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«Ho scelto il monregalese per spiccare il volo»

Il barese Nicola Cianciotta, fresco vincitore del Mondiale Under 21 di pallavolo, vuole affermarsi tra i “big” con la maglia del Vbc Synergy Mondovì

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Tra i tanti volti vincenti dell’estate spor­tiva azzurra, c’è anche quello di chi, come Nicola Cianciotta, ha scelto, proprio in questo 2021, di trasferirsi in provincia di Cuneo, certo di poter crescere molto con la maglia di una squadra molto nota: il Vbc Synergy Mondovì, impegnato nel Campionato di Se­rie A2 di pallavolo maschile. Fresco campione del mondo con la Nazionale italiana Un­der 21, il barese è uno degli astri nascenti della pallavolo italiana e conta di spiccare il volo proprio nel Monre­ga­lese, all’interno di un gruppo giovane e ambizioso.

3 ottobre 2021: l’Italia Under 21 è campione del mondo. Che cosa ha rappresentato per lei quel trionfo?
«Un momento unico, ma so­prattutto il coronamento di un percorso lungo cinque me­si. Con i miei compagni, ab­biamo iniziato a lavorare alla manifestazione già lo scorso maggio. Sono state settimane intense, fatte di lavoro in palestra e poco altro. Vive­va­mo ancora in una bolla, per cui, non potendo uscire per svagarci, abbiamo avuto mo­do di forgiare un gruppo uni­co, giunto all’appuntamento con grande convinzione nei propri mezzi».

Un gruppo che ha poi trionfato con grandi prestazioni…
«È stato un percorso in crescendo. Nelle prime due fasi, abbiamo superato avversari alla nostra portata, mentre in semifinale abbiamo patito un po’ la pressione dell’essere fa­voriti, ma siamo comunque riusciti ad avere la meglio sul­la Polonia. In finale, poi, contro la Russia è stato tutto perfetto».

Ha dormito la notte prima dell’ultimo atto?
«Pochissimo, penso non più di tre ore. Non riuscivo a dormire per due ragioni tra loro quasi contrastanti. Da un lato, ovviamente per la tensione e per il timore di sbagliare l’approccio alla partita. Dall’altro, invece, per il di­spiacere: con quell’ultima ga­ra, infatti, si chiudeva una fa­vola lunga cinque mesi, fatta di tanti allenamenti e soprattutto tante serate in­sieme in hotel, con dei compagni unici».

Che effetto le ha fatto essere stato eletto miglior centrale della manifestazione?
«Sicuramente positivo, ma sono cresciuto con un valore preciso: quello secondo cui il gruppo viene prima di tutto. Nessuno di noi aveva come obiettivo quello di essere il migliore, bensì quello di rendere migliore la squadra. Ovviamente, poi, con la crescita del gruppo sono arrivati anche i riconoscimenti individuali. E comunque, tengo a precisarlo, quello di centrale in realtà non è il mio ruolo… (ride, nda)».

In che senso?
«Nel senso che, ormai da due anni, io sono diventato un laterale d’attacco e mi sento tale. Con l’Under 21, però, c’era necessità di avere un centrale: sono stato convocato e, ovviamente, non avrei mai detto di no alla chiamata azzurra. La scelta di venire a Mondovì nasce anche dalla volontà di continuare a giocare come laterale».

E come si sta trovando?
«Molto bene. Conoscevo già alcuni dei miei attuali compagni e sono stati loro a consigliarmi di venire qui. A Mon­dovì si respira un ottimo ambiente: c’è voglia di pallavolo, come dimostrato dall’affetto del pubblico, ma senza avere una pressione eccessiva. L’obiettivo di squadra è quello di centrare una salvezza “tranquilla”».

Ha già visitato la città?
«Non troppo ancora, perché, complice l’impegno in Na­zionale, non ho ancora avuto molto tempo. Rispetto al Sud da cui provengo, però, qui è tutto diverso. La gente è forse più “fredda”, ma è anche più rispettosa e discreta. E poi c’è un gusto per il pulito e per l’ordine davvero invidiabile».

Che cosa rappresenta questa nuova tappa?
«Spero possa essere una tappa verso qualcosa di ancora più grande. Non ho un obiettivo preciso, se non arrivare il più in alto possibile».

Per farlo, si ispira a qualcuno in particolare?
«Il mio idolo pallavolistico è Lorenzo Bernardi, ma tendo a non ispirarmi a un unico atleta, cercando piuttosto di trarre il meglio da ciascun campione: l’aggressività del polacco Kubiak, ma anche il carattere di Muhammad Ali, la mentalità di Michael Jordan, la calma di Roger Federer…».