Home Articoli Rivista Idea L’opinione di David Card, Joshua D. Angrist, Guido W. Imbens

L’opinione di David Card, Joshua D. Angrist, Guido W. Imbens

«Gli esperimenti empirici hanno dimostrato che l’aumento dello stipendio minimo non porta necessariamente, come conseguenza, a una riduzione dei posti di lavoro»

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IL FATTO
Si discute da tempo della necessità di introdurre il salario minimo: è una misura applicabile nel nostro sistema ed è realmente in grado di portare benefici per tutti?

Tre Nobel per l’Eco­nomia. I riconoscimenti sono stati assegnati a David Card, Jo­shua D. Angrist e Guido W. Imbens. Il primo ricercatore è stato scelto per i contributi empirici sull’eco­nomia del lavoro, gli altri due invece per i contributi metodologici all’analisi del­­­­­­le relazioni casuali.
In pratica, tutti e tre hanno dimostrato l’efficacia di de­terminati esperimenti, ba­sa­ti su causa-effetto, per ri­spondere ad alcuni im­portanti quesiti sul sistema economico attuale.
Il canadese Card, in particolare, ha smontato una radicata convinzione se­con­do cui l’aumento del salario minimo per legge rischierebbe di ridurre l’occupazione e quella in base alla quale l’afflusso di im­migrati farebbe calare gli stipendi dei “nativi” a bas­sa specializzazione. Sem­brano acquisizioni im­por­tanti per superare le per­plessità diffuse e arrivare a far entrare nell’uso co­mune concetti sempre più condivisi.
Il salario mi­nimo, sempre se ben calibrato con la realtà economica che ci circonda, può rappresentare un pun­to di svolta fondamentale per provare a superare le enormi difficoltà in cui si dibatte gran parte della popolazione mondiale, spe­cial­mente in quelle economie legate al modello capitalistico fin qui accettato come il migliore dei contesti possibili.
Gli scienziati premiati con il Nobel dell’Economia hanno portato un contributo importante in questo senso. Hanno almeno di­mostrato che rispondere alle domande in ogni caso è possibile grazie al­l’uti­lizzo degli esperimenti na­turali. David Card, come si diceva, ha spiegato in termini concreti che «l’aumento del salario mi­nimo non porta necessariamente a un mi­nor numero di posti di lavoro». E non solo, grazie alle ricerche ora sappiamo che «i redditi delle persone nate in un paese possono beneficiare di nuova immigrazione, men­tre le persone immigrate in precedenza rischiano di essere influenzate negativamente. Ci siamo anche resi conto che le risorse di­sponibili nelle scuole sono molto più importanti per il futuro successo degli studenti nel mercato del lavoro di quanto si pensasse in precedenza».
Possono sembrare considerazioni ovvie, ma in realtà i dati di un esperimento naturale so­no difficili da in­ter­pretare. Per esempio: «L’e­sten­sione per un anno dell’obbligo scolastico per un gruppo di studenti, mentre per un altro no, non avrà lo stesso effetto su tutti i membri di quel gruppo». Ci sono variabili da considerare. Però, sul salario minimo possiamo finalmente essere tutti d’accordo: non può che portare effetti positivi per tutti, con ricadute preziose sull’intero sistema economico. Ora lo dicono anche gli esperti. Anzi, i premi Nobel.