa è al vertice del manifatturiero. Quelli che guadagnano poco ci sono sempre stati e sempre ci saranno».
Dobbiamo essere ottimisti anche per i soldi che dall’Europa arrivano, o comunque arriveranno, con il Recovery Fund?
«Sono soldi che andranno restituiti e io ho sempre festeggiato quando ho guadagnato qualcosa, mai per aver contratto un debito».
Draghi guida un governo di larghe intese, senza opposizione: bene così?
«Draghi è certamente all’altezza del compito, però resta pur sempre un banchiere e, quindi, è poco esperto di Polizia. La signora Lamorgese è una brava persona ma a volte alcune situazioni richiedono un’attenzione “particolare”».
Come immagina il dopo Draghi?
«Al momento questo governo non ha alternative. E poi è anche vero che bisognerebbe andare a votare per provare a cambiare gli equilibri».
A proposito, come giudica i risultati di quest’ultima tornata elettorale?
«Non mi stupisce che la gente non sia andata a votare in massa. Le elezioni comunali non appassionano, diverso il discorso quando le forze in campo sono molto rappresentative. Quando c’era da scegliere tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista, erano due religioni a confronto, due schieramenti compatti e chi votava lo faceva convinto. Oggi dovrei esaltarmi per andare a votare personaggi come Di Maio?».
Cambiamo argomento, parliamo di Langhe. Conosce la zona?
«Ci sono stato un po’ di volte, si mangia alla grande e i livelli imprenditoriali sono altissimi. Alba mi ricorda la mia Bergamo: si lavora tanto e non c’è solo l’Atalanta, anche se sui giornali si parla solo di quello. Un dato indicativo è che nelle strade non ci sono clochard. Se andate a Milano, invece, è pieno. Una bella differenza».
Concludendo: è ottimista?
«La situazione non è tale da destare preoccupazioni ulteriori. Dipende dall’efficacia dei vaccini e dai numeri: avremo una visione più chiara solo tra un po’ di tempo».