Nello scorso mese di novembre il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, ha individuato nel professor Michele Vietti l’uomo giusto per il definitivo rilancio di Finpiemonte, reduce da anni di vicissitudini, anche giudiziarie. Per l’ex Sottosegretario alla Giustizia e all’Economia, oltre che ex Vicepresidente del Csm, parla il curriculum. Ma non solo. Dal 2017 è anche alla guida di Finlombarda, con risultati concreti e si ripromette di sviluppare nella sua nuova esperienza con la finanziaria regionale lo stesso modello gestionale. L’idea è di consolidare un ruolo di supporto per le imprese del territorio in una fase che si annuncia strategica con i fondi che arriveranno per affrontare la crisi e, di conseguenza, con le nuove attività che prenderanno forma fino a caratterizzare lo scenario economico del prossimo futuro, come ad esempio il settore aerospaziale.
Professor Vietti, qual è lo stato di salute, oggi, di Finpiemonte?
«Negli ultimi anni Finpiemonte è stata spesso oggetto di polemiche e critiche, soprattutto a causa delle note vicende giudiziarie che l’hanno coinvolta. La struttura però ha sempre continuato a operare gestendo in modo efficace ed efficiente risorse significative per il territorio. Alcuni processi vanno maggiormente strutturati e migliorati, ma nel complesso è una società che funziona, dotata delle necessarie competenze e professionalità».
Che cosa le ha chiesto il presidente Cirio per questo nuovo incarico?
«Il presidente Cirio considera Finpiemonte fondamentale per lo sviluppo del territorio, soprattutto nella fase attuale in cui saranno messe a disposizione moltissime risorse, dai fondi Pnrr e dai fondi strutturali. Il Presidente ha chiesto di avere in Finpiemonte un braccio operativo che sia capace di agire con trasparenza ed efficacia nella gestione delle risorse e che sappia mettersi al servizio dei territori per veicolare dal centro alla periferia i fondi che verranno dall’Europa».
Quale obiettivo intende perseguire?
«Grazie anche all’arrivo del nuovo direttore, Mariateresa Buttigliengo, nei prossimi mesi lavoreremo per fare in modo che Finpiemonte possa tornare a essere un punto di riferimento importante per il territorio, non solo attraverso la gestione delle agevolazioni ma anche con l’erogazione di servizi di consulenza alla Regione e alle imprese, che vanno assistite sotto il profilo finanziario, tecnologico e della partecipazione ai bandi comunitari. Siamo quelli che conoscono meglio i bisogni e le aspettative del tessuto produttivo e dobbiamo mettere questa conoscenza al servizio delle istituzioni e delle imprese».
Qual è il potenziale ancora inespresso dell’economia piemontese?
«L’economia piemontese deve puntare di più sulla ricerca e l’innovazione e su quei settori avanzati che stanno trainando la ripresa. Penso, ad esempio, al settore della mobilità, con le eccellenze dell’aerospazio e dell’idrogeno, ma anche al tema delle startup. In questa prospettiva il Piemonte può essere un territorio attrattivo anche per gli investimenti esteri e l’insediamento di nuove realtà imprenditoriali».
Quanto può essere replicato qui il modello di Finlombarda?
«Finpiemonte non è un intermediario vigilato e non ha, quindi, piena agibilità e autonomia sul mercato finanziario. Detto questo, credo si possano comunque replicare alcune buone prassi ed esperienze di successo di Finlombarda, soprattutto per quel che riguarda la relazione con le banche e la strutturazione di prodotti finanziari. Andare sempre più verso l’utilizzo di prodotti finanziari che superino la logica del contributo a fondo perduto e permettano di attivare un effetto leva significativo è essenziale per garantire il supporto alle imprese del territorio, aumentando le risorse a disposizione e la loro utilizzabilità nel tempo, attraverso meccanismi di rotatività dei fondi».
Come giudica la situazione dell’economia piemontese alla luce della crisi dovuta al Covid?
«Il Piemonte ha reagito meglio di altri territori alla crisi, dimostrando una straordinaria capacità di ripresa, soprattutto nei comparti manifatturieri più avanzati. I dati del secondo semestre hanno confermato il consolidarsi del trend positivo mostrato già nei mesi precedenti e dimostrano la vitalità e la capacità di reazione del tessuto produttivo regionale. I comparti tradizionali hanno sofferto di più e anche il mondo dei servizi è stato duramente colpito. La crisi rischia in questa prospettiva di accentuare le diseguaglianze e penalizzare fortemente le piccole realtà imprenditoriali, che pure rappresentano una parte fondamentale della nostra economia».
Un suo giudizio sulla realtà imprenditoriale delle Langhe?
«Le Langhe sono un territorio molto vivace, che ha saputo trasformare la filiera agroalimentare e vitivinicola in particolare in un vero driver di sviluppo per l’intera economia piemontese, coniugando tradizione e innovazione, passione famigliare e managerialità. Sicuramente la crisi sanitaria ha colpito duramente alcune attività, soprattutto quelle legate al turismo, ma ci sono le condizioni per ripartire».
Dai soldi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza può arrivare una svolta? Finpiemonte avrà un ruolo?
«Le risorse del Pnrr rappresentano un’occasione storica per rilanciare il Paese, consolidando le realtà esistenti e attivando nuovi processi di sviluppo, basati sulla sostenibilità e sull’innovazione. È importante, però, che le risorse siano ben indirizzate e gestite. Finpiemonte può avere un ruolo importante sia nella fase di progettazione sia nella fase di gestione delle risorse. Può essere un soggetto capace di coordinare enti e operatori diversi verso obiettivi comuni. Si pensi, ad esempio, a quanto fatto nel settore aerospaziale, dove, anche grazie all’azione di Finpiemonte, si è passati da un comitato promotore alla nascita di un vero e proprio Distretto. Anche nella fase successiva, di gestione delle risorse e monitoraggio dei risultati, Finpiemonte potrà mettere a disposizione del territorio la propria esperienza e competenza sui fondi strutturali».