C’è un’energia roerina che aiuta la Bolivia

Nel recente incontro del Rotary Canale-Roero si è parlato della missione di padre Serafino Chiesa

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Il Rotary Club Canale-Roero ha un tratto in comune con la Bolivia: si tratta della storia di padre Serafino Chiesa, originario di Santo Stefano Roero, noto proprio per il suo impegno nella missione boliviana di Kami. Il missionario è stato al centro della conviviale ro­tariana tenutasi presso la Lo­canda in Cannubi, a Ba­ro­lo, grazie al racconto portato dal dottor Giuseppe Ga­leasso, pneumologo e allergologo, in prima linea nella battaglia dell’Asl Cn2 contro il Covid, che nell’occasione, su invito del presidente Enrico Con­ter­no e della socia Gio­vanna Mar­giaria, ha parlato proprio di padre Serafino. Avvincente la sua narrazione, ma soprattutto utile per comprendere le ragioni di un sacerdote che quasi quattro decenni fa, pur con in pugno una carriera da insegnante nella scuola sa­le­siana di To­rino, decise di accettare una sfida coraggiosa, tra le Ande, «in un Paese in cui le assemblee di sciopero possono durare anche oltre un anno e dove basta circolare con una macchina sospetta per ri­schiare il linciaggio», ha spiegato Galeasso, aggiungendo che la Bolivia regge la propria (povera) economia «sul prestito di energie dal Ve­ne­zuela e su “complicate” risorse minerarie». Il tungsteno, in particolare, che viaggia parallelo ai binari della guerra. «Ci fanno gli involucri dei proiettili, le corazze dei carri armati e, ogni volta che nel mon­do scoppia un conflitto, il suo prezzo schizza alle stelle così come la corporazione dei “campesinos” minatori sale sulle alture. Si può guadagnare molto dal tungsteno: fino a 1.500 dollari al mese, sufficienti in Bolivia per vivere senza lavorare per molto tempo. Ma si può anche morire nell’inseguire questo filone». Padre Serafino Chiesa è arrivato in quel contesto oltre 35 anni fa: all’inizio operava in un’area di 900mila metri qua­drati, muovendosi prima con una mo­to e poi su quattro ruote, dopo aver costruito le strade grazie al caterpillar acquistato con un assegno “pio­vuto dal cielo”. Il sacerdote roerino alimenta la sua opera ancora oggi. «La comunità conta circa 50 dipendenti, ma anche un ospedale, una scuola capace di liberare tanti giovani dalla schiavitù dell’analfabetismo». E, ancora, una fattoria, laboratori artigianali, negozi, una radio (dedicata a don Bosco). Ma, soprattutto, la ricerca di una capacità di autosufficienza che passa per l’energia idroelettrica, a partire dalla prima centrale di Quehata, costruita da un gruppo di componenti trovati in un hangar e destinati alla demolizione. Miraco­losamente salvati e portati in Bolivia, laggiù hanno trovato una nuova vita: e di vita ne hanno portata tanta. Da lì si è passati a un secondo e, poi, a un terzo “salto”: con la creazione della galleria del Chi­cote Chico, in un moto fatto di fede, tenacia e dinamite «che è poi l’ideale kit del missionario», come ha osservato scherzosamente Galeasso. Energia “vera” e “buona” da essere venduta allo Stato boliviano per far sì che il villaggio di Kami possa avere un qualcosa di molto vicino all’eternità. Un sogno che sta diventando realtà in quei luoghi: un obiettivo nato dalla spinta di padre Serafino, roerino Doc, capace di innescare un meccanismo di speranza sia a Kami sia nella propria terra d’origine.