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20 milioni di euro «Così Elva progetta la sua rivoluzione»

Parla il sindaco Giulio Rinaudo dopo che il paese della Valle Maira ha vinto il bando per i fondi Pnrr

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La sua cornice di bellezze naturali e architettoniche, il legame con la cultura occitana fanno di Elva il Comune scelto dalla Giunta Regionale sui fondi Pnrr dedicati al recupero dei borghi. Sarà dunque uno dei centri più piccoli del Piemonte, con i suoi 87 abitanti censiti, a rilanciare il proprio territorio con i 20 milioni previsti dal piano di recupero. La manifestazione d’interesse della Regione ha ricevuto 18 dossier. A seguito dell’analisi dei progetti realizzata dalla Com­missione Tecnica di esperti no­mi­na­ta dalla Direzione Cultura della Regione Piemonte, Elva è il Comune che ha ottenuto il punteggio più alto. Il progetto del paese della Valle Maira ha preceduto di appena due punti quello di Ostana, oltre a quelli di Govone e Revello, quarti a pari merito, e Santo Stefano Bel­bo, sesto. Dopo l’approvazione della delibera, il dossier è stato trasmesso al Ministero della Cultura. Ne abbiamo parlato con il primo cittadino di Elva, Giulio Rinaudo.

IL COMMENTO DELLA REGIONE
“Siamo veramente soddisfatti dell’individuazione di Elva, piccolo borgo montano, a cui daremo la possibilità di rivitalizzazione sociale ed economica, oltre al processo di ripopolamento – hanno dichiarato il presidente del Piemonte Alberto Cirio, l’assessore regionale alla Cultura Vittoria Poggio e l’assessore alla Montagna Fabio Carosso -. Il comune, da tempo non sostenuto economicamente, vedrà ora una fase di rigenerazione culturale, turistica e urbana. I luoghi della cultura e dell’impresa elvesi potranno finalmente avere nuova vita e dar seguito a una nuova economia locale, circolare e della tradizione


Sindaco, la vostra comunità come ha accolto la notizia?

«In paese c’è tanta contentezza, ma pure incredulità di fronte alla possibilità di ricevere un contributo così importante. Per candidarci al bando abbiamo lavorato 15 giorni ininterrottamente, con la partecipazione di tutta l’Ammi­ni­strazione Comunale, la collaborazione dell’agenzia Chin­ta­na e il supporto di tantissimi enti, che ringrazio di cuo­re. Penso ai Comuni di Cu­neo, Dronero e Saluzzo, al­l’U­nio­ne Montana Val­le Maira, al Fai, alla Camera di Com­mercio di Cuneo, alle associazioni di categoria agricole e artigiane, al sodalizio Strade da Moto con Maria Luisa Stroppiana. A ciò si è aggiunta la vi­cinanza della Provincia di Cuneo».

Che ricadute immaginate?

«Sarà un’autentica rivoluzione, non c’è dubbio. Credo si tratti di un’importantissima ipoteca per garantire un futuro sereno al no­stro paese. Ma se il progetto che abbiamo definito si limitasse a ciò sarebbe riduttivo».

In che senso?
«Vogliamo che il finanziamento non porti “luce” solo al nostro borgo, ma all’intera valle. E i presupposti ci sono tutti».

Su cosa avete puntato?
«Su quelli culturali, sulle collaborazioni con le università, su iniziative capaci di salvaguardare le tradizioni, formare le persone e sostenere lo sviluppo».

È stato facile?

«Elva è conosciuto, oltre che per la bellezza del contesto naturale in cui sorge, per l’arte che custodisce. Nella nostra chiesa il gran­de pittore fiammingo Hans Cle­mer ha realizzato uno dei suoi più importanti capolavori; poi qui ci sono stati grandi scrittori, poeti, per non parlare dell’architettura delle nostre caratteristiche abitazioni… Ma non è tutto».

Prego, prosegua.

«Elva è anche sentieri, percorsi per gli appassionati della neve, pascoli, erbe officinali e cielo…».

Cielo?
«Sì, qui vediamo ancora la Via Lattea. È uno spettacolo che to­glie il fiato. I nostri antenati, guardando gli astri, riconoscevano il passare delle stagioni, capivano quando era il momento di fare provviste oppure se era giunta l’ora di seminare una determinata coltura. Certo, sono cambiati i tempi. Ma dobbiamo riappropriarci del cielo: è salutare. È per questo che ogni tanto spegniamo le luci del paese…».

La descrizione di Elva?

«È una piccola “isola”, che sorge sulle montagne cuneesi della Valle Maira, al confine con la Valle Varaita. Il Municipio e la chiesa sono a 1.637 metri: siamo certamente un simbolo della montagna, con una storia particolare…».

E soprattutto antica.

«Assolutamente. Qui i Romani batterono una tribù di Galli… C’è una lapide che testimonia l’accaduto. Ed è molto diffuso il cognome Dao, che deriva dai Daus romani. Nella storia di Elva ci sono poi… i capelli».

Siete originali.

«Gli elvesi del 1700, non avendo a disposizione abbastanza terreno da coltivare, decisero di puntare sul commercio. Inizia­rono con le stoffe e proseguirono, per l’appunto, con i capelli. Gli uomini la­sciavano Elva in autunno e tornavano solo a maggio, dopo aver attraversato l’Italia in­tera per raccogliere capelli».

E poi?

«Li riportavano a Elva, dove i laboratori condotti dalle donne elvesi li lavavano e li selezionavano. Poi venivano venduti in tutta Europa: servivano per fare le parrucche. È proprio vero che la necessità aguzza l’ingegno».

La storia di Elva è anche nelle sue strade.

«Specialmente in quella del Val­lone che, con l’aiuto della Pro­vincia, speriamo di poter riaprire. Oltre a rappresentare un collegamento prezioso, è un altro emblema della nostra storia; c’era anche un pun­to in cui si estraeva piombo. Uno degli ul­timi a utilizzarlo è stato un cittadino che usava il piombo per costruire “pallini” da caccia… Nella prima parte del Val­lone intendiamo creare un par­co geologico».

Lei vive a Elva?
«Metà settimana a Manta, dove abita mia madre, e metà a Elva».

Come si vive in un paese di 87 abitanti?

«Davvero bene. Certo, i collegamenti non sono ottimali. Non ci sono tutti i servizi, ma la qualità della vita, qui, è elevata. Internet, seppure per ora non sia velocissimo, arriva. Ci sono pure un negozio, condotto da una 19enne, e un caseificio; un altro giovane si sta lanciando nel mondo delle conserve alimentari. Ci sono margari di seconda generazione. Sta nascendo un albergo diffuso, oltre a quello già attivo e al rifugio. Segno che Elva, oltre ad ave­re l’aria buona e un sole particolarmente raggiante, è viva e la si può abitare. Alla fine, serve solo un po’ di abitudine».

È fiducioso, quindi.
«Elva, a inizio Novecento, era ar­rivata ad avere 1.200 abitanti. Poi è iniziato lo spopolamento. Oggi, però, ci sono le premesse per invertire la tendenza. Il finanziamento, in questo senso, può risultare decisivo. Anche perché lo smart working imposto dal Covid ha già cambiato i paradigmi. Scegliere oggi di abitare a Elva significa, prima di tutto, riappropriarsi di se stessi».