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«Ecco i nuovi obiettivi dei dirigenti cuneesi»

Il presidente di Federmanager Cuneo Giovanni Censi fa il punto in vista della tanto attesa ripresa

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Il biennio di pandemia, che, purtroppo, rischia di prolungarsi ancora se le condizioni sanitarie internazionali non miglioreranno, non ha risparmiato nessun settore produttivo, influenzando la quotidianità di ogni lavoratore, indipendentemente dal suo grado di professionalizzazione. Anche manager e alti dirigenti sono stati coinvolti in questa “mu­tazione forzata” della propria attività. Ne abbiamo parlato con Giovanni Censi, dal 2014 presidente di Fe­der­manager Cuneo, l’associazione che segue da vicino, tutelandoli e supportandoli, centinaia di dirigenti operanti in provincia di Cuneo.

Censi, partiamo dai numeri di Federmanager Cuneo. Com’è andato il 2021?
«L’anno solare che ci lasciamo alle spalle è stato sicuramente importante per noi, perché proprio nel 2021 abbiamo raggiunto e superato la cifra di 500 iscritti. Sette anni fa, quando avevo assunto la presidenza dell’associazione, mi ero prefissato come target proprio questo numero, indispensabile per poter avere una maggiore rappresentanza all’interno degli organismi centrali».

Quanti sono, complessivamente, i dirigenti operanti nel­la Granda?
«Il bacino è di circa 920 ma­nager, più o meno professionalizzati. Insomma, la no­stra oggi è una rappresentanza che supera il 50%, ma si può crescere ancora. Di certo, sia­mo soddisfatti perché con il tempo abbiamo intercettato l’at­tenzione anche di quegli alti dirigenti che lavorano al­l’interno delle grandi aziende del nostro territorio».

Che cosa ha rappresentato la pandemia per i manager?
«Il Covid-19 per noi ha significato, nello specifico, doversi confrontare con procedure di licenziamento differenti e, in particolar modo, con licenziamenti collettivi, nei quali i di­rigenti possono essere in­clusi dal 2016. Fortu­nata­mente, però, la provincia di Cuneo, pure su questo fronte, rappresenta un’eccezione».

Vuole dire che la condizione lavorativa dei manager, nel Cuneese, è migliore?

«Sicuramente l’azienda cu­neese “tipo” è molto più sana rispetto a quelle che vanno a comporre la media nazionale. In alcuni grandi gruppi della Granda, ad esempio, non ci sono mai state problematiche, in virtù dei rapporti se­reni instaurati nel tempo con i vertici aziendali. Certo, se avessi solo iscritti provenienti da quelle grandi e positive realtà, dormirei sempre sonni tranquilli (ride, nda). Altrove, invece, non sono mancate problematiche, ma con il dialogo si sono spesso ottenuti risultati significativi…».

Uno scenario complesso, quindi. Quali sono le cause?
«Quelle che hanno riguardato gran parte delle industrie in­ternazionali. In primis, l’incremento dei costi diretti, associati inoltre a una fiscalità troppo penalizzante per l’impresa. In secondo luogo, i blocchi produttivi, imposti dai momenti di inasprimento del­la pandemia e dalle conseguenti chiusure. Infine, la man­canza di componenti provenienti dal­l’Orien­­te, che han­no costretto a rallentare la produzione, so­prattutto nel comparto automotive».

Se dovesse tracciare un ri­tratto del manager cuneese odierno, quale sarebbe?
«Non è facile, perché la no­stra platea di iscritti è molto variegata. Stiamo sicuramente constatando una tendenza alla riduzione dell’età media, perché, a dispetto di quanto si possa pensare, anche le piccole e medie aziende hanno bisogno di figure professionalizzate, fondamentali per aiutare gli imprenditori, che spesso non hanno troppa di­mestichezza con le lingue stra­niere o, più semplicemente, con la contrattualistica in­ternazionale. Esiste, però, una grande differenza tra ma­nager di grandi aziende e dirigenti di piccole e medie im­prese, peraltro molto diffuse in provincia, che vivono l’azienda sette giorni su sette e che devono improvvisarsi nel ruolo di tuttologi per far fronte ai problemi quotidiani».

Che cosa si aspetta dall’ormai imminente 2022?

«Sicuramente una ripresa complessiva. Ci sono segnali po­sitivi per quanto riguarda l’aumento del Pil nazionale e il ritorno alle assunzioni dirigenziali. Di certo, però, saranno decisivi due elementi: la variazione del costo delle ma­terie prime e la stabilità go­vernativa italiana, in modo tale che possa essere garantita la tutela del patrimonio aziendale del nostro Paese dai tentativi di acquisizione esteri e, in particolare, orientali».

Le vostre prossime sfide?

«Continueremo a essere il più possibile al fianco della categoria che rappresentiamo, con­tinuando a dialogare con Confindustria e tutte le associazioni di categoria imprenditoriali. Tutto questo, cercando di tutelare i nostri iscritti dalle ingerenze esterne: il dirigente, per sua natura, è dedito al lavoro e poco propenso a pensare ad aspetti che non riguardano la quotidianità lavorativa. Deve es­sere compito dell’associazione quello di supportarlo su più fronti, proteggendolo lad­dove necessario».