I sorrisi non volano in cielo, non restano solo dentro cornici d’argento: si perpetuano in chi li ha ricevuti, ogni giorno o anche una volta soltanto, ma indimenticabile. Il sorriso di Natalina Merlo sarà eterno in infiniti ricordi: dei familiari, dei dipendenti e d’un lembo di Granda rimasto il suo mondo, nonostante le filiali aperte in Australia e i sollevatori telescopici consegnati in Antartide. Retorica? È un rischio quando grandi personalità ci abbandonano, ma stavolta è la cronaca a innalzare una donna mite, capace di lasciar traccia nell’imprenditoria internazionale. Basta, in fondo, ascoltare i dipendenti che conosceva uno per uno: testimonianze univoche su un’attenzione opposta alla spietatezza di troppe aziende moderne. «Quanti di noi, al di fuori dell’ufficialità, in occasione di difficoltà che la vita può riservare, un giorno hanno ricevuto la telefonata di un numero non in rubrica: “Buongiorno, sono Natalina Merlo, ho saputo che… posso fare qualcosa? Grazie per tenermi informata”»: il ricordo di Paolo Peretti, direttore del Centro di ricerca e formazione, ci aiuta, come quello di Vittorio Borgoni dell’ufficio controllo di gestione industriale: «Presenza discreta, ma decisamente concreta, sempre attenta alle persone che fanno parte di questo gruppo e che grazie a lei, molti considerano una famiglia allargata. Nessuno può dire di averla mai sentita alzare la voce».
Parole toccanti per un addio semplice e solenne insieme, come lei sapeva essere. Come sa essere solo chi gestisce un impero fondato sul sacrificio, chi ha conosciuto l’officina e non dimentica, pur essendo ormai capitano d’industria, chi ha attraversato la guerra e il boom e non si è fermato. Natalina è giovanissima quando entra nella bottega di papà Giuseppe, artigiano del ferro, nel cuore di Cuneo: si occupa di contabilità, ma non si barrica dietro la scrivania, sa guardare lontano e immaginare orizzonti nuovi, intuire lo sviluppo integrando le sue qualità con quelle del fratello Amilcare. Il volume di lavoro aumenta e nel ’64 costituiscono la società “A. Merlo e C. snc”, avviando la costruzione d’un nuovo stabilimento a San Defendente di Cervasca. Oggi la piccola realtà artigiana è un’industria che esporta in tutto il mondo con oltre 1.500 dipendenti. Tota Natalina c’è stata sempre, ha dato l’esempio, s’è fatta amare per professionalità, disponibilità e rispetto. Ha dedicato la sua vita al lavoro, ne ha fatto una famiglia lei che mai s’è sposata e adorava i nipoti e i loro figli, umile ma orgogliosa nel vedere il suo nome nel mondo, le sue macchine sollevare i bolidi di Formula 1.
Conquista imprenditoriale e conquista femminile, l’affermazione in un’epoca maschilista e in una società che per tanti versi lo è ancora: «Senza mia sorella e mia moglie Denise (cui Natalina era molto legata, ndr) la Merlo non avrebbe mai raggiunto certi traguardi» ha spesso ricordato Amilcare, adesso autore d’un commovente saluto: «Siamo arrivati all’ultima pagina di un libro molto spesso, con molte pagine e in ciascuna tante avventure, tante storie da raccontare. La cosa bellissima e più importante, è che ogni frase di quel libro è stata scritta da me e mia sorella in modo condiviso, senza contrasti, sempre con l’obiettivo di andare avanti. Anche nei momenti difficili, abbiamo trovato la forza. Questo per me non è un momento di rottura, distacco, un cruccio, ma un passaggio, una soddisfazione, un viaggio, un domani. Come partire per una nuova avventura. Ringrazio il Padreterno per averci dato questa bella eredità, mi auguro sia un esempio per tutti noi. Ciao Lina, ci rivedremo».