In arte Heldin. Egidio Russo ha poco più di quarant’anni e da circa trenta si chiama Heldin. Quando si dice la vocazione… Ne aveva dieci quando ha calcato le scene per la prima volta, catturando gli astanti con i suoi giochi di prestigio. Dopodiché non si è più fermato. Tra teatri, casinò, navi da crociera e studi televisivi, ha girato l’Europa, ma è all’Italia che è legato il suo debutto ufficiale, consacrato da Raffaella Carrà in “Carramba che sorpresa”. Seguirono a ruota le trasmissioni più gettonate e si dice che con le illusioni di Heldin salisse anche lo share. Tant’è che lo premiarono con il Leone d’Oro per la comunicazione attraverso la Magia, a Palazzo del Cinema di Venezia, in diretta Rai Uno. Inoltre la sua giovane e pur consumata perizia ha fatto sì che importanti produzioni si siano valse della sua consulenza artistica. E parliamo, per citarne solo due, di un “Rugantino” al Teatro Sistina e di “Una vedova allegra” al Teatro Brancaccio. Insomma, cose serie nei templi romani del migliore teatro di rivista e di operetta.
Ma, evidentemente, a Heldin non bastava. Heldin voleva stupire anche il Papa.
Fu così che si ritrovò davanti a Papa Francesco, o forse fu proprio Papa Francesco che si ritrovò Heldin di fronte.
Ci spieghi com’è andata.
«È avvenuto durante il discorso di fine anno. Il Vaticano aveva invitato sei artisti di diversa nazionalità, giocolieri, breakdancers, acrobati, clown, che si sarebbero esibiti in sala Nervi di fronte al Santo Padre e alla folla di fedeli. Quando toccò a me presi coraggio e mi diressi subito davanti al Papa sfiorando, se non proprio oltrepassando, la linea consentita, e cominciai il mio numero».
In cosa consisteva?
«Nel far levitare e volteggiare un tavolino magico coperto da una tovaglia rossa, come se fosse leggero come una piuma. Vidi che mi osservava meravigliato e sorpreso e capii che avrebbe potuto interagire».
E così fu.
«Mi avvicinai ancora e lo invitai a prendere i lembi della tovaglietta sopra il tavolino ed egli non esitò un attimo. Ci fu un’ovazione e io ebbi conferma del lato umile e sereno di una persona straordinaria».
E a parte i fedeli presenti, l’evento ebbe una grande eco mediatica.
«Eravamo in mondovisione e ne parlarono più di cinquanta testate internazionali. Papa Francesco “assistente del mago Heldin”. Incredibile».
Si è montato la testa?
«Ma no. Però l’idea di essere stato il primo mago di fronte al Papa mi fa felice. David Copperfield magari ci andrà, ma non sarà il primo (ride, nda)».
Cosa le è rimasto di quel momento?
«La consapevolezza di avere vissuto un’esperienza unica e il desiderio di aprire il cuore. Normalmente un illusionista vive nascosto dal mistero della propria magia, custodisce il segreto».
Invece lei ha scritto un libro dove svela al lettore i trucchi del mestiere.
«Ho voluto fare un regalo al lettore svelando venti trucchi che si possono fare con oggetti semplici che si hanno in casa. È un libro per le famiglie nel senso che spero invogli a trascorrere del tempo insieme».
Parliamone.
«Si intitola “Sorridere e giocare fa bene al cuore”. Sottotitolo: tutto quello che è avvenuto a 30 centimetri dal Papa. L’ho scritto con l’aiuto di Gian Mattia Bruno e la prefazione è di Michele Cucuzza che è parte importante della mia carriera artistica».
In che senso?
«Mi aveva invitato più volte a “Uno mattina” e quando l’ho cercato per chiedere la sua collaborazione non ha esitato».
L’esigenza di condensare in un libro questa esperienza com’è nata?
«Durante il lockdown, dopo avere fatto diverse apparizioni in tv senza però rivelarmi del tutto, ho avvertito il bisogno di aprire il mio cuore, di manifestare Egidio al di qua di Heldin».
È vero che parte del ricavato delle vendite andrà in beneficenza?
«Sì, al progetto “Scholas Occurrentes”, con il quale si è chiuso un cerchio. Il giorno di Natale infatti, durante il concerto trasmesso in tv, ho appreso di questo progetto, che nasce proprio da un sogno di papa Francesco quando era ancora arcivescovo di Buenos Aires, nel 2011, periodo di grande crisi politico-economica in Argentina».
In cosa consiste in particolare?
«È una fondazione nata sulla convinzione che ci si possa salvare solo con l’educazione, che si possa uscire dalla crisi partendo dai giovani, ricchi, poveri, poverissimi e di diverse religioni. L’intuizione dell’allora arcivescovo Bergoglio fu davvero importante perché partiva da una presa d’atto e di coscienza: quella che l’educazione delle scuole era lontana dalla vita, o almeno dalle vite di molti ragazzi che nella scuola non trovavano un senso. Quindi bisognava inventarsi un progetto per avvicinarle. Si doveva lavorare insieme, si doveva comunicare. Ora “Scholas Occurrentes” conta 400mila scuole nel mondo».
Tornando alla magia, cosa consiglia a un giovane che si voglia accostare al mestiere?
«Consiglio di crederci, di coltivare le passioni, di studiare. Ma soprattutto dico che non basta allenarsi e conoscere il trucco: bisogna saperlo presentare, suscitare emozioni, raccontare una storia, scegliere la musica giusta. Conoscere il trucco è una cosa, saperlo fare è una cosa in più, ma saperlo raccontare è tutto».
Articolo a cura di Alessandra Bernocco