«Devi indossare le scarpe della persona di cui stai raccontando, anche se ti stanno scomode»

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Dopo l’autobiografia di Roberto Pal­pacelli, tennista dal ta­lento notevole e in ampia misura inespresso (opera che è piaciuta mol­to anche in casa Piatti, tanto da indurli ad affidare all’albese il libro su Ric­cardo) Ferrero ha scritto, insieme al diretto interessato, “Il mio tennis”. Un compito mai banale raccontare la vita di un altro, perché essere coautore si­gnifica: «togliere i propri schemi men­tali mentre si scrive. Se racconti un altro filtrandolo con il tuo giudizio e il tuo modo di vedere le cose», precisa Fer­rero, «rischi di scrivere sempre lo stes­so libro su personaggi di­versi. L’obiettivo è di non snaturare il racconto, rendendolo comunque leg­gibile e provando a capire una per­sona che ha un modo di pensare diverso dal tuo. Quando Riccardo mi diceva di essere “monopensiero” pen­savo fos­­se un’esagerazione, in­vece è letteralmente così: lui si di­mentica di salutare chi incontra perché immerso nel tennis. Dopo una giornata di allenamenti con la Sha­rapova e Sinner a Bor­di­ghera è capace di invitarti ad andare a San­remo per un torneo in cui gioca un seconda categoria e un giovane del circolo». Su Sinner (nella foto sopra con Piatti e Fiorello, presso i campi di allenamento), il più quotato tra i tennisti seguiti da Piatti e a cui è dedicato un capitolo del libro, il telecronista di Eurosport commenta: «Nonostante la differenza d’età, Ric­cardo e Jannik parlano la stessa lingua». Sulle Nitto Atp Finals, riservate ai migliori otto al mondo e per le quali il ventenne altoatesino è ancora in cor­sa, Ferrero chiosa: «Non so se si qualificherà, ma se dovesse giocare a To­rino, non mi stupirei se facesse molto bene».