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«Donne, non arrendetevi siamo noi il cambiamento»

Abbiamo intervistato la senatrice Licia Ronzulli a margine della sua visita nelle Langhe: «Ora capisco perché tanti turisti amino questa terra»

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Poche settimane fa, l’ab­biamo vista al fian­co di Silvio Ber­lu­sconi, a Bru­­­­­­xel­les, durante il summit del Partito Popolare Europeo. Qua­si quotidianamente è interpellata dalle tv per fare il punto sulle “mos­se” di Forza Italia, di cui è una delle principali esponenti. La se­na­trice Licia Ronzulli, di re­cente, è stata anche nel Cu­neese, visitando, insieme al pre­­sidente del Piemonte Al­berto Cirio, la Fiera In­terna­zio­nale del Tar­tufo Bian­co d’Al­ba. Noi della Ri­vista IDEA l’abbiamo intervistata.

Senatrice Ronzulli, partiamo dalle Langhe. Impressioni?

«Sono rimasta affascinata dall’atmosfera che si percepisce immediatamente una volta immersi tra queste colline che a pieno titolo l’Unesco ha riconosciuto come patrimonio dell’umanità. Per chi arriva dalla frenesia di metropoli come Roma o Milano il ritmo “slow” delle Langhe ha un impatto rigenerante straordinario e capisco perché tanti turisti amino questa terra. Senza parlare dei vostri grandi vini, della cucina e dell’ospitalità».

Qual è la percezione a Roma del “modello cuneese”?
«Siete un esempio virtuoso di “saper fare”, ma anche di “voglia di fare”. Si percepisce in modo chiaro la determinazione di chi arriva da questo territorio. L’energia e la passione con cui il presidente Cirio, ma anche i Sindaci e i Parlamentari, al di là degli schieramenti politici, portano a Roma la voce del Piemonte sono note a tutti. Ma è ancor prima la storia del nostro Paese che, ad ogni livello, ha radici importanti in questa provincia. Einaudi, Pavese, Ferrero. Sono solo alcuni dei nomi per i quali l’Italia non può che guardare alla vostra terra come un modello».

Lei è nata a Milano, ma ha origini baresi. Il provvedimento che, a suo avviso, può risultare strategico per ridurre i divari tra Nord e Sud?
«Di certo il Pnrr, oltre che un’opportunità irripetibile per l’Italia, costituisce un’occasione unica per il Mezzo­giorno. Tanto più che, grazie al grande lavoro di Forza Italia e del ministro Carfagna, il 40% delle risorse territorializzabili del piano saranno destinate proprio al Sud Italia. La vera sfida adesso è quella di investire queste risorse per realizzare infrastrutture, per una digitalizzazione quanto più possibile capillare, per il rilancio di un settore strategico come quello turistico e per risolvere problemi atavici, come per esempio quello della gestione dei rifiuti. Spendere bene questi soldi è la migliore chance degli ultimi decenni per superare il gap tra il Nord e il Sud del Paese».

La linea tracciata dal premier Draghi per combattere il virus è giusta?
«Vaccini e green pass sono gli strumenti per uscire dall’emergenza sanitaria e superare quella economica alimentando la ripartenza. For­se ci sarebbe voluto un po’ di coraggio in più, spingendosi fino all’introduzione dell’obbligo vaccinale. Non c’è dubbio, però, che gli strumenti messi in campo stiano dando risultati importanti, come con­fermano i dati epidemiologici e l’andamento dei contagi, soprattutto se paragonati alla situazione dello scorso anno in questo stesso periodo. Basti pensare a cosa sta accadendo appena oltre i nostri confini, in Austria o in Germania, dove una campagna di immunizzazione me­no efficace ha portato a optare per una sorta di lockdown per i soli non vaccinati».

A proposito di obbligo vaccinale, per le posizioni assunte, lei ha ricevuto gravi mi­nacce. Perché c’è ancora scetticismo attorno alla vaccinazione?
«C’è una parte di indecisi che hanno dei dubbi e devono essere bene informati e convinti a vaccinarsi, ma c’è anche una percentuale di italiani che per fanatismo e spesso anche per ignoranza costituiscono, purtroppo, uno zoccolo duro difficile da scalfire. Dal canto mio, non mi farò certamente intimidire dalle minacce ricevute che non fermeranno la mia battaglia, perché credo fermamente nella scienza, nella medicina e, quindi, nei vaccini».

Da profonda conoscitrice del mondo sanitario, qual è la lezione che dobbiamo trarre dal Covid?
«La pandemia ci ha fatto comprendere l’importanza di in­vestire nella sanità a tutti i li­velli, non solo nei grandi o­spedali, ma anche nelle cure domiciliari e nella medicina territoriale, che devono essere as­solutamente potenziate. Ab­biamo visto come il virus ab­bia bloccato la regolare attività delle nostre strutture sa­nitarie, causando il rinvio di più di 400mila interventi chirurgici e di un’infinità di esa­mi e test diagnostici nel solo 2020. Si tratta di un effetto indiretto del virus che ha fatto emergere una fragilità che va a tutti i costi superata».

Si occupa di salute delle persone anche come volontaria. Cosa le trasmettono i tanti bambini, con gravi problemi fisici e ambientali, che incontra ogni anno nelle sue missioni in Bangladesh?

«Ogni viaggio è come il pri­mo, non ci si abitua mai a certe emozioni. Toccare con mano realtà come quelle è qualcosa che lascia il segno, che fortifica la consapevolezza di dover fare sempre di più per quei bambini. Inoltre, è un’esperienza che arricchisce tantissimo dal punto di vista umano, aiuta ad afferrare an­che il più recondito significato che si cela dietro un sorriso o una smorfia».

Non crede che durante la pandemia ci si sia dimenticati delle giovani generazioni?

«Bambini e ragazzi, tra lockdown, didattica a distanza e le altre limitazioni, hanno pagato un prezzo salatissimo durante la pandemia. Con la chiusura delle scuole hanno pagato non solo in termini di competenze perse, ma anche di mancata socialità. Per questo, adesso la priorità è garantire la scuola in presenza e, quindi, la sicurezza sanitaria degli istituti. La scuola vera non è quella dietro a un pc, ma in classe con gli insegnanti e i compagni».

Al centro della sua agenda, da sempre, ci sono anche i diritti delle donne. Donne che, durante l’emergenza sanitaria, hanno spesso dovuto sob­barcarsi sulle spalle l’intero peso della gestione familiare. Vuole inviare loro un messaggio?

«Le donne e le mamme in particolar modo sono state delle vere e proprie eroine. L’emer­genza Covid ha messo in luce quanto ancora ci sia da lavorare per un’equa distribuzione dei carichi familiari e, per quanto riguarda la cura dei figli, per passare dall’idea di maternità a quella di genitorialità. Alle donne dico di non arrendersi, di trarre il meglio anche da un’esperienza devastante come questa pandemia, di sfruttare i tanti nodi venuti al pettine per imprimere un cambiamento vero che deve essere innanzitutto culturale».

Tornando alla politica… di palazzo, quale futuro vede per Forza Italia e il centrodestra?
«Forza Italia, con i suoi valori, il suo essere un partito autenticamente liberale, riformista, europeista e garantista, con la sua capacità di intercettare il voto moderato, è un tassello indispensabile per un centrodestra che è al lavoro per vincere le prossime elezioni e go­vernare bene. La nostra coa­lizione è unita e, soprattutto, ha una visione di Paese comune, una prospettiva di lungo periodo con idee chiare di ciò che serve all’Italia».

Cosa c’è, invece, nel futuro, politico e familiare, di Licia Ronzulli?
«C’è certamente un impegno forte su entrambi i fronti. La politica per me è una passione enorme che mi prende tantissimo sia in termini di tempo che di lavoro. Ma su tutto c’è l’amore per mia figlia Vittoria, a cui è rivolta incessantemente tutta la mia attenzione. Essere mam­ma è un lavoro molto duro, ma anche il più bello del mondo, non si smette mai di essere ge­nitori ed è una cosa che riempie davvero la vita».