Il magistrato Gian Carlo Caselli non ha mai fatto mistero di essere un grande tifoso granata: «Seguo il calcio in televisione e, quando posso, anche allo stadio. Qualcuno dice che sono un “esagitato”, ma si tratta di un sosia (nessuno ci crede…)». Nella sua vita c’è anche la musica, soprattutto sinfonica e lirica: «Ma non si parla di suonare: non sono mai riuscito a imparare nemmeno l’armonica a bocca». Si definisce un divoratore di libri classici e moderni: «I miei preferiti sono “La montagna incantata” di Thomas Mann e quello che potremmo definire il suo sequel, anch’esso ambientato in un sanatorio, che sto leggendo in questi giorni, Gesualdo Bufalino con “La diceria dell’untore”. Poi Ian McEwan, Philip Roth e Andrea Camilleri, che mi ha onorato con la sua amicizia fin da quando, con intelligente ironia, ha detto pubblicamente che il mio arrivo a Palermo come procuratore era il primo risarcimento dei Savoia alla Sicilia dopo l’unificazione del Paese: una battuta che mi ha sempre divertito e inorgoglito». A camminare in montagna e a fare sci di fondo, spiega, ci andava volentieri, così come al cinema. Ma non si può fare vivendo sotto scorta. «Quando ero a Palermo erano in dodici e scherzavo dicendo che era impossibile mettersi d’accordo in tanti su un film: c’è chi lo ha già visto, chi non apprezza il genere, un attore o un’attrice. Così difficile che alla fine si rinuncia ad andare al cinema. Alla scorta sono molto riconoscente, perché ti complica la vita ma te la salva e a me l’ha salvata tantissime volte». Da quando ce l’ha? «Dal sequestro del sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale di Genova Mario Sossi: era il 1974. Una vita, un’infinità di anni».