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«C’era una volta MondovÌ capitale ripartire da qui»

Il monregalese Doc Ferruccio Dardanello parla della sua città e di un futuro ancora roseo: «Ma c’è bisogno di nuove infrastrutture. E l’acqua sarà una risorsa da non sprecare»

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Mondovì oggi: come potremmo definirla? Secondo Google è la «città del tempo», per via delle meridiane che la attraversano. Curiosamente, questa definizione sembra azzeccata anche alla luce del commento che abbiamo chiesto a un monregalese rappresentativo e qualificato come Ferruccio Dardanello. “C’era una volta Mondovì”, è la fotografia che con affetto e pragmatismo l’ex presidente della Camera di Commercio ci ha regalato, per raccontare la sua città. Con dovizia di particolari: «C’era una volta Mondovì. Era capitale di quasi tutto, capitale culturale perché città universitaria dalla metà del 1500, sede di collegi e di studi. Qui si arrivava da tutto il Piemonte e dalla Liguria per ricevere una formazione culturale. Così come quella militare: sono passati da qui molti uomini che poi hanno anche sacrificato la vita nelle storiche guerre del secolo scorso. E poi Mondovì capitale industriale con le sue fonderie, le officine meccaniche, chimiche, le ceramiche tra le più pregiate, la lavorazione del legno, del marmo, dei pellami con le concerie. E l’arte tipografica: qui fu stampata con data certa la prima edizione di un’opera letteraria (da Baldassarre Cordero nel 1472, ndr)».

Un centro di scambi non soltanto culturali?

«Avevamo perfino un aeroporto, per dire l’importanza stategica degli anni passati. Mondovì è sempre stata la porta d’ingresso dell’Europa dal Mediterraneo, oltre che quella d’uscita verso nord. Già i Savoia la consideravano il retroporto di Savona».

Oggi che cosa resta di questa prestigiosa tradizione?
«I primati, per diversi motivi, sono andati perduti. Mondovì deve ripensare alla sua identità per i prossimi decenni creando in qualche modo le condizioni di una possibile rinascita. Questo per i suoi giovani, per chi vivrà in questo angolo di paradiso che continua a essere la nostra terra. C’è bisogno di lungimiranza per guardare avanti e auguro le migliori motivazioni a chi amministrerà la città, quella che perfino Carducci ha cantato in una sua celebre ode, definendola dolce e ridente».

Ora si fanno i conti con il dopo Covid.

«Mondovì vive un momento di difficoltà come tutte le città in Italia e anche in Europa, perché la crisi dopo due anni ha messo in ginocchio molte speranze. Però, come sempre, noi saremo caparbi, piemontesi tosti, e credo che la determinazione maturata nei secoli continuerà a formare uomini e amministratori che avranno a cuore questa terra».

Il caro bollette, i costi alle stelle: come se ne esce?
«Questa emergenza deve metterci nelle condizioni di guardare anche alle opportunità, alle risorse di casa nostra. A proposito del Cuneese, l’acqua bene comune era già un punto di riferimento per politiche infrastrutturali mai attuali come oggi. Con i nostri invasi per raccogliere l’acqua. Pensate che buttiamo cinque miliardi di metri cubi d’acqua in mare ogni anno, basterebbe fermare questa risorsa, regalata dal buon Dio, dobbiamo utilizzarla assieme a nuove infrastrutture che possano permetterci di collegarci ai mercati del mondo».

Lei ha raccontato il “modello Cuneo” in Italia e non solo.

«Qualcuno sorrideva, ma oggi magari si rende conto che questo modello economico non ha eguali nel Paese. Però ha bisogno di infrastrutture adeguate per rimanere competitivo, altrimenti tutto il lavoro superbo fatto dai nostri imprenditori è a rischio. Le scelte future passeranno dove ci sono infrastrutture, sarà la motivazione principale per ogni scelta economica. L’importante è che si finiscano le incompiute, i trafori per collegarci con la Francia, nostro primo mercato, la ferrovia Torino-Savona che puo diventare asse portante tra Mediterraneo ed Europa, poi la Asti-Cuneo e anche il traforo Armo Cantarana. Serve lungimiranza da parte degli amministratori per guardare a quali saranno le prossime sfide che questa terra giocherà, io resto stra-ottimista. Quest’aerea a ridosso delle Alpi del mare, ha potenzialità per crescere e garantire un futuro ai giovani».

Ha raccontato, negli anni, il Monregalese anche attraverso lo sport.

«È servito a portare le immagini di questa nostra terra a costi bassi ovunque. Tanti anni fa il mio grande fratello Piero mi disse: “Ferruccio, porta a casa i grandi eventi e vedrai che le tv verranno a raccontare la magia della nostra terra”. Aveva ragione, così si può dare valore al patrimonio naturale che Dio ci ha regalato, dove veramente può rinascere una grande fucina legata al turismo, alle bellezze naturali e architettoniche in contesto più internazionale. Ci sono le condizioni perché i numeri diano ragione alla valorizzazione della nostra comunità. Poi, i viaggiatori che arrivano e si siedono alla nostra tavola non vogliono più alzarsi. Ripren­dia­mo il cammino che si è inceppato, con coraggio, crediamoci e guardiamo al futuro con speranza».

Non è preoccupato per i costi in aumento?

«È una situazione che preoccupa, certo, non ricordo negli anni un’altra stagione in cui l’approvvigionamento dell’energia che è il motore della nostra società, abbia raggiunto tali livelli. Si devono trovare anche alternative. Dicevo dell’acqua e degli invasi per compensare produzioni che altrimenti buttiamo a mare. E poi deve finire la stagione dei “no”. Sono in ballo risorse europee che per la prima volta ci permetteranno di cosstruire opere indispensabili e anche strategiche».