Una stagione del “tuber magnatum pico” nel segno di “Generazione T”: un percorso espositivo che, da qui e sino al mese di gennaio (ossia, la stagione d’eccellenza per il tartufo roerino), troverà spazio nel capoluogo di Montà.
22 grandi pannelli murali, accompagnati da quella “T” che ha un qualcosa tra la sacralità e il solenne profano del mondo dei trifolau: proprio nel paese che si pone come capofila, riconosciuto e autorevole, di tutto ciò che riguarda questo mondo fatto di cercatori, di notti nei boschi, di cani leggendari, di luci nel buio, di segreti. “Oro bianco”: come il tartufo bianco d’Alba, come prosieguo e corollario del Muded, ossia il Museo diffuso del Tartufo, per il quale Montà sta lavorando alacremente con la Città di Alba.
E’ una mostra diffusa, questa “Generazione T”: la quale offre un quadro articolato e accattivante della pluralità di riferimenti al tartufo che si possono trovare nella cittadina. I pannelli vengono collocati sull’asse centrale, da Piazza Vittorio Veneto (già da tempo identificata come sede semi-ipogea del polo museale: davvero, nelle viscere del paese) sino al centro storico. Vuole documentare il secolare, profondo rapporto che lega Montà al tartufo bianco d’Alba: e gode di una regia artistica illustre quanto radicata nel paese.
Ci sarà di tutto, agli occhi e ai sensi dei visitatori: dallee figure mitiche che segnano ancora oggi l’immaginario popolare della comunità, ovvero i più importanti e riconosciuti trifolao della seconda metà del ‘900. Ma anche le famiglie con cercatori da almeno tre generazioni: e, infine, le più svariate, e anche curiose, attestazioni documentali. Come dire: volti che qui hanno il cuore e le mani, ma anche le “carte” in grado di dimostrare come il tartufo sia di casa, qui, da tempi ben remoti.
Ci sono infatti i riferimenti di Goffredo Casalis nel nel suo celebre “Dizionario sulle caratteristiche più significative dei borghi dello Stato Sabaudo”, sino alle poesie del poeta locale Carlo Cocito (a proposito: quanto manca, e quanto tornerà, il premio letterario nazionale a lui dedicato!) ma anche i rigori scientifici portati dagli studi effettuati nelle rocche dal Cnr negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso.
Ma la leggenda autentica passa anche per il “pop”, nella sua accezione più piena: ed ecco allora comparire anche le prime insegne di rivendita di tartufi, i tanti premi puntualmente vinti alla “Fiera di Alba” dei tempi eroici, le tante iniziative di promozione che hanno visto i trifolao montatesi protagonisti: dalla partecipazione alla trasmissione cult della Rai “Portobello”, alle “cerche” in America, alle manifestazioni locali.
Enzo Tortora e la famiglia Savoia, la grande letteratura e l’arte visiva, la tradizione, i misteri, ma anche la visibilità più piena: tra le strade, le piazze e i portici di una Montà che è sempre più superiore ad una ideale somma delle parti, profumata di luci e di tartufo.
«Un racconto a tutto tondo e finalmente senza più ritrosie: che non rifugge l’accenno agli screzi e ai rancori tra trifolao in merito a posti e percorsi della cerca come ai deterrenti, anche drastici, utilizzati dai proprietari dei boschi per impedirla; dove i riferimenti al tartufo compaiono addirittura negli epitaffi. Segnali inconfutabili di come il tartufo affondi nelle dinamiche più profonde della vita di questo paese; costituisca tanta parte del patrimonio culturale immateriale della comunità di Montà», secondo la lezione dei suoi autori.
Paolo Destefanis