«I giorni difficili trascorsi per l’elezione della presidenza della Repubblica nel corso della grande emergenza che stiamo tuttora attraversando sul versante sanitario, su quello economico, su quello sociale richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati e naturalmente devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti, con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini». Possono bastare poche parole per ritrarre lo spessore d’un politico e ancor prima di un uomo, per trasformare un iniziale, stringato, ringraziamento in manifesto di fedeltà istituzionale, per riepilogare i tratti di una figura amata e popolare per la semplicità, per quel garbo che tanto stride con la politica strepitante dei giorni nostri, per quei modi da nonno buono e vicino alla gente, che difatti risponde con gioia alla bimba che gli scrive una letterina e si ferma con lei quando l’aspetta sotto casa, e che prima di salire in auto, sotto il Quirinale, accetta il disegno che un altro bimbo gli ha portato.
È tornato sui suoi passi, Sergio Mattarella. Voleva fermarsi, godersi il tempo e la famiglia, tornare nell’ombra pur portando avanti il suo impegno civile, l’aveva detto e ripetuto e invece è ancora Capo dello Stato. «I siciliani silenziosi non cambiano idea», aveva previsto Romano Prodi, e invece non è andata così. Però quella del presidente non è una giravolta incoerente: è, per dirla con Letta, «una scelta di generosità», opportuna come sostiene Draghi «per il bene e la stabilità del Paese». La sensazione è che abbiano perso i partiti, starnazzanti e incapaci di individuare un’alternativa credibile, e abbia però vinto l’Italia: lo pensiamo un po’ tutti e non è solo affetto per una figura carismatica e tranquillizzante, coincide con l’opinione univoca della stampa internazionale: per il Financial Times “Mattarella era l’unico in grado di garantire stabilità al fragile Governo Draghi perché potesse sopravvivere: soddisferà la business community italiana e i mercati internazionali, che hanno seguito da vicino gli eventi temendo che un’elezione presidenziale disordinata e divisiva potesse far deragliare lo slancio di riforma del Paese”, e per El Mundo la rielezione diventa “un sospiro di sollievo per il Paese, ma una sconfitta assoluta della politica”.
La farsa dei partiti ha alimentato il dibattito, già aperto da serissime analisi, su un futuro in cui sia il popolo a eleggere il suo più alto rappresentante: siamo sicuri che Mattarella sarebbe stato eletto comunque, amato per la discrezione, per la gentilezza, per la storia e l’impegno, per come interpreta e porta avanti ogni giorno i valori di giustizia e onestà per cui il fratello Piersanti fu ucciso. Non è un caso che ai complimenti dei grandi del mondo si siano uniti quelli di infiniti nipotini adottivi. Scegliamo le parole di Mattia, uno di loro, il bimbo che Mattarella aveva nominato alfiere per l’assistenza data al papà malato: «Sono molto contento perché per altri sette anni avremo la sua guida sicura e rassicurante. Vorrei che tra le tante cose da sistemare pensasse alle famiglie sempre nella tempesta come la mia».
Bentornato presidente
Sergio Mattarella aveva deciso di mettersi da parte, ha cambiato idea per generosità: in un momento duro per il Paese i doveri devono prevalere sulle scelte personali. Il popolo è felice, ne ama la semplicità: hanno perso i partiti, ma ha vinto l’Italia