Capita di leggere frasi che sembrano raccontare una persona molto meglio di dati decisamente più biografici. Ecco un esempio pratico. “Chi è maestro dell’arte di vivere distingue poco fra il suo lavoro e il suo tempo libero, fra la sua mente e il suo corpo, la sua educazione e la sua religione. Con difficoltà sa cos’è che cosa. Persegue semplicemente la sua visione dell’eccellenza in qualunque cosa egli faccia, lasciando agli altri decidere se stia lavorando o giocando. Lui pensa sempre di fare entrambe le cose insieme”. Tale massima dal retrogusto zen pare scritta proprio per descrivere Paola Gula, una donna che sembra per nulla interessata a precisare se stia lavorando o giocando, giacché si vede che fa entrambe le cose insieme.
Un merito, più che una fortuna, che spiega in parte l’incipit della conversazione che IDEA ha avuto con lei.
Paola, come è stato il suo 2021?
«È stato una bomba: pur in quadro generale complicato, ho portato avanti un sacco di progetti che mi sono piaciuti da matti, perlomeno nell’ultimo pezzo del 2021».
La fortuna di chi fa un lavoro creativo come lei, tra scrittura e cibo…
«In realtà il mio lavoro “vero” è quello di impiegata in banca; sono stata assunta nell’ufficio estero, dopo essermi laureata in tedesco. Con il passare degli anni ho cambiato mansioni, ma sono rimasta sempre in banca».
È una sorta di copertura, come Clark Kent è l’identità segreta di Superman?
«In realtà mi serve fare un lavoro del genere, perché mi consente di continuare a ritenere un hobby la scrittura (in primavera uscirà il suo quarto libro, il terzo romanzo, dal titolo “Caffè corretto”, per Golem Edizioni) e l’enogastronomia. Io sono una che si annoia facilmente e che se deve fare qualcosa per dovere alla fine si stufa, anche se sta facendo una cosa che le piace. C’è chi come passatempo gioca a tennis; io vado in bicicletta, ultimamente poco, a dire il vero, e poi mi occupo di cibo e di scrittura. Penso che il cibo racconti la storia di ognuno di noi molto meglio del resto. Non c’è scrittore che non abbia parlato anche di cibo, perché il cibo fa parte dell’umanità».
Lo ha fatto anche Dante, a vedere dallo spettacolo che ha portato in giro…
«Con l’attrice Claudia Ferrari, all’interno di “Amor si mosse” organizzato per i 700 anni dalla morte di Dante, abbiamo raccontato “Dante e il cibo nella Divina Commedia”: è stato un modo per parlare del “sommo poeta” in modo meno accademico».
Oltre a impiegata di banca, raccontatrice di storie, lei è anche un po’ influencer?
«Amo i social, ho ritrovato amici e ne ho incontrati di nuovi grazie a essi, però ravviso la necessità di tornare a “fare rete”. Per esempio, adoro mettere in contatto due persone che parlano la stessa lingua, ma non lo sanno, magari perché vivono nelle loro rispettive valli e non hanno mai avuto occasione di incontrarsi. Io, che li conosco entrambi, so che da quell’incontro può nascere qualcosa di interessante e faccio in modo che accada. È una delle più grandi soddisfazioni che possano capitare».
Che rapporto ha con le sue valli monregalesi?
«Amo tantissimo le mie zone, sono molto orgogliosa di essere Assessore a Garessio, a maggior ragione perché nominata da una personalità importante come il sindaco Ferruccio Fazio. Sono però zone che abbiamo bisogno di raccontare di più e meglio, territori che hanno tanto da dire e poche persone che finora li abbiano raccontati. Se si fa sapere che esiste San Fiorenzo a Bastia e che è una delle chiese più belle della nostre zone, magari si evita che in tanti da qui vadano a vedere Notre Dame des Fontaine in val Roia senza mai aver visitato la nostra. Ci sono posti che sanno darti emozioni particolari, proprio perché poco conosciuti. Noi ne abbiamo tanti e dobbiamo raccontarli».
Che consiglio dà a chi le chiede cosa fare per avvicinarsi al mondo del cibo?
«Io giro sempre con cavatappi e coltello nella borsa, perché nella vita non si sa mai cosa ti può succedere».