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«Vicini ai nostri operai che sono in guerra»

L’imprenditore roerino del parquet Alessandro Giorio ha uno stabilimento attivo in Ucraina

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Nemmeno Ales­sandro Gio­rio, im­­prenditore, titolare del­l’omo­nima azienda specializzata nella lavorazione del legno con sede a Montà e una filiale in Ucraina (oltre che in Un­gheria e in Cina), si attendeva un attacco di tali proporzioni da parte della Russia. E ora, nelle sue parole, si avvertono profonda commozione e solidarietà nei confronti del po­polo ucraino e, in particolare, dei suoi 130 collaboratori e delle loro famiglie.

I dipendenti della sua azienda erano già in allarme nei giorni precedenti il conflitto?

«A dire il vero no. C’era chiaramente un po’ di preoccupazione ma nessuno ipotizzava un attacco di quella pesantezza e di quella gravità. Si pensava che, alla fine, i governi coinvolti sarebbero riusciti a siglare un accordo».

È in contatto con i suoi collaboratori?
«Sì, li sento costantemente, nonostante tutte le difficoltà del caso. I nostri 130 dipendenti sono praticamente tutti impegnati nel conflitto per difendere i loro territori. In azienda, sono rimasti solo alcuni lavoratori che sostanzialmente si occupano di presidiare lo stabilimento, che al momento, per fortuna, è integro. La nostra produzione legata all’Ucraina è, quindi, ferma. Peraltro, è impossibile anche far uscire dal Paese i materiali là immagazzinati…».

Come sta riorganizzando la produzione?
«Potenziando gli altri stabilimenti e, in particolare, quello ungherese. Abbiamo la fortuna di avere a disposizione, qui in Italia, un magazzino piuttosto importante, che ci permetterà di evadere comunque di­versi ordini già avviati».

Al di là dei rapporti professionali, qual è il suo legame con l’Ucraina?

«Da quando abbiamo aperto la filiale, nel 2019, trascorro settimane intere in Ucraina: mi sono sempre trovato molto bene grazie al calore della gente del posto. Si tratta di persone, come si evince anche dal loro comportamento in questo difficile frangente, molto legate alle proprie terre e alla propria storia. Un popolo orgoglioso, con una grande dignità, che si fa in quattro per affrontare e superare i problemi. Pensi che nessuno dei miei dipendenti, nonostante le difficoltà che ha portato la guerra, mi ha richiesto un aiuto. In ogni caso, dal canto mio, ho dato la mia completa disponibilità, su ogni fronte…».

Questa vicenda l’ha colpita profondamente.

«Non c’entrano le questioni economiche. Parlo con i miei collaboratori tramite videochiamata e vedo nei loro volti preoccupazione, angoscia, pau­ra. È una sensazione tremenda. Spesso, a torto, si pen­sa che l’Ucraina sia una realtà molto distante dalla nostra, non solo geograficamente. Ma non è così. E, quanto sta accadendo, deve farci riflettere su come gestire d’ora in avanti i rap­porti con i nostri “vicini”».

BaNNER
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