«Ho iniziato a disegnare all’età di 4 anni; mi piace lasciare dei messaggi attraverso le persone che raffiguro. Gli anziani e gli ammalati che assisto mi forniscono gli stimoli e l’ispirazione per disegnare i volti delle persone buone». Bastano questi pochi pensieri espressi da Giovanni Botta per capire cosa stia dietro al suo modo di fare arte. Arte che non di rado ha contribuito anche ad abbellire diversi angoli di Bra. Come nell’ultimo periodo, quando Botta ha deciso di dare dignità artistica a qualcosa di piuttosto particolare…
Giovanni, com’è nata l’idea di disegnare i volti di persone sui piloni della tangenziale?
«Anni fa ho iniziato a ritrarre su fogli A4, poi ho ingrandito sempre più il supporto, passando a tavolette di legno 30×40 cm, che poi sono diventate 50×70 cm, 1 metro x 1 metro e 50. Poi sono passato ai lenzuoli, le scalinate con gli assi disegnati. Uno cerca sempre di ingrandirsi e di dare emozioni. Un giorno sono passato qui in strada Crosassa, ho guardato queste piglie e mi è venuto subito in mente di ritrarre due mani di colore diverso e che si tengono strette. Da lì, l’idea di coprire le scritte poco carine presenti e di passare ai volti. Ho deciso di dedicare i piloni ai grandi che hanno fatto la storia. Sono al lavoro dalla fine di dicembre. Penso continuamente, mi scarico delle immagini, cerco ispirazione. Il secondo volto fatto è stato il David di Michelangelo, poi Papa Francesco, Falcone e Borsellino, arrivando a 11 immagini».
Questa è una tappa del suo percorso artistico?
«Certamente. Io sono sempre un ritrattista. Mi piace, durante l’anno, dedicare dei piccoli ritratti a persone che purtroppo ci lasciano, partendo da quelle più conosciute, ma non necessariamente. Anche del quotidiano braidese. Le persone stanno apprezzando i miei lavori recenti, ovvero opere di grandi dimensioni e diverse rispetto al passato. I miei lavori stanno girando molto sui social, è un tam tam incredibile. Anche chi passa da strada Crosassa anche solo per guardare senza immortalare. Ringrazio tutti quelli che mi stanno dando inconsapevolmente una mano».
Si aspettava questa ondata di curiosità e interesse?
«So che tante persone mi vogliono bene. Io ho rispetto per tutti. Non sono un’artista ma un disegnatore. Non voglio esagerare, però onestamente i social sono uno strumento essenziale e certamente sono stati fondamentali e lo sono ancora. I piloni di strada Crosassa sono un bel luogo, adatto per questi volti molto grandi che avevo in mente. Non me ne intendo tanto di “street art,” però so che colpisce».
Quanto lavoro c’è dietro a un volto su un pilone della tangenziale?
«Dipende. Quello di Madre Teresa di Calcutta ha richiesto più lavoro di tutti: in totale, 50 ore. Il suo è un volto particolare, con molte rughe ma che conosco molto bene. Sono molto affezionato a lei, l’ho già ritratta almeno 30 volte. La preparazione del disegno è fondamentale, poi si traccia sulla piglia e quindi si passa al colore. Ho imparato a portarmi dietro il minimo, nel luogo in cui devo disegnare. Solo l’essenziale. Adoro chiudermi nel mio mondo, senza musica. Purtroppo riesco ad intrattenermi poco con le persone che passano a salutarmi, non per cattiva volontà, anzi. Mi concentro molto quando disegno e cerco di andare avanti il più possibile senza interruzioni. Però ringrazio tutti di cuore, quelli che sono passati e quelli che passeranno. A tanti ho mandato dei messaggi di scuse, mi è dispiaciuto non parlare con loro il tempo necessario e soprattutto il tempo che meritavano».
Il significato di questi volti, per la città.
«Mi metto nei panni di coloro che, magari, non hanno modo di visitare una mostra, spostarsi in una grande città, andare in un museo. Soprattutto i bambini. Qui in strada Crosassa hanno la possibilità di farlo. Ho già in mente un piccolo nuovo progetto, ma non posso svelare nulla. Diciamo che sarà tutto ancora più bello. Io penso solo a dare emozioni. Se la gente è felice guardando i miei ritratti, vuol dire che ho ottenuto il risultato che avevo in animo di raggiungere e sono contento».