Home Articoli Rivista Idea «Non serve essere buoni per fare buone azioni»

«Non serve essere buoni per fare buone azioni»

Massimo Vacchetta de “La Ninna” di Novello pone l’accento sul rischio estinzione per ricci e non solo

0
142

Quando, nel 2018, è stato o­spite la prima volta di “Deejay chiama Italia”, sentendo la sua storia e l’entusiasmo con cui la raccontava, a Linus e Nicola non pareva vero di avere di fronte un tipo così. Uno un po’ pazzo e infinitamente buono, tanto da indurre subito Nicola Sa­vi­no a farne un’imitazione in versione malvagia. Ma Massi­mo Vacchetta, veterinario di No­vello che ha trascorso la seconda parte ab­bondante del suo primo mez­zo secolo di vita tra gli animali, prima i bovini d’allevamento e poi tra i ricci feriti, orfani e disabili, è molto più di quello.
«Io sono tutt’altro che perfetto, prima di dedicarmi ai ricci ero piuttosto egoista e legato alle cose materiali», spiega lo stesso Vacchetta, «però penso che anche le persone con tanti difetti come me, possano fare qualcosa di buono».

È un concetto che Vacchetta mette in pratica da tempo, almeno dall’incontro con Ninna, il primo animaletto salvato ormai svariati anni fa e che ha fatto scattare in Mas­simo la voglia di attivare il Cen­tro Ricci La Ninna, in cui negli anni ha accolto e curato migliaia di esemplari, per poi restituirli sani alla natura.
Una scelta di vita che è stata raccontata in “25 grammi di felicità”, un best seller tradotto in 14 lingue e distribuito in 27 Paesi, cui sono seguiti altri libri e il recentissimo “Raccontami qualcosa di bello”, uscito per i tipi di Sperling & Kupfer. “Raccontami qualcosa di bello”, parla di ricci, certo, ma narra anche la vi­cenda del salvataggio di Kasya, la delfina che stava morendo di stenti a Teheran (a cui la Rivista IDEA ha dedicato un ampio articolo a inizio 2021), intrecciata con le molte storie di vita e dedizione per gli animali che ogni giorno animano il Centro Ricci La Ninna di Novello. Una vicenda che si sviluppa attraverso i 18 mesi della pandemia, di cui riesce a farci respirare l’impatto sociale e ambientale devastante. È un libro che parla di anima, di persone che aiutano altre persone e animali in difficoltà. Di come la miglior medicina per guarire sia dedicarsi agli altri, aiutare chi è in difficoltà, perché dà un ritorno di bene che è taumaturgico».

Ma partiamo dall’inizio, dalla genesi di un amore che non dà cenno di affievolirsi.
Massimo, perché sono così importanti i ricci?
«L’abitabilità del pianeta è legata alla salvaguardia degli ecosistemi. Il riccio è un indicatore biologico di un am­biente sano. La battaglia per salvare i ricci è la battaglia per salvare il pianeta. Per questo ci terrei a fare un appello».

Di che genere?
«A causa di estati e autunni sempre più miti e prolungati, da una ventina d’anni a questa parte, i ricci hanno cominciato ad avere due parti all’anno an­ziché uno solo in primavera, come accadeva un tem­po. I cuccioli delle nidiate tardive non hanno infatti il tempo necessario per crescere a sufficienza prima dell’inizio della brutta stagione, quando do­vrebbero entrare in letargo. Tra di loro la mortalità è elevatissima. Quindi se ancora in questi giorni vi imbattete in un ricco per strada l’invito è di contattarci».

Quali sono i numeri relativi alla popolazione dei ricci?
«In gran parte d’Europa la popolazione di ricci è in forte declino (oggi specie considerata vulnerabile) e si teme che nel giro di una ventina d’anni possano estinguersi. In Gran Bretagna, nell’arco degli ultimi 60 anni, il numero di ricci è calato di uno spaventoso 97%, da 30 milioni a meno di uno!».

A cosa si deve questo crollo?

«Le cause di tale declino sono da ricercarsi principalmente nella perdita di habitat e di biodiversità, nel fortissimo impatto dell’uomo sugli ecosistemi, nelle attività umane (agricoltura intensiva, utilizzo di macchinari agricoli e da giardinaggio, circolazione di veicoli durante la notte) nonché nelle conseguenze del cambiamento climatico. Dopo il lockdown, quando il traffico è tornato ad essere consistente, in pochi giorni sono arrivati 15 ricci schiacciati dalle auto….

Il “riccio day”, organizzato dal centro La Ninna pochi giorni fa serviva a rendere evidenti questi motivi di preoccupazione?
«È stato l’occasione per in­con­­trare gente, presentare il nuovo libro, fare beneficenza e spiegare l’importanza di avere cura di tutte le creature. La scomparsa di una specie dovrebbe preoccuparci, qualunque sia e dovunque sia».