Nuovi ospedali di Cuneo e Savigliano, case e presìdi ospedalieri di comunità, centrali operative territoriali, ammodernamento del parco tecnologico e adeguamenti antisismici. Come sta cambiando la sanità in provincia di Cuneo nell’epoca caratterizzata dalla pandemia da Covid? Lo abbiamo chiesto all’assessore regionale delegato alle questioni sanitarie, Luigi Genesio Icardi.
Assessore Icardi, in Regione (ma non solo) si sta discutendo molto sul programma per gli investimenti in edilizia sanitaria. In Granda, si guarda con particolare attenzione soprattutto al caso dei due nuovi ospedali “cuneesi”. Partiamo dal nuovo nosocomio di Savigliano, Saluzzo e Fossano. Cosa prevede la vostra programmazione?
«Il piano prevede la realizzazione di un nuovo ospedale come riferimento per il quadrante Nord-Ovest della provincia. Abbiamo riscontrato che adeguare alle norme antisismiche e di sicurezza i tre ospedali esistenti sarebbe costato molto di più che costruire una nuova struttura e non abbiamo avuto dubbi. Parliamo di oltre 130 milioni di euro per la ristrutturazione del solo ospedale di Savigliano, contro i 195 milioni previsti per la realizzazione di un nuovo nosocomio adeguato alle necessità di tutte e tre le città e dei loro territori. Così abbiamo chiesto e ottenuto il finanziamento dell’opera da parte dell’Inail; il Governo ha già approvato l’assegnazione dei fondi, che sono a disposizione della Regione. Parallelamente, i sindaci hanno convenuto che Savigliano fosse individuato come comune baricentrico per la realizzazione dell’opera. Non appena, a breve, avremo in mano le risultanze delle valutazioni tecniche sui siti più idonei, decideremo la sede e daremo avvio alle procedure attuative del progetto. I tre vecchi ospedali non verranno smantellati, ma serviranno come riferimento per gli ambulatori e i servizi di prossimità della sanità sul territorio. A Saluzzo, ad esempio, stiamo già lavorando in questa direzione, potenziando la Dialisi, che rimarrà, appunto, nell’attuale ospedale».
E per quanto riguarda, invece, il nuovo “Santa Croce e Carle” di Cuneo?
«In questo caso, la sede è già stata individuata. Sarà a Confreria, come indicato dai sindaci. E anche i soldi ci sono già: 310 milioni finanziati dall’Inail. Qui si tratta di un “hub” provinciale, alla pari di quelli di Novara e Alessandria. Stiamo analizzando, attraverso una società specializzata, i flussi e i punti erogativi sanitari della provincia, perché vogliamo capire esattamente cosa è necessario e cosa esiste, in modo da “disegnare” i nuovi ospedali sulla base dei bisogni del territorio, contrariamente a quanto avveniva in passato, quando si costruivano i nosocomi e poi si decideva cosa metterci dentro. È chiaro che Cuneo rappresenta il fulcro dell’offerta sanitaria provinciale, in sinergia con gli altri ospedali del territorio, dove le eccellenze certamente non mancano, in un’ottica di crescita complementare della qualità dei servizi».
Prima ha indicato l’ammontare dei due progetti. Ma le risorse sono già disponibili e, soprattutto, sono spendibili?
«In entrambi i casi, le risorse sono garantite dall’Inail. Si tratta di fondi già approvati dal Governo, a disposizione del Piemonte. L’accordo con l’Inail prevede che la Regione individui i terreni e anticipi le spese per la progettazione, che verranno poi rimborsate dall’Inail medesimo. Sulle spese di progettazione, stiamo valutando con l’Istituto delle soluzioni alternative per trovare le risorse necessarie, senza che la Regione debba necessariamente anticiparle. La Regione corrisponderà poi all’Inail un canone annuo a valere sul capitale investito per la costruzione degli ospedali. Va detto che quella dell’Inail non è l’unica via di finanziamento. Possiamo agire anche tramite altri fondi statali o forme di partenariato pubblico-privato».
Se questi progetti dovessero concretizzarsi, quali saranno gli effetti a livello sanitario?
«Cuneo potrà finalmente disporre di un “hub” provinciale completamente nuovo e adeguato a standard tecnologici e di edilizia sanitaria d’avanguardia, con una rete di ospedali altrettanto nuovi, come Savigliano e Verduno, o comunque di recente costruzione, come Mondovì, che offre supporto anche a quello periferico di Ceva. In parallelo, queste strutture saranno sempre più connesse con i servizi territoriali promossi dal Pnrr e dalla riforma dell’Assistenza Primaria».
Il Pnrr quali risorse metterà a disposizione della provincia di Cuneo?
«Complessivamente, per la provincia di Cuneo, avremo a disposizione circa 54 milioni di euro, da destinare a case e ospedali di comunità, centrali operative territoriali, ammodernamento del parco tecnologico e adeguamento antisismico. Sulle dislocazioni delle nuove strutture è in corso il confronto con Aziende Sanitarie Locali, parti sociali e amministrazioni, anche se il quadro economico non è ancora definito, perché soltanto pochi giorni fa il Ministero ha prospettato un ulteriore taglio del 5 per cento delle risorse destinate alle Regioni del Nord per darle a quelle del Sud, mettendo di nuovo in forse la programmazione generale degli interventi, già penalizzati dal precedente taglio del 10 per cento».
Altro tema all’ordine del giorno, come diceva, è quello delle case di comunità e, più in generale, della medicina di territorio. Quali scenari si configurano?
«Tendenzialmente le case di comunità, strutture dove opereranno équipe multiprofessionali di medici di famiglia, medici specialistici, infermieri di comunità, professionisti della salute e assistenti sociali, saranno collocate nelle zone più popolose e lungo i fondovalle. Saranno una sorta di “hub” a cui faranno riferimento le case della salute, presìdi più snelli, distribuiti con maggiore capillarità in periferia».
Cosa accadrà agli ex ospedali di Alba e Bra?
«La Regione ha trasferito a titolo definitivo l’anticipo di 25 milioni e 800 mila euro, assegnato nel 2015 dalla Regione all’Asl Cn2 per il completamento della costruzione del nuovo ospedale di Verduno, in modo che la stessa Asl non debba più mettere in vendita i due immobili per restituire il “prestito”, ma li possa destinare al potenziamento della medicina territoriale, riadattandoli ad ambulatori, case di comunità, ospedali di comunità e quanto sarà ritenuto più funzionale alle esigenze sanitarie locali, analogamente a quanto avverrà anche per l’Asl Cn1».
Chiudiamo dando uno sguardo alla pandemia. Come valuta la nuova ondata in corso?
«I numeri del contagio sono in aumento, ma oggi le ospedalizzazioni sono quasi dieci volte inferiori rispetto alle precedenti ondate: 40 posti occupati di terapia intensiva la scorsa settimana contro i 341 dello scorso anno e 455 posti letto ordinari rispetto ai 4.200 della stessa settimana del 2020. La percentuale di positività sui tamponi eseguiti adesso è del 2,2 per cento contro l’8,2 per cento di allora. E un impatto ancor più alto continua a evidenziarsi sulla mortalità, passata dai 457 decessi di allora ai 12 di quest’ultima settimana».
Sarà quindi l’ultima emergenza… nell’emergenza?
«Nessuno può purtroppo prevederlo. Fortunatamente, però, oggi in Piemonte siamo in grado di affrontare questa malattia non solo con la straordinaria arma del vaccino, ma anche con un protocollo di presa in carico del paziente a domicilio che è probabilmente il più completo ed efficace a livello nazionale. Segno che la risposta del Sistema Sanitario Regionale c’è stata, grazie all’impegno di tutti gli operatori sul campo e alla capacità di fare sistema dimostrata dal Piemonte».