I conti della Regione Piemonte hanno retto all’onda d’urto del coronavirus? Lo abbiamo chiesto all’assessore regionale al Bilancio Andrea Tronzano.
Assessore, a livello finanziario, come avete fronteggiato l’emergenza Covid?
«Con diverse iniziative, volte a rispondere tempestivamente alle pesanti conseguenze determinate dai lockdown. In prima battuta, abbiamo provveduto a iniettare liquidità: 130 milioni di euro messi a disposizione delle imprese, in particolar modo di quelle artigiane e dei negozi. Una cifra molto significativa per le finanze regionali che, nel giro di tre giorni, è stata trasferita sui conti correnti di tutte le realtà che ne avevano diritto. In parallelo, abbiamo agito attraverso il credito, destinando risorse al pagamento degli interessi relativi ai mutui contratti dalle aziende con gli istituti bancari. Inoltre, sono stati impiegati 80 milioni di euro del Fondo Unico per sostenere le realtà imprenditoriali impegnate in percorsi di sviluppo e ampliamento».
A livello di gestione del bilancio, come avete agito?
«La priorità è stata quella di “tenere i conti in ordine”. La Regione Piemonte ha un deficit “monstre”, che si attesta a 6,5 miliardi di euro, ed è pertanto necessario attuare una gestione oculata in modo da non gravare le nuove generazioni di ulteriori pesi fiscali. Peraltro, su un bilancio di 13 miliardi di euro, 8-10 miliardi sono destinati alla sanità, mentre solo 3-5 miliardi sono utilizzabili per le altre spese. Considerando poi che ogni anno paghiamo una “rata”, relativa ai debiti pregressi, di circa un miliardo, si capisce facilmente come il bilancio sia piuttosto “ingessato” e, di conseguenza, le possibilità di spesa limitate. Ora, se il Governo confermerà le misure specifiche che ha previsto, potremo avere qualche piccolo margine in più. Nulla di clamoroso, ma si tratta di economie comunque importanti».
E per gli investimenti?
«Abbiamo programmato la politica industriale piemontese del prossimo decennio attraverso il Documento Strategico Unitario, declinandolo poi nella cosiddetta “specializzazione intelligente”, nell’ambito della quale ha uno spazio significativo la “manifattura evoluta”. In questa partita impiegheremo i fondi provenienti dalla Programmazione Europea 2021-2027».
Le risorse del Pnrr come verranno impiegate?
«Sicuramente non per le iniziative già finanziate con i fondi della Programmazione Europea. Le linee di investimento sono stabilite: digitalizzazione, “green”, manifattura, competitività, sociale e sanità. Sono stati definiti alcuni progetti specifici e, contestualmente, abbiamo incontrato i singoli territori per raccogliere le rispettive istanze».
In concreto, quali effetti determineranno queste risorse?
«Se sapremo investire bene i fondi del Pnrr, il Pil del Piemonte potrà certamente incrementare sensibilmente e i posti di lavoro aumentare in maniera significativa».
Tra le sfide piemontesi del prossimo futuro c’è sicuramente la Città dell’Aerospazio. Perché credete così tanto in questo progetto?
«La Città dell’Aerospazio sarà utile per differenziare la produzione piemontese, alla stregua di ciò che potranno rappresentare i settori della manifattura di eccellenza, dei rifiuti e dell’energia. L’automotive resta certamente centrale, ma abbiamo il dovere di ampliare i nostri orizzonti. In quest’ottica, risulta particolarmente significativo il progetto di digitalizzazione presentato nei giorni scorsi da Intesa Sanpaolo, Google e Tim, la cui concretizzazione potrebbe portare alla creazione di addirittura 20-30 mila posti di lavoro».
Dove può arrivare il Piemonte puntando su un’iniziativa così ambiziosa?
«Questo progetto consentirà di unire in un unico spazio ricerca, didattica e impresa. E faremo il possibile affinché in questo contesto ci sia anche la produzione. Uno dei tanti aspetti positivi è che farà convergere le micro, le piccole e le medie imprese: è giusto che a tracciare le traiettorie di sviluppo siano le grandi aziende, ma non si può non tenere in considerazione le realtà più piccole, assolutamente essenziali nell’economia della nostra regione. Tutto ciò sarà accompagnato da un processo di digitalizzazione che è assolutamente indispensabile alla luce del fatto che la cultura digitale delle nostre piccole e medie imprese non sempre è al livello di quella di omologhe aziende estere. Quindi, occorre fare uno sforzo in questo ambito. Allo stesso modo occorre continuare a investire nella formazione: rientrano in questo discorso le academy, strumenti che consentiranno, nel medio periodo, di formare le figure professionali oggi mancanti. Solo mettendo in campo queste azioni le nostre aziende potranno continuare a essere competitive».