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«Vaccino necessario con la terza dose saremo più forti»

Il ricercatore Fabrizio Pregliasco fa il punto sulla pandemia e sugli effetti delle varianti

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Super green pass e ter­za dose di vaccino ba­steranno per di­sin­ne­scare le mi­nacce de­ter­minate dal Covid, compresa l’ul­­tima arrivata, la variante “afri­cana”? Lo abbiamo chiesto a Fabrizio Ernesto Pre­glia­sco, direttore sanitario del­l’Isti­tuto di Ricovero e Cura a Ca­rattere Scientifico Galeazzi di Milano e ricercatore di grande esperienza, oltre che professore associato di Igiene Ge­nerale e Applicata presso la sezione di Virologia del dipartimento di Scienze Bio­me­diche per la Salute del­l’Uni­versità degli Studi di Milano.

Pregliasco, come legge l’incremento di casi che si sta registrando in questi giorni?

«Stiamo assistendo alla fase iniziale di un “fisiologico” colpo di coda del Covid. Con i lockdown e le vaccinazioni il virus era stato frenato, ma con le riaperture, certamente necessarie, si sono inevitabilmente crea­te maggiori occasioni di contatto e, quindi, di infezione, anche alla luce del fatto che, nel tempo, diminuisce la protezione immunitaria assicurata dai vaccini. A ciò ora si aggiungono pure le condizioni climatiche svantaggiose, con il freddo e la conseguente tendenza a fre­quentare maggiormente luo­­ghi chiusi che favoriscono la circolazione del virus. Quin­di, è appunto fisiologico che i casi siano in aumento…».

La fotografia europea?
«Ciascun paese si è mosso so­stanzialmente sulla base di stra­tegie “artigianali”, cercando di bilanciare le necessità sa­nitarie con quelle econo­miche. L’Inghilterra, ad esempio, ha puntato tutto sui va­ccini, tollerando pure un’on­­­data di contagi parecchio pesante, con molti morti. Gli italiani si sono vaccinati in maniera piuttosto si­gni­ficati­va, tanto che l’Italia è la terza nazione in Europa dopo Por­togallo e Spagna: è stato uti­le. E poi è stato pure introdotto il green pass…».

E ora, aggiungiamo, arriverà anche il super green pass… Che cosa ne pensa?
«Si tratta di una gestione di “compromesso”, una mediazione politica che, di fatto, si basa sul timore di dover introdurre nuovi lockdown, i quali sarebbero de­va­stanti, specie per la stagione turistica invernale. In so­stanza, si è deciso di agire in una fase relativamente tranquilla, per evitare di dover ri­correre ad azioni d’urgenza. Sicuramente qualcuno si arrabbierà ma, ripeto, è una mediazione. Speriamo che questa ulteriore misura sia sufficiente a mitigare l’ondata, anche se chiaramente non risolverà del tutto il colpo di coda in atto».

Chi era contro il vaccino però pare non voler cambiare idea…
«Chi è contrario sostiene che il vaccino non serva a nulla; in realtà, come dimostrano i dati, grazie alla vaccinazione i casi gravi sono decisamente diminuiti. In particolare, il vaccino gioca un ruolo fondamentale nell’impedire che l’infezione si sviluppi in malattia. Con il green pass e il super green pass, si concede maggiore libertà ai vaccinati e ai guariti proprio perché han­no meno possibilità di contrarre la malattia e di essere contagiosi».

Come spiega la riduzione del grado di immunizzazione ga­rantito dai vaccini con il pas­sare del tempo?

«In questo senso, incidono pa­recchio le varianti di Covid che si sono diffuse e si stanno diffondendo, in particolare la “Del­ta”. Ma è una si­tua­zione che ci immaginavamo. È infatti una caratteristica dei coronavirus quella di mutare al va­riare del contesto nel quale si trovano a vivere. Prendiamo il caso dei coronavirus che provocano i raf­­freddori o le in­fluenze comuni: gli anticorpi che si sviluppano dopo aver contratto queste malattie non durano tutta la vita. Anche per quanto concerne il Covid-19 non è sufficiente essere guariti o vac­cinati per considerarsi immuni a vita, come avviene invece con le malattie infettive come il morbillo. Non è un caso che l’1% dei malati di Covid, poi guariti, della pri­ma ora si sia reinfettato. Le ri­ca­dute sono possibili ma il vaccino, come dicevo, rende ge­ne­ralmente di molto inferiori le conseguenze, così come fanno gli anticorpi sviluppati naturalmente dopo aver contratto la malattia, che sono ancora più “robusti”».

In che misura si riduce la carica immunizzante?
«Dopo sei mesi, la protezione degli anticorpi prodotti con i vac­cini cala ma resta comunque valida, raggiungendo, a seconda dei casi, un valore compreso tra l’80 e il 55%. L’a­spetto particolarmente positivo è che resta comunque alta, vi­cino al­l’80%, la resistenza agli effetti più gravi della malattia. Senza la variante “Delta” e la nuova ondata probabilmente sarebbe stata sufficiente la se­conda dose, prevedendo magari una terza somministrazione l’anno prossimo, solo per i soggetti più a rischio. In­vece, si è preferito cercare di innalzare complessivamente le difese im­­munitarie e, di conseguenza, ridurre i rischi di infezione».

Per la terza somministrazione è sufficiente mezza dose di vaccino?

«Solo se viene inoculato il  Moderna: studi specifici hanno infatti dimostrato che mezza do­se di questo vaccino, in caso si tratti di terza somministrazione, è sufficiente per garantire la ri­sposta necessaria».

Oggi, in Italia, vengono inoculati i vaccini Pfizer e Mo­derna. Ciò può costituire un rischio per chi aveva ricevuto, in una somministrazione precedente, un vaccino completamente differente, come il Johnson&Johnson?

«No, anzi. La vaccinazione eterologa sembra assicurare risultati addirittura migliori perché stimola la produzione di anticorpi in modi differenti».

In generale, cosa dobbiamo aspettarci dalla terza somministrazione di vaccino?
«Dai primi risultati registrati pare che la terza somministrazione sia in grado di colmare il gap di immunizzazione che si genera con il passare del tempo e addirittura di andare oltre. Ciò ci fa ben sperare cir­ca la possibilità di assicurare una protezione prolungata nel tempo».