La storia è quella di Gugliemo Isoardi, detto Mimmo dagli amici, un uomo che ha sempre avuto chiara la direzione da prendere come quando, a soli 3 anni, nel 1948 “uscì di casa dalla diagonale di Cuneo, via Silvio Pellico, per raggiungere da solo suo padre nell’ufficio Alpi di via Roma”. In questo aneddoto ci sono lo spirito e l’intraprendenza dell’uomo che ha realizzato imprese che sembravano impossibili in quegli anni. Ci vuole un’idea del futuro per creare una realtà economica tra le più importanti del settore turistico e una squadra di pallavolo che, da una piccola città di frontiera come Cuneo, ha raggiunto le vette europee di questo sport. E per pensare serenamente al futuro dopo due anni di crisi economica, ci vuole “mister Alpitour”, al secolo Guglielmo Isoardi.
Isoardi, lei è stato l’uomo che grazie ad Alpitour ha fatto conoscere Cuneo in Italia e nel mondo, raggiungendo anche i livelli più alti della pallavolo. Con quale aggettivo definirebbe oggi quella sua avventura nello sport?
«Impossibile. Un’impresa che sembrava impossibile è diventata una realtà vincente grazie a tanta passione, impegno e obiettivi ambiziosi. Ma se penso a quegli anni e a tutto quello che è successo, c’è un giorno in particolare che rimane indelebile nella memoria. Quello del rientro da Parigi con il titolo di campioni d’Europa. Sugli schermi dei voli in partenza dall’aeroporto, tra le città più importanti del mondo, c’era Cuneo. La nostra piccola Cuneo era indicata come meta d’arrivo di un volo da una capitale europea come Parigi. Un aereo solo per noi che trasportava squadra, dirigenti, sponsor, tifosi e, specialmente, tutto il nostro carico di soddisfazione e gioia per il risultato raggiunto».
Lei ha giocato a pallavolo da ragazzo?
«No, non l’avevo mai praticata, anche se sono sempre stato uno sportivo. Ho cominciato a sciare prima che a camminare. E poi la bicicletta, uno sport in cui mi cimento tuttora. Ma non solo. Ho sempre amato la velocità, le macchine da rally, le moto e i percorsi off road. Il volley lo seguivo, ma l’avventura con la squadra è nata casualmente».
E allora ci spieghi: perché scelse la pallavolo?
«Sono stato coinvolto nel settore da alcuni amici e da mio cognato. Ambizioni alte per una piccola squadra cuneese che giocava a livelli bassi, ma prometteva bene. Allora abbiamo acquistato una squadra milanese di pallavolo che stava chiudendo ma aveva ancora i diritti di serie A. Da lì, l’ingresso di alcuni giocatori importanti e la possibilità di giocare ai livelli più alti hanno fatto il resto. Ricordo ancora quelle partite di serie A giocate sotto un tendone (tipo da circo, ndr) in piazza d’Armi. Dovevamo risolvere anche quel problema. Quelli erano gli anni dell’entusiasmo e con Giuseppe Menardi, allora sindaco di Cuneo che ha collaborato costantemente, siamo riusciti a realizzare in tempi record, un palazzetto moderno a San Rocco Castagnaretta, concepito principalmente per la pallavolo. Un palasport inaugurato nel 1992 e che ancora oggi è uno degli impianti sportivi di riferimento della città».
Quali obiettivi voleva raggiungere?
«Lo sport è fatica, impegno, passione, dedizione. Non arrendersi mai di fronte agli ostacoli. E solo chi ama lo sport come me, e ne conosce i valori, sa che gli obiettivi più sono ambiziosi e più richiedono impegno. Ogni vittoria e ogni titolo erano un successo e lo slancio per quello successivo».
L’impegno nello sport è andato di pari passo con quello dedicato alla sua società. Era il 1947, nel dopoguerra, quando suo padre Lorenzo aprì in via Roma, a Cuneo, la sua agenzia di viaggi con il nome “Alpi”, organizzando per i cuneesi viaggi di gruppo, in pullman…
«Io entrai nel 1965, quando la sede si era spostata in corso Nizza all’altezza della gioielleria Rabino. Noi abitavamo al primo piano di quello stesso palazzo. Ricordo alcune mattine nelle quali, da bambino, mi mettevo all’alba in terrazza a osservare curioso le grandi manovre di questi primi viaggi di gruppo organizzati. Decine di pullman in fila affiancavano i portici di corso Nizza e caricavano i cuneesi che volevano andare a vedere il famoso carnevale di Nizza in Francia. Erano i primi anni ’50, gli anni per il rilancio economico e quel tipo di viaggio era una vera e propria impresa che durava anche 5 ore con le strade montuose dell’epoca. Facendo un parallelo, permetta l’ironia, è un po’ quanto ci mettiamo oggi senza il tunnel di Tenda. Pensi come siamo tornati indietro».
Ed erano gite di un solo giorno?
«Sì, assolutamente. Il rientro era previsto per le 22, se non più tardi. Erano gli anni che precedevano il boom economico. Per l’Italia del rilancio economico intraprendere viaggi di questo tipo era una grande emozione, un’avventura che a volte facevo anch’io con mia madre. 5 ore di viaggio, un valico di frontiera lungo le vecchie stradine con dislivelli e curve a gomito, che da Limone Piemonte portavano alla Costa Azzurra lungo la Valle Roya. Due nazioni divise, 5 o 6 dogane, e ogni controllo prevedeva che i poliziotti salissero sui pullman per vedere i documenti di ogni passeggero».
Quali sono, oggi, le passioni che guidano la rotta di Guglielmo Isoardi?
«Lo sci e la bicicletta, da sempre, così come le moto e le auto da rally. Ma oggi preferisco girare con il mio scooter elettrico: è più sicuro ed ecologico. Mentre tra gli hobby sicuramente c’è l’amore per l’arte che nutro da sempre. In particolare il primo Novecento italiano e poi gli artisti giovani che raccolgo continuamente. Mentre nel settore turistico ho eliminato da anni tutto il superfluo e, oggi, dedico tutte le mie attenzioni a un albergo di Minorca che curo come fosse una seconda casa e per il quale ho ricevuto numerosi riconoscimenti, tra i quali il premio di Miglior albergo per famiglie: Travellers Choice Award 2017 come miglior hotel per famiglie in Spagna, posizionato al 10o posto in Europa e 21o nel mondo; Tripadvisor Travellers Choice Award 2018 come 3o miglior hotel per famiglie in Spagna e Tui Family Champion 2019».
Vive ancora a Cuneo?
«Sempre. E poi Cuneo ha una posizione fantastica con le piste da sci a pochi chilometri, le Langhe a poco più di mezz’ora, la Costa Azzurra e la costiera ligure a poche ore».
A proposito di turismo, che consiglio si sente di dare al settore viaggi duramente colpito dall’emergenza pandemica?
«Oggi il mondo è cambiato. Già prima della pandemia, internet e i voli delle compagnie aeree low-cost avevano segnato un duro colpo al settore dei tour operator. Il turismo è fatto di dati e informazioni da maneggiare con cura. Viene venduto un servizio, un sogno, un viaggio che insieme deve racchiudere qualità, garanzia della struttura, assistenza e cura per il cliente. Oggi chiunque può prendersi un aereo e fare da solo le prenotazioni agli alberghi. Si guardano i giudizi e se si è soddisfatti, si prenota direttamente la vacanza con un click. Il turismo deve ritrovare lo spirito degli anni ’50. Deve trasformarsi da catena obsoleta a società specializzata in servizi di qualità. Deve saper usare la fantasia e dare al cliente quel valore aggiunto che da solo non potrebbe mai avere: garanzia del servizio, viaggi più sofisticati, più settoriali, di qualità e specializzati. Con Alpitour avevamo un ufficio assistenza nei principali aeroporti. Questa crisi dovuta alla pandemia potrebbe essere un volano per l’economia, per tornare alla professionalità, all’attenzione al cliente e alla qualità del servizio offerto. Bisogna prendere un foglio bianco e ridisegnare il settore».
Qualità è la parola chiave per Guglielmo Isoardi, quella che ha contraddistinto ogni azione nella vita dell’uomo e dell’imprenditore. Infatti, come non ricordare il celebre slogan dello spot del 1989 che, con una visione antesignana sul futuro, ironizzava già sul turismo self-service rispetto alla qualità offerta dai tour operator: “Turisti fai da te? No Alpitour? Ahi ahi, ahi…”.