«Aria e acqua: ecco come si diffonde il virus»

Il direttore di Arpa Piemonte Angelo Robotto illustra i risultati di un interessante studio

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Attraverso lo sviluppo di un nuovo metodo per il campionamento e l’analisi del nuovo coronavirus nell’aria è stato dimostrato che il virus stesso può essere trasmesso per via aerea in ambienti chiusi non solo tramite le goccioline respiratorie di più grandi dimensioni. Lo studio, che per la parte sperimentale ha visto impegnati Arpa Piemonte e Univer­si­tà di Torino e per la parte teorica e modellistica, l’Uni­versità di Cassino e la Queens­land University of Techno­logy, è stato pubblicato sul prestigioso Journal of Hazardous Materials. Ne abbiamo parlato con il direttore generale di Arpa Piemonte, Angelo Robotto.

Direttore, qual è stato il ruolo di Arpa nell’ambito della ricerca?
«Per oltre un anno, abbiamo te­stato diverse tecniche di campionamento, diversi materiali di filtrazione, diversi dispositivi di aspirazione dell’aria, riadattando modalità consolidate nel mondo dei campionamenti a camino o in aria ambiente al mondo, nuovo, del monitoraggio dei patogeni a dispersione aerea».

Come valuta i risultati ottenuti?
«La capacità di effettuare campionamenti di aeriformi al fine di determinare con affidabilità la presenza di coronavirus e altri patogeni a trasmissione aerogena in aria può essere essenziale per lo sviluppo di una gestione coerente dei luoghi, in particolare quelli affollati quali i mezzi di trasposto, le stazioni, le palestre, i teatri, i cinema. A questo proposito, gli studi da noi effettuati forniscono una solida base per sviluppare metodiche affidabili per la quantificazione della carica virale nell’aria consentendo, in prospettiva, di valutare il grado di rischio di contagio in uno specifico am­biente. Rappresentano inoltre un’importante acquisizione di conoscenza tecnica che in futuro potrà essere subito applicata in caso di comparsa di nuove epidemie o pandemie, ma anche, più semplicemente, a monitorare l’in­sorgenza dell’influenza stagionale. Stiamo già lavorando su questo nuovo fronte, sempre in collaborazione con il Laboratorio di Vi­ro­logia Molecolare e Ricerca Anti­virale del Polo Universitario San Luigi Gon­za­ga di Orbassano».

Il ruolo di Arpa durante la pandemia?
«Immediatamente Arpa Piemonte si è messa a disposizione del mondo sa­nitario e delle Forze dell’Ordine per produrre gel igienizzante. Quasi contemporaneamente ha dato un sup­porto tecnico-scientifico per ri­spondere ai sindaci sull’uso di ipoclorito di sodio per la pulizia di spazi esterni. Poi, ha inaugurato il Centro Regionale di Biologia Mole­colare, ha analizzato tamponi e partecipato attivamente a sperimentazioni su test diagnostici alternativi. Dal­l’al­tro lato, si è messa in campo tutta la capacità scientifica e tecnologica dell’Agenzia. Presso il Centro Regionale di Biologia Molecolare di Arpa Piemonte sono stati progettati, sviluppati e validati metodi analitici adattabili alla ricerca del nuovo coronavirus nelle ma­trici ambientali di maggiore interesse, quali l’aria e le acque reflue non depurate. Infine, il 20 dicembre del 2021, è stato inaugurato il primo master universitario in Vi­ro­logia Ambientale».

Cosa si può dire sulla concentrazione di coronavirus nelle acque piemontesi?

«Da alcuni mesi Arpa Piemonte, è in grado di sequenziare l’intero genoma del nuovo coronavirus e quindi riuscire a individuare le sue varianti. Pertanto, il campionamento delle acque reflue non è solo funzionale a monitorare la diffusione del virus nella popolazione (in modo capillare in Piemonte), evidenziando le ondate e anticipando di un paio di settimane i picchi “sanitari” ma anche a valutare l’evoluzione del virus stesso in varianti e sottovarianti. In Pie­monte la variante Omicron è diventata prevalente sulla Delta intorno alla fine dell’anno 2021, prima ad Alessandria e quindi, in rapida successione, negli altri tre quadranti regionali. Il picco della concentrazione del virus nelle acque reflue si è invece realizzato intorno alla metà di gennaio 2022 nell’area torinese, qualche giorno prima negli altri quadranti, confermando la capacità “predittiva” di questo indispensabile strumento di monitoraggio della prevalenza di una malattia in una determinata popolazione».