“Kinderszenen” di Robert Schumann aveva tenuto a battesimo la prima edizione del Festival dei Giovani Musicisti Europei a Mondovì, nel 2016, e lo stesso brano ha concluso l’edizione di quest’anno. Una chiusura del cerchio tanto più significativa, perché arriva nella stagione della rinascita musicale dopo l’incubo della pandemia del Covid 19. In luogo del pianoforte, strumento per cui le scene infantili tratteggiate da Schumann sono state composte, sono stati gli archi, questa volta, a materializzare la musica del grande romantico tedesco.
A suonarla, i ragazzi del Quartetto Eliot, ovvero Maryana Osipova (violino), Alexander Sachs (violino), Dmitry Hahalin (viola), Michael Preuß (violoncello). I quattro musicisti, considerati tra le formazioni cameristiche più promettenti della loro generazione, hanno proposto a Mondovì un programma all’insegna della semplicità. Questo è il filo conduttore che accomuna le opere eseguite, con l’intermezzo più vivace e virtuosistico della “Serenata Italiana” di Hugo Wolf, classico del quartetto d’archi.
Se in questo brano i musicisti hanno potuto dare al pubblico un saggio di bravura strumentale, con una partitura spumeggiante e perfetta per mettere alla prova l’affiatamento e le qualità tecniche degli esecutori, la sfida nelle “Kinderszenen” schumanniane e nel sedicesimo Quartetto di Beethoven è tutta interpretativa. Brani che non presentano tratti particolarmente esuberanti, ma da eseguire con estrema attenzione, per poter rendere al pubblico la profondità della musica.
Sia nei tredici bozzetti infantili messi in musica da Schumann ed eseguiti uno dopo l’altro, in un continuo cambio di panorami; sia nei quattro movimenti dell’ultimo quartetto scritto in vita da Beethoven, è necessario per gli strumentisti avere la mano ben collegata al cuore e al cervello. Per evocare ricordi e suggestioni, nel primo caso, per trasmettere il senso cristallino e limpido di una partitura che ha il suo messaggio più profondo proprio nella semplicità e nella razionalità del materiale.
L’ultimo Beethoven, come nella Missa Solemnis o nella Nona Sinfonia, sembra aver raggiunto una consapevolezza piena della propria ricerca musicale, e una pace contemplativa pervade le sue ultime opere. Dopo le arditezze della “Grande Fuga”, Beethoven dimostra tutta la sua abilità compositiva proprio con un Quartetto (da sempre la forma che rappresenta il più puro banco di prova per il compositore), in cui è bandita ogni esuberanza, ogni virtuosismo fine a sé stesso. Una pura logica guida il gioco della partitura, nei suoi echi, nei suoi giochi di chiamate e risposte e nel formidabile senso ritmico che da sempre è uno dei tratti distintivi del genio di Bonn. Tutte caratteristiche rese alla perfezione dai quattro musicisti. Applauditi a lungo, hanno regalato ai presenti il gradito bis dei crepuscolari “Crisantemi” di Giacomo Puccini.
Lüdemann: «Un’edizione difficile ma importante. Lascio la direzione artistica ma il festival continuerà»
«È stata un’edizione difficile, dura, per noi organizzatori, sia per le restrizioni legate al Covid 19 che ci hanno complicato tantissimo la vita, sia dal punto di vista del reperimento delle risorse per questa ripartenza. Eppure ce l’abbiamo fatta e anche quest’anno abbiamo proposto quattro matinée di straordinaria qualità musicale – è il bilancio conclusivo del direttore artistico, Lutz Lüdemann –. L’apertura con Sophie Pacini, il concerto dei giovani Piemontesi, le voci di Osimo e il Quartetto Eliot, tutti concerti di grandissimo valore, i musicisti hanno dimostrato il loro livello, e il pubblico ha risposto, riempiendo la sala in ogni appuntamento. Anche nell’ultimo concerto, con il Quartetto, tutti i posti disponibili sono stati occupati.
Questa è una grande soddisfazione sia per me che per mia moglie Maria Grazia e Maria Luisa Milanese, da sempre al mio fianco nell’organizzazione di questa kermesse. Le ringrazio per lo straordinario lavoro fatto insieme. In più, la formula scelta dalla pianista Pacini, con il concerto commentato puntualmente dall’interprete, rappresenta una risorsa da approfondire in futuro, per chi mi succederà. È il momento di annunciare la mia intenzione di passare la mano. Il festival continuerà, ma non sarò io a proseguire. È in corso un dialogo con l’Academia Montis Regalis e con il Comune di Mondovì affinché questa manifestazione, che è diventata una bella tradizione monregalese, continui a portare in città le giovani eccellenze europee».
c.s.