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Barbieri chef-star da undici anni ma con buon senso

Ritratto del neo sessantenne volto di “Masterchef”, creatore di format tv e pure di Stelle Michelin

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Ha compiuto 60 anni come se si trattasse di un evento accidentale. Bruno Barbieri ha ancora troppi progetti per poter pensare al suo percorso di vita come un pensionato qualsiasi. E lo ammette: «La parola “sessanta” un po’ mi inquieta». Fino a questo punto, lo chef reso celebre dalla sua partecipazione come giudice a tutte le edizioni di “Ma­ster­chef”, ha toccato tutte le alte vette della sua attività che da quarant’anni rappresenta la sua passione-ossessione.
Una carriera luminosa, contraddistinta dai riconoscimenti più preziosi a cui uno chef possa ambire: sono infatti sette le Stelle Michelin che ha saputo meritarsi con i diversi ristoranti nei quali ha lavorato o che ha direttamente gestito, portandoli puntualmente a livelli d’eccellenza.
Certo, parliamo dell’uomo che ha contribuito a consolidare quella creatura televisiva che fino a poco tempo fa era sconosciuta: lo chef-star. Co­lui che vanta al suo servizio devoti soldati, da cui il popolare “mantra” del «sì, chef, scusi, chef, certo, chef». Si sa che le dinamiche dei grandi ascolti televisivi spesso portano a questo: a confermare il più possibile i cliché. E così può accadere che si sfiorino le vette del trash.
Abbiamo visto concorrenti rassegnati al ruolo, subire rimbrotti a volte oltre il limite. Ma in questo Barbieri ha sempre saputo tenere una condotta coerente, più equilibrata di altri. Insomma, ha proposto un approccio più ironico, risultando più simpatico di certi suoi colleghi, specie in occasione di “Master­chef”: Carlo Cracco, ad esempio, si è segnalato per i piatti lanciati contro le pareti, oltre che per le urla contro i malcapitati concorrenti, mentre Joe Bastianich ha fatto altrettanto sul piano verbale. Se non altro Antonino Canna­vac­ciuolo ha fatto ricorso a un’innata capacità dissacratoria, tutta partenopea.
È vero che uno chef è come un graduato dell’esercito (non a caso la sua squadra si chiama brigata) e che i nemici sono rappresentati dai tempi strettissimi, dalle consegne e, in definitiva, dai clienti. Ma non necessariamente si deve andare alla guerra. Barbieri lo ha capito e ha saputo sempre mantenere il suo ge­nuino entusiasmo, dote che gli ha permesso di distinguersi per educazione e buone maniere, pur dovendo impartire indicazioni nette e con poco tempo agli allievi. È sfuggito allo stereotipo, ha opposto un sorriso alla pretesa arroganza. Al limite, dovendo bocciare un piatto mal riuscito, l’ha buttata sul grottesco, arrivando a coniare termini quasi inediti o gergali, comunque efficaci, come ad esempio «mappazzone», che è prontamente passato alla storia. Ed è andato avanti per la sua strada. Anche per questo si è tenuto stretto il suo ruolo di giudice dopo undici edizioni di “Masterchef” (comprese le versioni “Junior” e “Ce­le­brity”), lanciando nel frattempo un altro format di grande suc­cesso come “Bruno Bar­bieri-4 Hotel”, dove ha guidato altrettanti concorrenti in una sfida a eliminazione per il gestore capace di proporre la qualità più alta. Anche qui, le edizioni vanno avanti senza interruzioni, anzi hanno ge­nerato nuove versioni, tipo “4 Ristoranti”, affidata ad Alessandro Borghese. E al tempo stesso ha curato le sue personali proposte gastronomiche, il suo originario lavoro in cucina. Lo ha appreso da giovane, dopo una breve carriera da calciatore, innamorandosi delle ricette di sua nonna. Dalla mamma sarta aveva invece ereditato l’amore per la moda, il gusto del fashion, una certa cura dell’aspetto formale che si è portato dietro anche in cucina e che poi è stata alla base della sua avventura proprio in “4 Hotel”, dove le sue valutazioni sono andate al di là dei piatti in tavola.
Per il suo percorso professionale ha sacrificato la vita famigliare e oggi ammette di desiderare una figlia. È passato da tappe fondamentali quali, per cominciare, il diploma alla scuola alberghiera e soprattutto dalla formativa esperienza come aiuto cuoco a bordo delle navi da crociera, dettaglio che gli ha aperto gli orizzonti della cucina internazionale, che poi frequenterà anche trasferendosi per qualche anno in Brasile, prima di rientrare in Italia.
Chef e imprenditore: ha aperto, in patria e oltre confine, numerosi locali di prestigio come il “Fourghetti” di Bo­logna, nella sua Emilia, culla del mangiar bene.
Lega­tissimo alla terra d’origine, un test a cui sottopone i concorrenti è quello che ri­guarda la chiusura perfetta dei tortellini e il ripieno da usare. Nel 2018 ha anche portato una puntata di “Ma­sterchef” in piazza Santo Ste­fano, a Bologna.